di Giuseppe Mazzella di Rurillo
Questa per l’Italia repubblicana é l’ora più buia: viviamo una guerra sanitaria contro un virus misterioso da due anni e “i governi” (Conte due e Draghi) hanno messo in atto provvedimenti senza precedenti, spesso contraddittori, in un contesto burocratico nazionale “scassato”, spezzettato e disorganizzato. Abbiamo una scadente classe politica per lo più costituita da improvvisati eletti al Parlamento sulla scia di una protesta popolare diventata populismo con una indegna legge elettorale,
Il partito di maggioranza relativa al quale spetta il dovere di farsi carico della governabilità con un sistema parlamentare pluripartito definisce se stesso “movimento” e sceglie “5 stelle” per una denominazione che rifiuta retaggi storici ideologici e programmatici. La costellazione dei partiti politici “liquidi” non ha una “stella polare” cui fare riferimento per un confronto serio sulla difficile arte di governare. Così in questo contesto emerge la figura e la funzione del capo dello Stato. Non una figura meramente simbolica della unità nazionale come è Elisabetta II in Gran Bretagna, l’ultima o l’unica monarchia che conta ancora in un pianeta di repubbliche, ma una figura che incarna e porta il peso di una nazione complessa come l’Italia con 20 regioni e 8mila omuni e fortissimi squilibri economici e sociali tra il nord ed il sud ed anche all’interno dello stesso sud.
Il presidente della Repubblica – nella inadeguatezza dei partiti con una scadente qualità dei loro membri impiegati nelle istituzioni – ha dovuto non solo esercitare a pieno le sue funzioni ma ha dovuto, nel dettato della Costituzione, assicurare un governo al paese chiamando una personalità esterna al sistema dei partiti ed esterna al parlamento.
Così il sistema iper-parlamentare ha mostrato tutti i suoi limiti.
La Costituzione italiana ricalca quella della quarta repubblica francese del 1945. I nostri costituenti del 1947 furono molto influenzati dal dibattito e dal clima politico dei nostri cugini. Ma – forse per la presenza fra i costituenti di Piero Calamandrei azionista e presidenzialista – la nostra Costituzione del 1948 assegna un ruolo non di mera rappresentanza unitaria al capo dello Stato ma un profondo ruolo politico.
È il capo dello Stato che nomina il presidente del consiglio dei ministri (da noi si chiama così: non “primo ministro” come in Gran Bretagna o “cancelliere” come in Germania).
É il capo dello Stato che nomina i ministri.
É il capo dello Stato che scioglie il Parlamento per nuove elezioni. Questo ruolo politico – esercitato soprattutto dagli ultimi 5 presidenti, e comunque da Francesco Cossiga – fa dell’Italia una diarchia repubblicana per garantire una governabilità.
L’elezione quindi del presidente della Repubblica è oggi di estrema importanza, ma è certamente il tempo di modificare la Costituzione e farlo eleggere direttamente dal popolo.
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