Ambiente e Natura

Crolli di falesie… e di buon senso

di Pasquale Scarpati

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Premetto che nessuna cosa, nessun essere vivente rimangono sempre uguali ma tutto si trasforma, naturalmente o artificialmente… e questo, anche senza scomodare Eraclito, è cultura popolare.
Mia nonna, contadina, in tempi non sospetti, ad ogni stagione si lamentava pe’ cocch’ accedènt’. Una volta ‘u levant’ aveva rovinato le fave in crescita, un’altra volta ’a seccareccia (siccità) aveva distrutto i piselli… Ogni anno ce n’era una!.
Qualcuno dice: – Tua nonna non fa testo. Indubbiamente è così, ma vorrà pur dire qualcosa!


Non voglio parlare degli Unni che spinti dal cambiamento climatico, galopparono verso occidente, spingendo a loro volta i Goti contro l’impero Romano fino a frantumarlo e neppure di Erik il Rosso che, per effetto del cambiamento climatico, si spinse a sua volta in un mare ignoto fino a toccare un’isola che chiamò, udite udite: Groenlandia cioè Isola verde, non per ironia ma perché, in quel tempo le sue coste si presentavano… verdeggianti! Né dei rigidissimi inverni nel XVII secolo, ed ancora non voglio parlare di un recente passato (fine secolo scorso) quando si diceva che la desertificazione incombesse sulla nostra bella Sicilia ed avanzasse verso nord, fino in Calabria ed oltre (forse l’ubicazione o la fattura di molte costruzioni sono il frutto di tale ipotesi? …e già qualcuno pensava a cammelli e dromedari!) ma leggendo o ascoltando qua e là, ho l’impressione che qualcuno pensa o voglia far passare l’idea dei “bei tempi andati”. Quando, cioè, a suo parere, l’acqua ‘i ciel’, i cod’i zefere (piccoli tornado), le tempeste erano più soft, benevole nei confronti degli umani. Esse, dice, si distribuivano equamente tutto l’anno in modo proporzionale alle stagioni, insomma non arrecavano alcun danno o pochi.
Oggi, sostiene, è tutto cambiato: la Natura è divenuta violenta, crudele, ’nfamóna. Ma il rapporto uomo–natura da sempre è – ed è rimasto -, conflittuale. Una lotta. Il primo tenta di sopraffare, l’altra resiste e contrattacca anche se spesso a lungo termine. Pertanto come a Roma il Tevere straripava ed inondava la città, così a Ponza per la gran quantità e la violenza dell’acqua, anche a causa dell’intenso disboscamento, crollavano i parracine, le pareti a picco sul mare: così si è dissestato ed è in parte crollato l’acquedotto romano tra Le Forna e Ponza.
Ma ’u lāv’ raccoglieva le acque e le riversava, torbide, in tutta la baia. Lo ricordate? Io lo ricordo bene: stavo tutto il tempo con il naso schiacciato ai vetri del balcone. Dov’è, oggi, ’u lāv’? Solo un nome; un canale rinsecchito come una vecchia grinzosa, e il glorioso Canalone è stato in parte ricoperto di cemento e non è più ispezionabile. Perché? Bisogna interrogare la Natura o dobbiamo chiederlo anche a noi stessi? Come ’u Canalone così moltissimi altri torrenti sparsi per tutto il territorio nazionale.

Fino alla fine del secolo scorso in una località che conosco benissimo, pullulava, in mezzo ad una strada sterrata, una sorgente d’acqua in cui beatamente nuotavano tantissimi girini. Oggi non esiste quasi più. Perché? strada asfaltata, costruzioni ad iosa e altro. Quel cemento o l’asfalto non trattengono più le piogge che a loro volta anche per i cambiamenti operati dall’uomo (in cielo ma soprattutto in terra) sono divenute più dilavanti rispetto al passato, per cui si fanno sentire le conseguenze nefaste.
Costruzioni crollano o si allagano anche perché si è costruito là dove non si doveva, oppure non a regola d’arte: cioè, tra l’altro, non rispettando le caratteristiche del territorio. Tutto qui.
Di contro strade, ponti, viadotti ed altro ci hanno apportato e ci arrecano innegabili vantaggi.
Ma queste opere sono state eseguite nel rispetto della Natura?
Non si può vietare tutto (se così fosse dovrebbero essere demolite tutte le opere dell’uomo!) ma quando si opera bisogna farlo con “giudizio”.
Pertanto come nella vecchia bilancia dai due bracci, le parti si equivalevano per il giusto peso, così andrebbe tutto soppesato, l’uno non preponderante sull’altro, in un equilibrio perfetto.
Il clima fa la sua parte, l’uomo la sua in un rapporto biunivoco dove, però, l’uomo non deve fare la “parte del leone”. Se lui tenta di dominare, alla Natura non resta altro che difendersi e – purtroppo per noi! , a volte, “a modo suo.
Voi come agireste se qualcuno venisse a demolire casa vostra?


La Natura vive anche se, a volte, e non so perché, la chiamano… “natura morta” (1) Forse, dice sottilmente qualcuno, è un… auspicio! Nulla di più errato!
Davanti, però, ad elementi veloci come: cemento, seghe, fuoco, asfalto, gas ed altro, essa niente può mettere in atto… o quasi. Essa, per definizione, è “lenta di natura”!
Proprio per questo però, a volte, dopo un po’ di tempo e quando uno meno se lo aspetta, ci fa “mangiare il gomito” (rosicare). Allora l’uomo piange e si dispera e, come fa sempre e da sempre, dà la colpa agli altri. In questo caso: alla Natura stessa.

Parti dell’Isola crollano? La colpa è della pioggia. Si dice: per fortuna non ci sono morti… oppure: è stato sempre così! Fatalismo e fatalità. Sarà vero? Si può agire? Si può fare qualcosa? Povera Isola..!
Se una volta vi erano crolli (e vi erano!) essi erano più distanziati nel tempo, credo o passavano inosservati per necessità. Oggi, però, mi pare, nell’arco di pochi decenni si sono verificati più crolli degli anni passati e/o le pareti sono divenute più pericolanti.

Qualcuno, però, potrebbe anche dire che la percezione delle sicurezza è diversa rispetto alla seconda metà del secolo scorso (ma questo, a mio avviso, è opinabile). Ci sarà una ragione? Il buontempone dice che anche i venti sono cambiati: si mescolano tra loro e mischiano le onde. Non si capisce più se è scirocco o libeccio, ponente o levante. Ora l’uno e, dopo due minuti, un altro dal quadrante opposto. Per questo le “povere” onde si confondono (o restano confuse?) tra quelle prodotte da natanti di ogni genere e quelle dei venti, in una cacofonia insostenibile per le povere pareti e per le falesie. Povera Isola, costretta, tra l’altro, a subire marosi tutto l’anno! È simile a un pugile sfiancato dai colpi battuti sui fianchi: sinistro, destro, sul fegato, sulla milza e sui reni: barcolla in attesa del kappaò! (2).
La soluzione: bisogna parare i colpi in modo intelligente senza esporre, però, le altre parti del corpo.

Veruccio conclude: “Oggi, in un mondo che va veloce, che vuole tutto e subito, l’albero è fuori luogo. Perché? Cresce troppo lentamente.
Perché poi addossare sempre e comunque la colpa alle stelle? Loro stanno semplicemente “a guardare”!
Il rimedio sta nella mani dell’uomo che sta nel mezzo, tra cielo, mare e terra. Queste tre entità non possono essere scisse: vanno all’unisono e con l’uomo possono anche andare d’accordo”.

 

Note

(1) – Ma in inglese natura morta si dice still life (letteralmente “vita ferma” o “fermata”). Nello specifico indica un particolare genere pittorico o fotografico utilizzato per la rappresentazione di oggetti inanimati

(2) – K.O., o knock-out: colpo che atterra, tramortisce (nel pugilato),

1 Comment

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  1. Luigi Maria Dies

    19 Dicembre 2021 at 20:12

    La natura ci considera come il due di briscola.

    Bella analisi, chiara, semplice, pacata.
    Aggiungo questa riflessione.
    La mummia del Similaun, detta anche l’uomo del Similaun, uomo dell’Hauslabjoch e familiarmente Ötzi, è un reperto antropologico rinvenuto il 19 settembre 1991 in Trentino-Alto Adige a 3213 m. slm. Si fa risalire, cerco di approssimare, al 3213 A.C. Diciamo a 5000 anni fa. Il meschino, ferito, caduto certo nella neve, si è conservato, sepolto da un ghiacciaio formatosi progressivamente a partire da quell’epoca. È chiaro che per trovarsi lì sotto, sicuramente il ghiacciaio gli è prima cresciuto addosso e, dopo 5000 anni, ha pensato bene di liberarlo per restituircelo. Forse, a vivere in quei secoli, gli scienziati catastrofisti di oggi avrebbero sicuramente fatto profezie drammatiche prevedendo terribili glaciazioni e sicura conseguente estinzione per la razza umana. Certo che comunque ce la stiamo mettendo tutta per arrivarci con altre modalità. Per ora siamo comunque ancora qui, più o meno come ci stava Ötzi. Quel ghiacciaio potrebbe anche riformarsi. Solo che ora siamo quasi otto miliardi di individui.  Allora erano quattro gatti. Forse le nostre bombe ecologiche faranno solo si che ritorneremo ad essere quattro gatti. Peggio per gli Sceicchi e per Moderna, e peggio per Bill Gates e per Amazon. Ritorneremo a mangiare carne di stambecco. La selezione plasmerà uomini duri. Per l’intelligenza invece nutro qualche dubbio.

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