di Francesco De Luca
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L’otto dicembre è passato e nell’animo cerco di riportare ordine. E mi ritrovo a dover sistemare ciò che è stato messo a soqquadro dalla giornata dell’Immacolata.
Chiarisco ai pazienti lettori che il disordine riguarda la sfera della mia intimità. Dove taluni sentimenti sono stati tirati fuori dai loro rifugi, taluni sono stati obbligati a confrontarsi, altri fatti brillare e altri ancora gettati in terra. In un contrasto emotivo perdurante tutta la giornata festiva.
Parlo dei miei sentimenti e mi scuso se posso risultare importuno ma ho bisogno di esternare il contrasto vissuto interiormente. Palesandone gli intrecci riuscirò forse a dipanare il groviglio interiore e a raggiungere serenità. Come un percorso psicanalitico in cui è salutare dire i punti dolenti affinché il groppo di ciò che stride non si contorca e divenga un ‘complesso’. E’ quello che voglio evitare che avvenga e perciò mi servo della scrittura per rendere evidente ciò che nel buio dell’animo cova, preme, si agita, esplode.
Oh, mamma mia, sembra l’anticipo di una battaglia! E infatti battaglia c’è stata fra i sentimenti. Fra quelli che nell’infanzia trovano la radice, ancorata ancora all’affetto dei genitori. Mia madre si rammaricava quando io e mio fratello eravamo stati assenti alla novena. “Ci mancavate soltanto voi… c’erano tutti”.
Tutti chi? Gli amici: quelli del vicinato, quelli di scuola, quelli di gioco.
Ieri (1) don Ramon (2), in un suo intervento, ha rammentato ben 6 persone morte nell’anno 2021, che hanno condiviso con la comunità isolana per l’intera vita la ricorrenza dell’Immacolata: Franco Schiano, Angelina, Giuseppe Valiante, Silverio Spignesi, Mercurio, don Raimondo. Con loro abbiamo cantato a squarciagola e… “ora ci accompagnano da lassù” – mi conforta Vittorio.
No, no, quale compagnia possono offrire se non ci è possibile sentire l’accordo della fisarmonica (don Raimondo), se non possiamo godere dell’acuto in “Qual candido giglio… “ di Angelina. Erano puntelli della vita, di quella vita che non è soltanto ‘di pane’ che si nutre.
Sono quei puntelli che mi portano ad unirmi al coro parrocchiale di Giovannino, e trovare armonie, in sintonia con Luigi, Antonio, Aniello (gli ultimi della mia generazione).
E non solo a quelli. Ieri mattina, nonostante i disagi causati dal Covid, la schiera degli uomini era folta. La chiudeva il vescovo mons. Luigi Vari (3) che confortava con l’assoluzione i penitenti in confessione. Perché la devozione all’Immacolata ancora seduce i ruvidi ponzesi e li avvicina ai Sacramenti. Ma… quale peccato ho commesso? Meglio, quale peccato avrei commesso se ho vissuto come la ragione mi ha suggerito?
Il peccato… è il concetto presentato nella Prima Lettura della Messa. Adamo mangia il frutto dell’albero e riconosce la sua ‘nudità’. Acquista allora l’autocoscienza e vede la sua disobbedienza. Don Ramon precisa: il peccato è nella sua disobbedienza a Dio.
Non all’Io, come direbbe Ugo Spirito, l’Io, l’unico essere che sa e distingue il bene dal male, non all’Io ma a un Dio.
Ce n’è uno soltanto ed è dentro di me, ed è quello che mi fa commuovere nel cantare:
Immobile sul polo del mio cuore,
stella candida brilli senza posa…
perché riscontro la fragilità del mio essere e ho bisogno di sentirmi vicino agli altri che mi sono accanto. Insieme riusciremo a fare della vita una cosa degna. E per farlo ci terremo lontani dall’impegno di “non dare il mio nome ad associazione alcuna vietata dalla santa Chiesa” come attesta l’Atto di Consacrazione a Maria (4). No, questo no. L’esortazione è aberrante nella sua esclusione.
Il culto dell’Immacolata, la sua immagine, i suoi canti sono (così io li interpreto) un invito a trovare negli altri, con occhi sinceri e fedeli, i propri compagni di viaggio. L’Immacolata è credere nell’idealità della vita.
Dice la strofa: Ave Maria, sostieni il mio languore, mentre l’anima solo in te riposa.
Il languore è quello che deriva dal senso d’insufficienza dell’animo umano e dalla necessità di credere che possa trovare forza nell’umanità intera, ove si riconosca soggetto in un universo da rispettare.
L’otto dicembre è passato, con la sua tempesta di emozioni e sentimenti. Se non serenità (ché quella è un’aspirazione non un traguardo) almeno una certa quiete l’ho conquistata. Grazie anche a voi lettori.
Note: (1) – otto dicembre; (2) – attuale titolare della parrocchia dei santi Silverio e Domitilla, in Ponza; (3) – Sua Eccellenza Luigi Vari, arcivescovo della Diocesi di Gaeta; (4) – L’Atto di Consacrazione a Maria è un documento, ispirato da don Luigi Dies (anni 1940- 1970) parroco a Ponza, col quale pubblicamente, in chiesa, a voce spiegata, i giovani di Ponza l’otto di dicembre consacrano idealmente la loro vita a Maria.
Appendice del 17 dicembre, nell’anniversario della morte di monsignor Dies (cfr. Commento di Maria Candida Conte)
https://www.ponzaracconta.it/2012/10/14/ricorrenza-centenario-nascita-di-don-luigi-maria-dies/
https://www.ponzacalafelci.com/2015/12/06/luigi-maria-dies-uomo-e-sacerdote-biografia-essenziale-2/
https://www.ponzacalafelci.com/2015/12/08/luigi-maria-dies-uomo-e-sacerdote-biografia-essenziale-4/
Maria Conte
17 Dicembre 2021 at 06:46
Anniversario
17 dicembre 1973: quarantotto anni fa se ne andava, lontano da Ponza, lontano da noi, don Luigi Maria Dies, sacerdote, parroco indimenticabile ed indimenticato. Il ricordo di Lui mi accompagnerà, come sinora, nell’ultimo periodo della mia vita, con le preghiere, i canti, le funzioni che hanno confortato la mia adolescenza e la prima giovinezza.
Ora sì, che in sede più degna, potrà rendere, più profonda e sentita, la devozione alla Sua Immacolata di Ponza.
Nell’articolo di base, a cura della redazione, due foto e dei link alla biografia di monsignor Dies