Ciarnella Amelia (Lianella)

L’angolo di Lianella/15. Tufo di Minturno, quel mio piccolo mondo antico (2)

di Ciarnella Amelia

 

per la prima parte (leggi qui)

 

Nel mio paese di allora non c’erano personaggi caratteristici particolari degni di nota, ad eccezione di una famiglia di nani il cui “capostipite” da giovane faceva parte di un circo equestre. Poi questo circo fallì e fu costretto a licenziare tutto il personale. Il nano rimasto senza lavoro, cominciò a girovagare per i vari paesini circostanti, in cerca di qualcosa da fare per poter sopravvivere e per puro caso capitò nel mio paese entrando nell’unica macelleria gestita dalla bella figlia del proprietario.

Il nano l’adocchiò perché era veramente una bellissima ragazza e lì, su due piedi, la chiese in moglie. Proposta che lei accettò subito scandalizzando, oltre la sua famiglia, l’intero paese. Si sposarono ed ebbero quattro figli, uno dei quali somigliantissimo a sua madre, che provocò lo scompiglio in quella famiglia poiché il nano, ignorante peggio di una capra, era convinto che i figli dovessero essere tutti uguali al padre, cioè nani come lui.
Pertanto, quello era soltanto il figlio della “colpa”. E non ci fu verso di farlo ragionare, per cui ogni giorno bisticciava e a volte picchiava anche sua moglie. Cosa che tutto il paese non sopportava affatto e le amiche della moglie le suggerivano spesso di dargli un bel calcio nel di dietro e rispedirlo da dove era venuto. Ma lei, malgrado i continui maltrattamenti, continuava ad essergli sempre fedele e sottomessa. Si vede che quel nano qualche strano “potere” lo doveva proprio avere.

Altra cosa un po’ antipatica di quell’epoca, e di cui si parlava di sovente, erano i lupi mannari e le streghe Diverse persone del mio paese affermavano di aver visto sia gli uni che le altre. Per quanto riguarda le streghe, pare si divertissero solo a fare dispetti stupidi e cattivi, ma non potevano rubare. Però i dispetti li facevano e anche molto spesso.

Quando mio padre e mia madre si sposarono, per tre notti consecutive trovarono tantissime gocce di acqua, tipo rugiada, sulla coperta. La quarta notte mio padre lasciò la luce accesa e la coperta rimase asciutta.

Anche mio nonno sperimentò un dispetto cretino, fatto da questa specie di streghe casarecce, chiamate in dialetto tufano ianare.

Accadde che per alcuni giorni di seguito trovò sempre le code e le criniere dei suoi cavalli intrecciate e dovette perdere un sacco di tempo per scioglierle e strigliarle. Finì per scocciarsi, anche perché non aveva un carattere paziente.
Così una sera si appostò nella stalla aspettando la ianara, che si presentò puntuale a notte inoltrata per eseguire il suo lavoro. Ma trovò la sgradita sorpresa di sentirsi acchiappare da mio nonno che gliene diede tante e di santa ragione che per poco non la spedì all’altro mondo.
Penso proprio che da quel momento in poi quella ianara sia ritornata a fare la persona normale dimenticando definitivamente quel mestiere. Dopo questo evento nessuna strega si fece più vedere in casa nostra.

Altra nota dolente erano i lupi mannari di cui nei piccoli centri si sentiva parlare molto spesso. La fantasia popolare immaginava questi poveri sfortunati come dei veri lupi, con unghie, denti e peli, simili alle bestie. In realtà si trattava di una malattia rara che non c’è più. Almeno si spera. Però chi ne era affetto era preso da una smania indescrivibile, insopportabile, provocata da un fortissimo e intenso calore all’interno del proprio corpo che non gli dava pace, costringendolo a rotolarsi per terra, con la bava alla bocca, a mordere e a strappare con i denti qualunque cosa gli capitasse fra le mani.

Una notte d’estate e di luna piena, ad un giovane carabiniere mentre rientrava a casa a piedi dalla stazione, per trascorrere le ferie insieme ai suoi genitori, arrivato al centro del paese, mentre percorreva il corso principale, capitò di vedere proprio un lupo mannaro, che annaspava per terra vicino ad una fontana pubblica, cercando di dissetarsi in qualche modo, ma senza riuscirci. Il “lupo” vistolo arrivare fece cenno di volerlo aggredire, ma il giovane carabiniere, sfoderando la pistola e puntandogliela contro gli disse: “se fai un altro passo ti sparo“. “Il lupo”, che forse non era in piena crisi, capì perfettamente il pericolo che stava correndo, per cui si aggrappò forte e con ambo le mani alla fontana guardando e ringhiando verso il carabiniere che, tenendolo sempre sotto tiro e camminando all’indietro come il gambero, riuscì a oltrepassarlo senza che gli venisse fatto alcun male.

Questo era il microcosmo del mio paese in quei tempi, dove la gente conosceva e amava soltanto la campagna dalla quale traeva ogni sostentamento. E malgrado i soliti problemi e le preoccupazioni, presenti in ogni paesino di allora, gli abitanti vivevano tranquilli, a parte le streghe e i lupi mannari, tanto che durante il lavoro nei campi erano soliti  cantare ed erano allegri.

Nel grande mondo moderno, pieno di gente che ha tutto, soldi, comodità e infiniti divertimenti, che molti possono permettersi in ogni momento della loro vita, stranamente sono in tanti che non appaiono soddisfatti e sempre più spesso anche nervosi, ansiosi e depressi.

 

[L’angolo di Lianella/15. Quel mio piccolo mondo antico (2)fine]

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