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Ci sono giorni “di cerniera”, tra una stagione e l’altra. Diversi a seconda delle persone e del luogo in cui si vive. Neanche lo sapevo, che fosse oggi, il passaggio tra l’estate e l’autunno. L’ho capito dopo essere stato nel campo, o in giardino… che per me è tutt’uno.
Ho notato delle fioriture che ieri o l’altro ieri non c’erano. E sono tornato a fare delle foto.
Tre steli fiorali del giglio di santa Candida; due non ancora aperti. Sul terreno le “lanterne rosse” di Physalis alchechengi (attenzione! invasiva attraverso polloni sotterranei). Il tutto sotto un albero di pere
È spuntato il primo stelo fiorale del giglio di santa Candida (Amaryllis belladonna – Amaryllidaceae). Ce ne sono disseminati tanti di bulbi, in giro per il casale; tutti di stretta provenienza ponzese. Poi me li scordo. Si fanno ricordare quando vengono fuori i fiori, quasi nel giro di una notte e anche una decina, tutti insieme; il fiore dura poco più di un giorno, ma siccome ogni stelo ne porta tanti, rimangono in fiore a lungo. Fioriscono direttamente dai bulbi, senza verde intorno; le foglie nastriformi verranno in seguito. Poi la parte vegetante secca e la maggior parte dell’anno rimane solo una protuberanza in terra a indicare che lì sotto ci sono i bulbi.
Secondo l’usanza ponzese di dare ai fiori il nome del santo che ricorre in corrispondenza della fioritura, ecco che il nome è “giglio di Santa Candida”, la protettrice di Ventotene, dove si festeggia il 20 settembre. In realtà è di provenienza sudafricana, ma diffusa in tutto il mondo… E poi anche il nome popolare è affidato alla fantasia; per esempio nelle Azzorre, isole atlantiche amministrate dal Portogallo, il nome è meninas para escola (ragazze che vanno a scuola) riferendosi ai fiori che sbocciano quando le ragazze con le loro uniformi rosa stanno iniziando il nuovo anno scolastico…
A proposito di bulbi, la sorpresa di stamattina ha riguardato anche un’altra fioritura, pure essa di importazione ponzese – entrambe le piante già trattate in un altro articolo, del 2014: leggi qui, belle foto! – ma sudafricana d’origine. Chissà a Ponza come ci è arrivata.
Haemanthus coccineus (stessa famiglia: Amaryllidaceae): il primo fiore di quest’anno. Di anno in anno i bulbi si espandono: dal centro di essi, come da una ferita, sorge lo stelo fiorale
Dietro il fiore rosso – non ha un nome popolare a Ponza, che io sappia – separati da una traversina di legno, c’è una foresta di banani, l’erba più grande che ci sia, ma un’erbacea (il tronco non ha parti legnose!). Qualche petalo rosa che si vede qua e là, viene da Lagestroemia indica, poco più in là…
La Lagestroemia indica – Famiglia delle Lytraceae, originaria del sud-est asiatico – sta sfiorendo adesso, ma ho trovato una foto di due anni fa, 25 agosto 2019 (v. sotto), in cui è parecchio più piccola e tutta fiorita. Il nome non depone bene, ma molti la riconosceranno.
La foto è presa al di là della rete, ma ci sono i banani (anch’essi più piccoli) per orientarsi
Poi per chiudere la cerniera – piante che fioriscono, altre che stanno per finire il loro ciclo annuale… chi viene e chi va – ho fotografato un’altra mia favorita, portata come seme dal Madagascar e sparsa – com’è mio costume – dovunque, anche a casa degli amici.
I fiori delle stelline rosse durano un solo giorno. Sulla sinistra della foto si vedono le teche dei semi (ciascuna ne contiene tre) che vanno raccolte prima che si aprano spontaneamente (da cui la disseminazione spontanea). Dietro le canne che sostengono l’ipomea si vede una pianta portata dallo Sri- Lanka dove è comunissima e basilare in cucina. È Murraya koenigii, Fam. Rutaceae, anche nota come “pianta del curry”, capace di dare alle pietanze che la contengono un aroma inconfondibile
Ipomea quamoclit pennata è una rampicante delle famiglia delle Convolvulaceae (come le campanelle blu, comunissime a Ponza), dal fogliame aghiforme, leggero e molto elegante, e fa piccoli fiori rossi, da cui il nome comune di “stelline rosse” (c’è anche una varietà a “stelline bianche” che io non ho: aspetto una mutazione spontanea!).
Anche il nome è bello: Ipomea quamoclit pennata (“quamoclit” può incuriosire: deriva da Kvamoklit, il nome col quale è nota nel linguaggio Nahuatl in Messico (di cui è originaria).
A condizione di avere i semi, è una pianta facilissima da far vegetare e fiorire. Vuole acqua e sole; poi si arrampica dovunque e dà molte soddisfazioni (…anche molto da fare, a corrergli dietro, disponendo sostegni e fili dove indirizzarla).
Si deve riseminare ogni anno (ma si dissemina spontaneamente; al tempo giusto spuntano una quantità di piantine dove sono caduti i semi dell’anno precedente) e all’inizio dell’autunno termina il suo ciclo (si deve sradicare o avvizzisce da sola: non bella da vedere, dopo tanto trionfo estivo!).
Qui con un ibisco dal fiore stradoppio, anch’esso venuto da Ponza
Dalle foto presentate per l’occasione del cambio di stagione viene fuori chiaramente la mia idea di giardino. Le piante sembrano essere affastellate alla rinfusa; ognuna si cerca lo spazio che riesce a trovare. L’estetica del mio giardino non segue criteri comunemente accettati. Molti dicono: “È un giardino selvaggio!”.
Non è così. Nel disporle seguo una mia idea di assonanze, gradazioni di colore, altri richiami qui difficili da spiegare… Su tutto prediligo le associazioni e le suggestioni che esse stesse mi propongono, lasciate poi (quasi) libere di esprimersi. Io ho il mio da fare per innaffiarle e disboscare, di tanto in tanto; il resto (il più) lo fanno loro!
Nota della Redazione:
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