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Una canzone per la domenica (154). America

proposta da Sandro Russo

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Stranezze di una canzone per la domenica: ero partito per l’Africa e mi ritrovo in America. Tutta la settimana avevo rimuginato su musica, testi, interpreti in tema con   l’Africa (per qualcosa che avevo letto e sentito), e… sorpresa! – anche per me – il risultato finale è questa canzone totalmente nell’altro emisfero. Anche questa scalpitava da tempo nella mia mente… Lottavano a chi usciva per prima!

Devo dire che l’America, nell’immaginario della mia giovinezza, era tutt’altro, rispetto a quella attuale; la stessa che aveva attratto Pavese e Luciano Bianciardi, per le loro traduzioni “all’impronta” dei classici americani. Io stesso ero venuto a Faulkner e Steinbeck (Hemingway di meno). Poi c’era stata la “fantascienza degli anni d’oro”, i mitici anni ’50. Con Asimov, Arthur Clarke, Theodore Sturgeon e mille altri. Mentre in campo musicale aveva qualcosa (non troppo) in comune con quella di Paolo Conte, l’America del jazz e dello swing… Ma lui è di una generazione precedente… io propendevo più per Woody Guthrie e (poi) Bob Dylan.

Credo che la mia immagine dell’America cominciò a incrinarsi con l’assassinio di John Kennedy (1963) – io stesso faccio fatica a credere di aver pianto alla sua morte: 1963, avevo 16 anni: ci può stare! – e andò completamente un frantumi durante la guerra del Vietnam. E taciamo il resto..!

Da allora il rapporto è di odio-amore, con alcune “zone franche”, tra cui: i libri di medicina su cui ho studiato (il mitico Harrison, digerito quasi per intero), molto cinema, alcuni gruppi musicali…

Preambolo necessario per dire perché come canzone rappresentativa della “mia” America ho scelto questa, di Simon e Garfunkel.

Paul Simon e Art Garfunkel furono insieme dal 1957 al 1970, e “la loro separazione (artistica) fu un colpo; non come quella dei Beatles, ma quasi”.
Sul sito li abbiamo citati due volte: per Scarborough fair (Parsley sage rosemary and thyme), proprio tra le prime canzoni della domenica, nel 2009 e tra le canzoni contro la guerra (leggi e ascolta qui)

L’America è anche “saperla raccontare”, grande e complessa com’è. Simon e Garfunkel, anche in altre canzoni – ricordate Sounds of silence? -, ci riescono perfettamente!

Un uomo e una donna in viaggio attraverso l’America, che è uno spazio fisico, ma anche mentale. L’entusiasmo iniziale di scoprire l’America. Incontri casuali, gesti comuni, luoghi attraversati… da cui pian piano distilla come l”essenza del grande paese… E un senso di fallimento e di tristezza. L’America è un’illusione che la coppia (e tutti gli americani) cercano invano.

Presenterò tre versioni della stessa canzone.
La prima ad una reunion del duo, Il 19 settembre 1981, per un famoso concerto gratuito a Central Park, Manhattan, New York del 2009 a cui parteciparono più di 500.000 persone; ma la canzone è dei tardi anni sessanta; compare nel loro album Bookends, del 1968. Nel marzo successivo al concerto del Central Park fu pubblicato un album live dell’evento.

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“Let us be lovers, we’ll marry our fortunes together
I’ve got some real estate here in my bag”
So we bought a pack of cigarettes and Mrs. Wagner pies
And walked off to look for America
“Kathy”, I said as we boarded a Greyhound in Pittsburgh
“Michigan seems like a dream to me now”
It took me four days to hitchhike from Saginaw
I’ve gone to look for America
Laughing on the bus
Playing games with the faces
She said the man in the gabardine suit was a spy
I said “Be careful, his bowtie is really a camera”
“Toss me a cigarette, I think there’s one in my raincoat”
“We smoked the last one an hour ago”
So I looked at the scenery, she read her magazine
And the moon rose over an open field
“Kathy, I’m lost”, I said, though I knew she was sleeping
I’m empty and aching and I don’t know why
Counting the cars on the New Jersey Turnpike
They’ve all come to look for America
All come to look for America
All come to look for America

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Nel 1973 Bruno Lauzi tradusse la canzone in italiano e la incise nel suo album Simon, che racchiudeva tutte cover di Paul Simon. In particolare la sua versione ha cercato di mantenere il senso del testo.

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YouTube player

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Un’altra cover
Il Concerto per New York City fu un concerto di beneficenza organizzato da Paul McCartney che ospitò molti musicisti, personaggi dello sport e della politica; si svolse il 20 ottobre 2001 al Madison Square Garden di New York per celebrare le vittime degli attacchi dell’11 settembre 2001 (a distanza di poco più di un mese). La manifestazione durò cinque ore, con la proiezione di cortometraggi di importanti registi (ma il film-antologia sull’11 settembre, anche se diseguale, di 11 grandi registi, non era ancora stato girato: 11 settembre 2001 (11’09″01 – September 11), del 2002 [sul sito: da vedere l’episodio Luce e fiori, di Sean Penn, di 11 min e 9 secondi! Proprio vi consiglio di vederlo, o di rivederlo)].

…Ma abbiamo leggermente deviato dal discorso iniziale… Anche se sempre, fortemente di America si tratta!

Comunque, in apertura del Concerto, David Bowie, accompagnandosi con un Omnichord (uno strumento elettronico realizzato dalla Suzuki Musical Instrument Corporation, derivato da un analogo strumento giocattolo), eseguì una sua versione, molto intensa di America.

David Bowie at Concert for New York City, da YouTube:

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Ma non ho dimenticato l’Africa.
Sarà per una prossima volta.

3 Comments

3 Comments

  1. Alfredo Scotti

    25 Luglio 2021 at 20:29

    È bellissimo riascoltare la loro voce… anni magici!
    Hai visto come il pubblico ascolta in religioso silenzio? Ciao, grazie per questo bel ricordo e per quelle melodie di quando la voce e le parole si facevano accompagnare dalla musica in sottofondo; oggi tutto sovrasta tutti urlano, tanto rumore. Poi dice che siamo nostalgici!
    Ciao cugino

  2. gianni sarro

    26 Luglio 2021 at 09:58

    Nel mio immaginario l’America ha avuto sempre la caratteristica di un organismo non perfetto, che spesso si ammala, ma che sempre, almeno fino ad oggi, ha saputo produrre gli anticorpi. Dal New Deal keyneseniano-roosveltiano, alla stagione di JFK, a Obama.
    E’ stato così anche nel cinema. Al rigido protocollo del cinema classico, c’è stata la reazione di autori come Ford (Ombre rosse del 1939 e Sentieri selvaggi del 1955) e Welles, che con Quarto potere, 1941, mostra al mondo un nuovo modo di fare cinema. Fino ad arrivare alla vera e propria rivoluzione degli anni sessanta, quando nasce una nuova concezione di narrazione cinematografica. Tra gli altri spicca Mike Nichols con Il laureato, 1967, aperto dalla lunga sequenza che vede protagonista più che Dustin Hoffman la canzone Miss Robinson di Simon e Garfunkel.
    Grazie Sandro per l’ennesimo spunto cross over tra società e arte.

  3. Emilio Iodice

    1 Agosto 2021 at 16:22

    Grazie Sandro per questa bellissima canzone che è tanto una poesia quanto una melodia calda e memorabile.

    La vera domanda alla ricerca dell’America è “Il sogno americano esiste?” Ricerche e fatti indicano che “Sì, esiste ancora” e che sta crescendo.

    Prendiamoci un po’ di tempo prima della Grande Pandemia per determinare i fatti. Il periodo del Covid è, ovviamente, un tempo che non può essere considerato altro che la ricerca della luce dove c’è solo l’oscurità.

    Uno studio è stato condotto dall’American Enterprise Institute nel 2018 con campioni “profondi” di americani interrogati sul Grande Sogno e su cosa significasse per loro.

    Trasversalmente, in tutte le categorie di persone, dagli immigrati alle minoranze, dai giovani agli anziani, hanno affermato di aver realizzato il Sogno o di essere in procinto di farlo.

    Tuttavia, la definizione di ciò che è il sogno americano è cambiata.
    Non è ricchezza, fama o potere, secondo i ricercatori. Ecco cosa ha scritto il capo del team di ricerca:

    “Quello che il nostro sondaggio ha scoperto sul sogno americano è stato una sorpresa per me. Quando agli americani è stato chiesto cosa rende il sogno americano una realtà, non hanno selezionato come fattori essenziali diventare ricchi, possedere una casa o avere una carriera di successo. Invece, l’85 percento ha indicato che “avere libertà di scelta su come vivere” era essenziale per realizzare il sogno americano. Inoltre, l’83 percento ha indicato che era essenziale “una buona vita familiare”.

    Quindi, il Sogno esiste ma non si tratta di soldi o mobilità sociale. Si tratta di libertà, che ancora viene offerta in America, nonostante i problemi sociali che sembrano superare ogni senso di progresso.

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