Segnalato da Tano Pirrone e Sandro Russo
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Di Natalia Aspesi (Milano, 1928), testimone eccellente per età e maestrìa di scrittura e giornalismo, proponiamo questo articolo uscito su la Repubblica, la settimana scorsa.
Gustav Klimt, Le tre età della donna, olio su tela (1905)
Chi ha inventato l’età delle donne
di Natalia Aspesi
Ovviamente sono stati gli uomini che, al cinema o in letteratura, le fanno morire o sparire prima che invecchino. Eppure qualcosa sta cambiando, avete presente Meryl Streep?
L’età delle donne l’hanno inventata gli uomini, e le donne, anche le più soavi sorelle tuttora in guerra contro il patriarcato, o meglio i suoi rimasugli, quella battaglia lì non avevano mai pensato di combatterla. Amici o nemici, amati amanti o mariti in fuga, per gli uomini la donna in quanto tale esisteva e ancora esiste sino a una certa età dai limiti fluttuanti, ma poi basta, sarà solo una buona nonnina o una rapace strega, dipende, se passa la pensione al nipotino che vuole andare al Billionaire o è una amministratrice delegata massimamente severa. Un tempo c’era il problema biologico del climaterio, e il fatto di perdere la sola funzione ammessa per le signore, quella di figliare possibilmente a iosa.
Non parlo ovviamente per me che non sono neppure stra-nonnina o figuriamoci vegliarda di potere tipo Chang Yun Chung, miliardario di Singapore, dove però tutti sono miliardari, morto qualche mese fa a 102 anni. Alla mia età si è come stele di Hammurabi, o moai dell’isola di Pasqua, o megaliti di Stonehenge, e abbiamo avuto chissà perché un momento di gloria con la pandemia che, parrebbe per la fortuna di tutti, in via di estinzione.
Ma mi scuso per la citazione irrispettosa: cosa ne sarebbe oggi della principessa Diana di Galles, la più bella, e celebre, e infelice persona della fine del secolo scorso, indimenticabile nel suo fulgore alla moda, nei suoi amori irrisolti, circondata dal disprezzo della Corte inglese e dalle corna del marito, con tutto il mondo ad adorarla, ridicolizzarla, divorarla, sino alla tragica morte comminata dalla nostra fame di storie, che giovedì 1 luglio avrebbe compiuto 60 anni? Un’età che oggi le donne non raggiungono mai, fermandosi a 49 mediante pozioni magiche e diabolici esorcismi (un tempo anche carte di identità contraffatte); fino poi, tempo dopo, a fare un balzo in avanti accettandone di colpo 80.
C’è un crudele destino per le donne che diventano famose per bellezza e bisogno d’amore: non arrivano alla menopausa. Si uccidono giovani infatti Madame Bovary, Anna Karenina, Cio-Cio-San, muoiono consunte la Mimì di Puccini ispirata a un racconto di Murger, la Violetta Valéry di Verdi, ispirata alla Marguerite del romanzo di Dumas figlio, ispirata alla sua amante Marie Duplessis, tutte signore vivaci e appunto per questo destinate a morire giovanissime.
Perché agli uomini sono sempre piaciute le devote a pagamento pur che poi in qualche modo si tolgano di torno. Marilyn Monroe, l’amante di sogno degli uomini in quanto non solo procace ma anche costretta in personaggi di stupidella, muore misteriosamente a 36 anni, già a carriera finita. Greta Garbo alla stessa età e per la stessa ragione non muore ma scompare, e sarà Inge Feltrinelli a riuscire a sorprenderla in strada a New York e a fotografarla, invecchiata; per interpretare la diva decrepita e pazza di Viale del tramonto il regista Billy Wilder sceglie Gloria Swanson che ha 51 anni, minimo 10 anni in meno (anche 16) delle nostre fascinose ragazze che conducono i talk show e l’intrattenimento.
Mesi fa il settimanale americano Time ha messo in copertina il ritratto disegnato di Diana, con la sua celebre pettinatura, il suo malinconico sorriso, il bel volto segnato da rughe: come se appunto lei, morta nell’agosto del 1997 a 36 anni, un’età quasi fatale nel decrepito immaginario maschile, fosse ancora viva oggi, 24 anni dopo. In un mondo totalmente cambiato, una Inghilterra impoverita, immusonita, isolata, con un ex-marito molto invecchiato e una moglie di un anno più anziana di lui (e di 14 di lei) ma molto ben messa sotto gli enormi cappelli, una ex suocera ormai vedova a cui non viene risparmiato nulla, ma anche due figli amatissimi che molto hanno sofferto e non l’hanno certo dimenticata: un futuro re calvo con perfetta signora da trono e tre futuri eredi, e l’altro che la sta vendicando con molto rumore assieme alla sua signora; Diana nonna di ben cinque bimbi, pare impossibile. E poi chissà: anche lei con altri figli di ogni colore, oppure suora, o bella grassa, forse ci avrebbe stufato, invece è rimasta per sempre l’incantevole immagine di anni speciali, illuminati anche dalla sua vita meravigliosa e spietata.
Ma torniamo all’età delle donne vive: è iniziata da un po’ e non per ragioni femministe ma di mercato, una certa apertura dello spettacolo verso le anziane: un tempo le vecchie non avevano accesso nei film al ruolo di vecchia, si prendeva un’attrice giovane, le si metteva in testa una parrucca bianca e in mano un bastone ed era fatta: adesso abbondano storie con personaggi ultrasettantenni interpretati da celebri ultrasettantenni tipo Glenn Close e Meryl Streep. La nuova smania di esaltare l’anziano soprattutto se donna, ha appena fatto riscoprire Leslie Caron, di eleganti 90 anni, indimenticabile Gigi, dal romanzo di Colette, diretto da Vincente Minnelli 63 anni fa.
Adesso le dive aspirano a ruoli di mezza età, visti raramente al cinema, che le inducono a far dire agli intervistandi che a loro della bellezza non importa nulla, che vogliono ingrassare (già finito il body shaming da Instagram?), non perché sia vero ovvio, ma perché così è un loro nuovo personaggio: come Kate Winslet, la bella di Titanic, attualmente detective nella serie Omicidio a Easttown, appositamente imbruttita per essere “come le donne vere”, e ovviamente molto ma molto spettinata: come tutte le ragazze di oggi che spendono piccole fortune da parrucchieri alla moda specializzati nel rendere i capelli apparentemente sporchi, aridi e ovviamente molto ma molto spettinati: ad arte.
[Di Natalia Aspesi, da la Repubblica del 28 giugno 2021]