di Francesco De Luca
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Le mani di Totonno sono così rugose che il nero dello sporco non si riesce a togliere. I palmi hanno grinze come solchi ramificati. In quegli interstizi lo sporco si deposita e resiste. Anche col sapone sotto l’acqua il nero non viene via.
Sono mani da contadino che scippa, strattona, solleva, scava. Nei suoi terrazzamenti al Fieno l’acqua dilava e frana, il vento squassa e smuove, il sole indurisce le zolle e quello che era stato disposto con ordine si scombina, si maltratta, rovina. E’ un rifare continuo… e le mani si storcono, divengono rampini, si incalliscono, si induriscono di bitorzoli, con tendini tirati e diventati canaletti. Un presa di quelle mani è un drappo che avvolge e stringe. Si fatica a dissaldarla perché è tarata sulle radici, sui tralci, sui rami. Sulle spine, sugli spuntoni, sui sassi levigati e scivolosi.
– Buon giorno dotto’ – dice rivolto al medico. Glielo ha consigliato un amico. Totonno soffre di dolori all’addome, subito dopo mangiato, quando di solito si sofferma con lo sguardo vagante al seguito di pensieri fatui, conciliati da un bicchiere di vino per compagnia.
Da qualche tempo questo rito appagante gli è impedito da dolori allo stomaco.
– Alla pancia o allo stomaco? – chiede puntiglioso il medico.
– Dotto’… – risponde Totonno – i dolori provengono da qui – e indica la zona ventrale – ma il brutto è che non posso più godermi quel goccetto di vino che chiude il pasto e facilita la digestione.
Il dottore è persona affabile. Sui cinquant’anni, alto, sicuro di sé. E’ primario in un ospedale di Roma e padrone di cliniche per patologie interne. Politicamente di sinistra, almeno così gli ha confidato l’amico. Sottigliezze non percepite, Totonno ha cognizione grossolana. Ha notato che le mani del medico sono bianche e morbide. Mani da bisturi. Sì… e di soldi. Come di soldi? Sì, di soldi. Perché il medico visita nell’ospedale ma opera nelle sue cliniche.
– Vuole la fattura? – chiede la signora alla reception. Totonno non capisce l’allusione: – Con la fattura…?
– Con la fattura – spiega la signora – sono 120 euro, mentre senza sono 100.
– Allora senza – ribadisce Totonno, che non va per il sottile. E’ abituato a sollevare ‘parracine’ non a tastare addomi. Per lui essere di sinistra significa essere dalla parte dei bisognosi. Il dottore ha le mani delicate e il sentimento duro mentre Totonno ha le mani dure e il sentimento delicato.
Nell’accomiatarsi saluta. Stringe la mano al chirurgo. Gliela inguaina nella sua. Quella manina signorile nella sua, come una morsa che non permette tentennamenti, non oscillazioni, nessuna fuga.
Il chirurgo per un attimo resiste alla stretta poi allenta e Totonno fa altrettanto. Due vite: quella della naturalezza e quella dell’accomodamento. Apparentemente refrattarie, e pure vicine giacché nella società umana confliggono e coabitano diversi stili di vita.
– Ci vedremo a Ponza, caro Totonno… mi raccomando…
– A Ponza… – risponde Totonno – le farò assaggiare un vino…
– Vai calmo col vino … ché il troppo fa male.
– Ma io lo faccio bere a lei… Lei si deve nutrire di cibi autentici perché qui fa una vita stressata. Dotto’… a Ponza si vive bene perché basta poco. Dalle mani tutto scivola e… non rimane niente…
Il medico gli osserva quelle manone deformi, finge ironia e sorride compiaciuto. L’acutezza delle parole dell’isolano la perde. Preferisce riportare alla mente il profilo del Fieno che s’incunea nel mare, e quel cane che gironzola nervoso fra le viti e il grido del falco che spinge a guardare in alto, dove gli occhi si accecano.