di Fabio Lambertucci
per la prima parte (leggi qui)
Distinte dai fatti, poi, ci sono le interpretazioni. I dubbi, le ipotesi, le speculazioni. Le chiavi di lettura. Ed è necessario addentrarci anche nelle interpretazioni. Di questa trattativa internazionale, infatti, sappiamo molto ma non tutto. Ignoriamo l’aspetto più importante: perché andò male e perché Aldo Moro fu ucciso il 9 maggio. Non resta che interrogarci. Perché la trattativa che doveva portare a uno scambio di prigionieri, condotta da personalità amiche dello statista, fallì così miseramente?
Non mi avventuro a sostenere responsabilità della CIA, del KGB o di chissà chi altri. Però evidentemente ci fu una spinta potente a dire di no. Ce ne potrebbe parlare chi sa, ma è inutile aspettarsi rivelazioni da parte del capo delle Br, Mario Moretti. Non a caso è chiamato “la sfinge”. Moretti è fermo nel rivendicare il carattere nazionale e autonomo del partito armato, chiuso in una partita tutta politica, tetragono nel sostenere che le Br avrebbero colto volentieri i segnali benevoli di Zaccagnini, ma non arrivarono mai… Eppure, quarant’anni dopo, all’apertura di certi archivi, qualcosa di diverso s’intravede in filigrana nella storia del caso Moro. Molti e continui furono i contatti internazionali con arabi, tedeschi, svizzeri, francesi e genti dell’Est. I rapporti con altre organizzazioni armate accompagnarono la nascita e l’intera parabola del terrorismo rosso. Né poteva essere altrimenti per un gruppo che si ispirava alla storia dei bolscevichi, intriso di cultura internazionalista, cresciuto nel culto dei movimenti rivoluzionari e di liberazione. I brigatisti che fecero prigioniero Moro, ormai ci è chiaro, erano un gruppo di fanatici comunisti che giocava a fare la rivoluzione.
Eppure non era affatto un gioco. Il sangue che scorreva nelle strade era drammaticamente reale. Moretti e gli altri erano giovani che avevano messo in moto un ingranaggio più grande di loro, prigionieri della loro stessa ideologia. Ce lo dicono essi stessi: a un certo punto non si poteva più tornare indietro. Possiamo così solo immaginare il loro smarrimento quando giunse inaspettato un messaggio da figure mitiche per il loro universo – il comandante Arafat, il Maresciallo Tito – che intimavano di smetterla, di accettare uno scambio diverso da quello che pretendevano, in definitiva di venire a patti con quello Stato che sognavano di abbattere.
I figli della rivoluzione si ribellarono ai padri? Forse è questa la chiave per capire l’esito dei 55 giorni? Le pressioni che arrivarono da certi “amici”, a cui era sempre più difficile dire di no, indussero i brigatisti a chiudere brutalmente l’operazione? Se le cose sono andate davvero così, c’è da pensare che, la sera dell’8 maggio, Moretti e gli altri abbiano deciso di uccidere Moro non perché si era alla vigilia di una importante riunione della Democrazia cristiana, come si è sempre pensato, ma perché si era alla vigilia dello scambio dei prigionieri.
Ci si è sempre interrogati, infatti, sul perché non vollero più aspettare. Certo, i capi brigatisti e ancor di più i militanti semplici non comprendevano i bizantinismi del potere democristiano. Non ne padroneggiavano i riti, le parole, i silenzi. ma capivano fin troppo bene le pressioni, finora ignote, che venivano dal network del terrorismo internazionale. Le Br forse si resero conto che di lì a un po’ avrebbero dovuto accettare un riconoscimento politico che tale non era, per di più lungo una via tortuosa e non facilmente spendibile sul piano della propaganda. Fu per questo motivo che decisero di riaffermare con il sangue di Moro la loro piena e totale indipendenza? Di sicuro il 9 maggio non ci poté essere nessuno scambio internazionale perché il presidente a quel punto era un cadavere. Il fallimento della trattativa a un passo dal successo, fu un cruccio di tanti, ma soprattutto di Yasser Arafat. Con l’uccisione di Moro aveva perduto un alleato, ma anche la faccia.
Il solito Giovannone al termine di quella primavera di sangue e dolore scrisse alla Centrale un ultimo drammatico cablo cifrato. Riferì di un lungo colloquio al quartier generale dell’OLP in cui gli garantirono che per Arafat la questione non era affatto chiusa: chi aveva rifiutato le sue condizioni avrebbe pagato caro. Giovannone annunciava che per Nemmer Hammad, il noto ambasciatore dell’OLP a Roma, c’era un nuovo delicato incarico essendo stato “…personalmente incaricato da Arafat promuovere ricerca ogni utile elemento riguardante mandanti et esecutori operazione Aldo Moro utilizzando già attivata rete informatori palestinesi Europa et coordinando operazione con nostro rappresentante”. E’ l’ultima clamorosa rivelazione di cui dobbiamo essere grati alla commissione Moro. Questo vecchio telegramma di quarant’anni fa, emerso solo ora da un archivio del Sismi, ci dice che palestinesi e italiani (e jugoslavi?) avviarono una caccia all’uomo per scovare i mandanti e gli esecutori dell’omicidio del presidente. Ma questa è un’altra storia che ancora nessuno ci ha raccontato>>.
Gianni Sarro
24 Aprile 2021 at 10:16
Ho letto con molta attenzione gli ultimi due articoli di Fabio Lambertucci sul caso Moro. Insieme a tanti altri libri e documenti al riguardo. Tutto considerato, per i 55 giorni permangono zone grigie mai chiarite del tutto.
Interessanti i suggerimenti bibliografici.
Fabio Lambertucci
26 Aprile 2021 at 14:50
Ringrazio molto Gianni Sarro per l’attenzione. Gli segnalo anche l’interessante articolo di Maria Antonietta Calabrò su “Huffingtonpost.it” del 15 marzo 2021 intitolato “Il “cold case” Aldo Moro. Caccia al dna dei 7 che mancano all’appello”. Saluti da Fabio Lambertucci.
Segnalato da Vincenzo Ambrosino
30 Aprile 2021 at 06:03
Marina Petrella, arrestata a Parigi, non è una terrorista qualsiasi, non è uno dei tanti. Gli inquirenti si imbattono nell’esistenza della Petrella, nome di battaglia “Virginia”, ai vertici della colonna romana delle Brigate Rosse, guidata da Barbara Balzerani, a motivo di alcuni documenti rinvenuti nel famosissimo covo di Via Gradoli, che fu la cabina di regia del sequestro di Aldo Moro (…)
Continua a leggere al link su Huffington Post:
https://www.huffingtonpost.it/entry/caso-moro-virginia-marina-petrella-custodisce-molte-verita_it_6089884ee4b0ccb91c2d0a11
Gianni Sarro
17 Marzo 2024 at 21:08
Il cinema italiano ha prodotto alcuni dei film migliori ispirandosi più o meno liberamente al rapimento di Aldo Moro, avvenuto il 16 marzo 1978 a Roma via Fani, dove furono uccisi i cinque componenti della scorta del presidente della D.C.
Il primo a raccontare i drammatici 55 giorni (tanto durò il sequestro, conclusosi con l’omicidio dello statista) fu Giuseppe Ferrara con Il caso Moro del 1986 A interpretare Moro il grande Gian Maria Volonté (che già l’aveva interpretato nel 1976 in Todo modo di Elio Petri. Il film di Ferrara è molto didascalico, si apre con la cruenta scena dell’agguato e copre tutto l’arco dei 55 giorni.
Ad oggi il regista che più si è confrontato con il caso Moro è Marco Bellocchio. La prima volta con Buongiorno notte (2003) basato sul romanzo “Il prigioniero” della brigatista Maria Laura Braghetti, una delle carceriere del Presidente, interpretato da un bravissimo Roberto Herlitzka. In questo primo film Bellocchio sceglie una narrazione in sottrazione, il punto di vista prevalente è quello di chi sta nella prigione.
Il maestro piacentino torna a raccontare il caso Moro nel 2022 con Esterno notte unn cosiddetto midquel, ossia un film che racconta fatti non mostrati nel film precedente: come ad esempio l’agguato o l’angoscia dei famigliari. L’opera di Bellocchio, uscito in due parti al cinema e in quattro puntate in tv (disponibile su #raiplay, è un altro capolavoro, trainata da una regia geniale e da alcune interpretazioni notevoli come quelle di Fabrizio Gifuni (Moro) e Fausto Rossi Alesi (Cossiga). Il film ha trionfato ai David di Donatello vincendo, tra gli altri, il premio alla miglior regia e quello per il miglior attore.
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Una immagine dal profilo Instagram giannisarro.cinema è stata annessa all’articolo di base a cura della Redazione
Vincenzo Ambrosino
18 Marzo 2024 at 21:55
Consiglio la lettura di questo libro:
Raffiche di bugie a Via Fani: Stato e BR sparano su Aldo Moro – marzo 2023
di Piero Laporta (Autore)
https://www.amazon.it/RAFFICHE-BUGIE-Via-Fani-Sparano/dp/B0BW1YLZJS