Ha dichiarato il regista: “L’idea mi è venuta vedendo una fotografia di Moro in giacca e cravatta in mezzo ai bambini di una colonia di Maccarese. Vorrei raccontare la strage e il suo assassinio attraverso la vita esterna di quei giorni soffermandomi sulle manovre politiche e su quello che accadeva quando lui era nelle mani delle Brigate Rosse. La difficoltà sarà combinare fantasia e realtà ma per me l’essenziale è il racconto della verità storica”.
Il rovesciamento del punto di vista assunto nel suo emozionante film del 2003 “Buongiorno, notte” con Roberto Herlitzka, Maya Sansa e Luigi Lo Cascio – ha spiegato Bellocchio – si giocherà mettendo a fuoco dei protagonisti “esterni” della vicenda” dal Papa a Cossiga, da Andreotti a Zaccagnini alla famiglia Moro, rimasta senza un capo” e quello contraddittorio di Adriana Faranda, la brigatista che assieme a Valerio Morucci si oppose invano alla sentenza di morte della Direzione strategica delle Brigate Rosse.
Se le trattative segrete rievocate in questo articolo si fossero infatti concluse felicemente, senza i misteriosi potenti interventi esterni che le interruppero bruscamente, si sarebbe potuto avverare il sogno finale della sensibile brigatista Chiara: Aldo Moro esce da solo dalla sua prigione e si incammina di notte per le strade di Roma…
Secondo queste testimonianze si sarebbero intavolate ben tre trattative per salvare la vita dell’ostaggio: quella dei Servizi segreti in contatto con il presidente jugoslavo Tito (1892-1980) e i palestinesi marxisti-leninisti del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (FPLP), quella di papa Paolo VI, amico personale di Moro, autorizzata dal presidente del Consiglio Giulio Andreotti (1919-2013), e quella coordinata dal presidente della Repubblica italiana Giovanni Leone (1908-2001) e dal presidente del Senato Amintore Fanfani (1908-1999).
Francesco Mazzola ha raccontato a Forlani che all’epoca della trattativa con la mediazione di Tito non sapeva nulla ma di averla appresa successivamente. Secondo l’esponente democristiano erano invece informati Andreotti e il ministro dell’Interno Francesco Cossiga (1928-2010).
Quest’ultimo ha però smentito in due occasioni: nell’ottobre 2008 nella trasmissione radiofonica di Rai Radio2 “La vita vissuta. Alle 8 della sera”, condotta da Corrado Guerzoni (1930-2011), ex portavoce di Moro, e nel suo libro di memorie del 2009 “La versione di K. Sessant’anni di controstoria” (Rai Eri-Rizzoli): “Sulle trattative, però, confesso che deve esserci stato un capitolo della storia a me ignoto, perché sembra che, parallelamente all’azione di governo, organi dello Stato abbiano agito autonomamente, trattando senza informare né il presidente del Consiglio né me per ottenere lo scambio con terroristi della RAF (Rote Armee Fraktion, gruppo terroristico tedesco-occidentale di estrema sinistra, fondato nel 1970 dalla famosa giornalista Ulrike Marie Meinhof (1936-1976), da Andreas Baader (1943-1977), Gudrun Ensslin (1940-1977), Jan-Carl Raspe (1944-1977) e dall’avvocato Horst Mahler (1936, oggi neonazista), indicata dai media come “Banda Baader-Meinhof”, era stata addestrata alle armi in Giordania dall’OLP e si è sciolta ufficialmente solo nel 1998, ndA).
Per la posizione di Andreotti sappiamo che nel suo Diari 1976-1979 (Rizzoli, 1981), nel giorno 30 aprile 1978, scrive che la persona che ha inviato presso Tito (ovvero Eugenio Carbone, direttore generale del Ministero dell’Industria, iscritto alla Loggia massonica P2 di Licio Gelli, conosceva Tito per aver partecipato ai negoziati per i confini con la Jugoslavia conclusi con la firma nel 1975 del trattato di Osimo, presidente del Consiglio Moro, ndA) era tornata da Belgrado con buone notizie perché il Maresciallo si era fatto garante per un suo intervento presso il presidente cubano Fidel Castro (1926-2016) e il libico Gheddafi (1942-2011). Ad interessare Tito per una mediazione fu anche Sereno Freato (1928-2013), capo della segreteria di Aldo Moro, che si recò a Belgrado con l’aereo privato messogli a disposizione dall’imprenditore milanese Silvio Berlusconi (1936, iscritto alla Loggia massonica P2).
La fonte principale di Forlani è così l’ammiraglio Fulvio Martini (1923-2003) vicecapo del SISMI (Servizio segreto militare) che accennò all’operazione da lui condotta alla Commissione parlamentare stragi nell’ottobre 1999 e più diffusamente al giornalista investigativo dell’ANSA Paolo Cucchiarelli (1956).
Martini gli raccontò di essere partito il 9 maggio 1978 all’alba in auto da Venezia e di essere arrivato in mattinata a Portorose, in Jugoslavia, oggi Slovenia. Qui venne avvicinato da un agente segreto jugoslavo che lo accompagnò dai quattro terroristi tedeschi della RAF, due donne e due uomini, arrestati a Belgrado e che avevano stretti rapporti con le Brigate Rosse: Brigitte Mohnhaupt (1949, all’epoca leader della RAF, era stata arrestata in Germania nel 1972 e scarcerata nel febbraio 1977), Sieglinde Hofmann (1945), Rolf Clemens Wagner (1944-2014) e Peter-Jurgen Boock (1951, nella RAF dal 1975 all’80, oggi giornalista ha raccontato la vicenda nel suo libro di memorie L’autunno tedesco. Schleyer-Mogadiscio-Stammheim, DeriveApprodi, Roma, 2003, ndA) (1).
Verso la metà di aprile i terroristi della RAF si trovavano a Milano per discutere del caso Moro (che quasi sicuramente avevano aiutato a rapire) con le BR ma correndo il serio rischio di essere arrestati erano riparati in Jugoslavia, pensando di essere al sicuro. Tito però aveva colto l’occasione al volo e li aveva fatti arrestare, in segreto, per usarli come pedine di scambio. Intanto all’aeroporto di Beirut il colonnello Stefano Giovannone (1921-1985), capocentro del SISMI in Libano, con alcuni guerriglieri palestinesi del FPLP, era pronto per andare a prelevarli in aereo per portarli prima a Beirut e poi ad Aden nel comunista Yemen del Sud, dove aveva una base operativa il noto terrorista internazionale “Carlos lo Sciacallo” (capo della fazione europea del FPLP e del commando che a Vienna nel dicembre 1975 sequestrò gli 11 ministri del petrolio dell’OPEC, in realtà un fallimento.
In seguito all’espulsione dal FPLP nel 1976 aveva fondato un proprio gruppo cosiddetto “SEPARAT”, finanziato da Siria, Libia, DDR e Unione Sovietica. La sua storia è raccontata nella documentata miniserie tv francese del 2010 in tre parti “Carlos. Il terrorista che ha fatto tremare il mondo” di Olivier Assayas con Edgar Ramirez, ndA). Membro del suo gruppo era il brigatista rosso Valerio Morucci, rapitore di Moro a via Fani, che, assieme alla compagna Adriana Faranda, tentò invano di non farlo assassinare. In cambio le BR lo avrebbero liberato in territorio neutrale (ovvero nella Città del Vaticano) e la Santa Sede, come testimoniato da padre Carlo Cremona, gli avrebbe pagato un riscatto esorbitante; si è parlato di cifre dai 10 ai 25 miliardi di lire: il fatto è stato ricostruito anche dai giornalisti vaticanisti Nina Fabrizio e Fausto Gasparroni nel loro saggio del 2013 Intrighi in Vaticano (Rizzoli – Bur).
Inoltre la Jugoslavia, leader dei Paesi non allineati, avrebbe riconosciuto politicamente le BR, il presidente italiano Leone firmato la grazia per il nappista Alberto Buonoconto (NAP, Nuclei armati proletari, organizzazione terroristica di estrema sinistra attiva dal 1974 al 1977 principalmente nell’Italia meridionale, ndA) e il presidente del Senato Fanfani annunciato alla Direzione della Democrazia Cristiana che la trattativa era da considerarsi legittima. Infatti la Jugoslavia e il Vaticano avevano il diritto di riconoscere e pagare un riscatto a chi volevano e il presidente Leone di concedere una grazia.
Scrive Forlani: “La mattina del 9 maggio il ministro dell’Interno Cossiga riceve un’inattesa telefonata da Berlino Est. Dall’altro capo del filo c’è nientemeno che il capo della Stasi (Servizi segreti della DDR, ndA) Markus “Misha” Wolf (1923-2006) che gli conferma che Moro sta per essere rilasciato”. Wolf era molto ben informato sulle operazioni dei gruppi terroristici. Nel suo libro di memorie “L’uomo senza volto” (Rizzoli, 1997) ha infatti così ammesso: “Alla fine degli anni Settanta il ministero della Sicurezza e il mio dipartimento (Hva) collaborarono con gruppi e singoli individui che giudicavano il terrorismo, in certe situazioni, un’efficace strumento di lotta politica, e si comportavano di conseguenza. Mi riferisco all’OLP; al sicario e terrorista Ilich Ramirez Sanchez meglio noto come Carlos lo Sciacallo; e al gruppo tedesco occidentale chiamato Rote Armee Fraktion (Frazione dell’Armata Rossa), o RAF, o ancora, dai cognomi dei fondatori, banda Baader-Meinhof”. Tuttavia nel primo pomeriggio l’ammiraglio Martini venne richiamato con urgenza a Roma perché era stato fatto ritrovare dalle Brigate Rosse il cadavere di Moro.