La musica dà sapore alla vita ed una vita senza musica cresce asfittica e priva di gusto.
Fatta questa premessa, anch’io ho goduto di questo bene di prima necessità, un gradino più sotto solo all’aria, all’acqua e all’amore.
Fin da piccolo ho ascoltato musica, più precisamente canzoni che sono la forma più popolare e spontanea che deriva dalla musica in senso più ampio.
Come tutti sono cresciuto a pane-e-sanremo, ma l’adolescenza mi ha portato ad ascoltare anche altri generi musicali, innanzi tutto i Beatles conosciuti grazie a mio fratello Sandro che, essendo andato a Roma per motivi di studio, mi aveva fatto scoprire questa musica d’oltremanica.
Da quella base, i Beatles, l’evoluzione è stata l’attenzione a una musica più moderna ed aggressiva in linea con i tempi – dagli anni ’70 ai ’90 – particolarmente ricchi e innovativi in campo musicale.
Così man mano ho scoperto e seguito i Pink Floyd, i Genesis, i Jethro Tull, i Led Zeppelin ed altri gruppi britannici dello stesso periodo, ma tra tutti un’attenzione particolare l’ho sempre dedicata agli Yes, forse meno conosciuti degli altri, ma non meno intriganti.
Una delle mitiche copertine di Roger Dean per i vinili degli Yes; questa per il loro settimo album Relayer (1974)
Questo rapido excursus sulla mia “evoluzione musicale” serve a situare i miei gusti in fatto di musica ed è ovvio che quando si cresce, si cerca anche di condividere il piacere che la musica dà all’ascolto con la persona con cui vivi.
Così, con i migliori propositi, ho provato ad “elevare” la mia ragazza dell’epoca, che poi è diventata mia moglie, a questo “progressive rock”.
Oh! Non ci crederete, ma i risultati sono stati pessimi e controproducenti, tanto che se ora voglio ancora ascoltare la mia musica sono costretto a farlo con le cuffie o gli auricolari. Lei definisce la musica che ascolto un’accozzaglia di rumori molesti.
Con questa disparità di gusti musicali, quando ascoltiamo musica allo stesso tempo, io faccio ricorso ai suddetti accessori che mi isolano dalla musica che ascolta lei, che è più tradizionale e popolare.
È stato proprio in una di queste occasioni che, togliendo le cuffie, mi è capitato di sentire la musica che stava ascoltando lei e mi era familiare, la conoscevo, solo era in francese (come mia moglie, n.d.a.).
– Ma questa non è “Attenti al gorilla” di Fabrizio De Andrè? – le chiesi.
Lei si fece una risata e disse che la canzone che stava ascoltando era di Georges Brassens (1921-1981 – ndr), che questo cantautore francese era sicuramente precedente a De André e che le ricordava suo padre che cantava sempre le canzoni di Brassens.
Dovetti fare ammenda ed ammettere che aveva ragione.
Poi, una ricerca su internet mi chiarì che Fabrizio De André (1940-1999) – ndr) tradusse e cantò in italiano diverse canzoni di Brassens, la cui musica ispirò la prima parte della sua produzione musicale.
De Andrè oltre a “Il Gorilla” (Le Gorille) tradusse e cantò anche “Morire per delle idee” (Mourir pour des idées), “Marcia nuziale” (Marche nuptiale) e “Nell’acqua della chiara fontana” (Dans l’eau de la claire fontaine).
Le Gorille – Canzone di George Brassens del 1952 in seguito tradotta in italiano e portata al successo da Fabrizio De André.Nella versione originale:
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E qui nell’interpretazione di Fabrizio De André (anche autore della traduzione). Registrazione live amatoriale de Il gorilla del 14-20/12/92 presso il teatro Smeraldo a Milano
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