a cura della Redazione
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Oggi, 8 marzo, la Giornata della Donna è occasione di riflessione sulle condizioni in cui vivono le donne all’inizio del terzo millennio. Le conquiste del secolo scorso traballano sotto i colpi delle crisi economiche e, oggi, anche pandemiche, mentre la mentalità – un parametro di lentissima trasformazione – sembra sempre inchiodata alla tradizionale visione maschilista.
E’ vero, quest’anno abbiamo visto sfilare gli uomini con le scarpe rosse contro i femminicidi e questo ci dice che è in aumento il numero degli uomini consapevoli del fatto che la differenza di genere non significa sopraffazione di un genere sull’altro e che la donna è una persona. Ma la strada è lunga ed impervia, e lungo questa strada ci sono ancora molte donne, troppe, che sottovalutando comportamenti quotidiani e atteggiamenti veicolati dai mass media, avallano l’immagine della donna che vive a ruota dell’uomo.
Per oggi abbiamo scelto una poesia di cui non conosciamo l’autore. Qualcuno dice che sia addirittura di William Shakespeare, ma, considerata la sua misoginia, sembra poco probabile. Da dove l’abbiamo tratta, allora? Dallo spettacolo “Chisciotte” di William Jean Bertozzo, un adattamento del “Don Chisciotte della Mancia” di Miguel Cervantes.
Non ci interessa tanto sapere chi l’abbia scritta. Ci è piaciuta, ci piace e la vogliamo condividere con voi in questa giornata.
In piedi, Signori, davanti a una Donna
Per tutte le violenze consumate su di lei
per tutte le umiliazioni che ha subito
per il suo corpo che avete sfruttato
per la sua intelligenza che avete calpestato
per l’ignoranza in cui l’avete lasciata
per la libertà che le avete negato
per la bocca che le avete tappato
per le ali che le avete tagliato
per tutto questo
in piedi, Signori, davanti a una Donna.
E non bastasse questo
inchinatevi ogni volta
che vi guarda l’anima
perché Lei la sa vedere
perché Lei sa farla cantare.
In piedi, Signori,
ogni volta che vi accarezza una mano
ogni volta che vi asciuga le lacrime
come foste i suoi figli
e quando vi aspetta
anche se Lei vorrebbe correre.
In piedi, sempre in piedi, miei Signori
quando entra nella stanza
e suona l’amore
e quando vi nasconde il dolore
e la solitudine
e il bisogno terribile di essere amata.
Non provate ad allungare la vostra mano
per aiutarla
quando Lei crolla
sotto il peso del mondo.
Non ha bisogno
della vostra compassione.
Ha bisogno che voi
vi sediate in terra vicino a Lei
e che aspettiate
che il cuore calmi il battito,
che la paura scompaia,
che tutto il mondo riprenda a girare
tranquillo
e sarà sempre Lei ad alzarsi per prima
e a darvi la mano per tirarvi su
in modo da avvicinarvi al cielo
in quel cielo alto dove la sua anima vive
e da dove, Signori,
non la strapperete mai.
Luisa Guarino
8 Marzo 2021 at 18:50
Forse è normale che nella poesia e nella scrittura in genere parole ed espressioni tornino, seppure distanti nel tempo e nello spazio. Mi aveva colpito giorni fa nella canzone che Ermal Meta ha presentato al festival di Sanremo, “Un milione di cose da dirti” la frase “… E’ la mia mano che stringi, niente paura / E se non riesco ad alzarti starò con te per terra… “. Oggi in questa poesia che potrebbe essere di Shakespeare o forse no, leggo: “… Ha bisogno che voi vi sediate in terra vicino a Lei e che aspettiate che il cuore calmi il battito,… “.