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Romolo Gessi, il Garibaldi d’Africa (1)

di Fabio Lambertucci

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Quelli che nelle loro letture giovanili hanno conosciuto i libri di Emilio Salgari e sognato con le avventure di Sandokan, i suoi tigrotti di Mompracem e la Perla di Labuan, sappiano che, pur con una diversa ambientazione – l’Africa nera invece dell’Oriente misterioso – un personaggio del genere è realmente esistito, era italiano e si chiamava Romolo Gessi. È la storia in due puntate presentata da Fabio Lambertucci.
S. R.

Malala Andrialavidrazana (Madagascar 1971), Figures 1850, Various Empires, Kingdoms, States and Republics – Progetto PAC – Africa. Raccontare un mondo, nuova tappa del percorso di esplorazione del pianeta attraverso l’arte

La storia dimenticata di Romolo Gessi (1831-1881), braccio destro del leggendario generale inglese Gordon pascià.
Soldato, esploratore, pascià di una provincia del Sudan. A fianco di Gordon combatté contro i negrieri e liberò 100.000 schiavi.

La Gran Bretagna ha il generale Gordon pascià (1844-1885), l’Italia Gessi pascià, il suo numero due in Sudan. Mentre però Charles George Gordon spicca nell’Olimpo degli eroi britannici e fu un vero e proprio mito nel fulgore kiplinghiano dell’espansionismo coloniale (1),(2), in Italia di Romolo Gessi, esploratore, governatore e guerriero anti-schiavista, si sa in generale poco o niente.

Statua di Gordon pascià all’Accademia militare di New Brompton (Regno Unito) del 1895

Personalmente sentii per la prima volta il suo nomea causa della via a lui intitolata nel rione Testaccio a Roma e ho avuto poi la fortuna di leggere, tre anni fa, su consiglio di mio padre Lamberto, il suo libro di memorie ripubblicato nel 2018 dalla casa editrice Greco & Greco di Milano Sette anni nel Sudan egiziano. Memorie (a cura di N. Milazzo, pp. 403) (5), principale fonte per questo articolo.

Gordon nel 1966 è entrato nella storia del cinema grazie al film inglese Khartoum di Basil Dearden (1911-1971): mezzo mondo lo ha visto, interpretato dallo statunitense Charlton Heston (1923-2008), morire crivellato dalle lance dei dervisci del sedicente Madhi (1844-1885), il grande attore inglese Laurence Olivier (1907-1989), sullo scalone del palazzo del governo a Khartum.

Gessi pascià ha più modestamente avuto la sua celebrazione nella biografia Vita di Romolo Gessi (Ispi, 1939) scritta dallo storico dell’Africa coloniale Carlo Zaghi (1910-2004); gli sono state intitolate numerose vie e viali di città italiane e un monte del massiccio del Ruwenzori, oggi tra il confine dell’Uganda e la Repubblica democratica del Congo.


Eppure anche la sua eccezionale vita avrebbe meritato un film tipo Aguirre, furore di Dio (1972), Fitzcarraldo (1982) o Cobra Verde (1987), ispirato al romanzo Il viceré di Ouidah di Bruce Chatwin, incentrato sulla tratta degli schiavi, tutte opere del grande regista tedesco Werner Herzog (1942). 

Romolo Gessi pascià
Chi era dunque questo romantico avventuriero dell’Ottocento? Come poté un italiano sconosciuto diventare il braccio destro di Gordon?

Il padre di Gessi, Marco, nato a Ravenna nel 1785, laureato in legge a Bologna, nel 1818 scappò a Londra perché compromesso con i carbonari. Qui divenne amico del figlio di Lord Charles Canning (1812-1862), ambasciatore in Turchia.
Marco Gessi, ormai suddito inglese, andò a Istanbul come legale dell’ambasciata di Londra. Sposò la figlia del capo corriere dell’ambasciata francese, di origine armena. Si trasferì a Bucarest, principato rumeno della Turchia, come vice console inglese, poi rientrò a Istanbul come console ed ebbe tre figli: Ersilia, Romolo e Giovanni, che educò all’amore per l’Italia. Nel 1830 andò in licenza a Ravenna con la moglie incinta: voleva che un figlio nascesse in Italia.
Romolo nacque in mare, al ritorno, nel tratto Ravenna-Malta, il 30 aprile 1831 e fu battezzato a Istanbul come suddito britannico. Grazie ai buoni uffici di Lord Canning il piccolo Romolo venne subito spedito, a spese del governo inglese, all’Accademia militare austriaca di Wiener-Neustadt e, in seguito, alla scuola prussiana di guerra di Holle.

Se fosse stato di sangue inglese lo avrebbero mandato in una loro scuola militare. Fu comunque un bene per il ragazzo: alla scuola degli Junker (aristocratici terrieri prussiani) si temprò, acquisì una vasta cultura e imparò il tedesco. Parlava già l’italiano, l’inglese, il francese, il turco e l’armeno appresi dalla madre, più il romeno appreso a Bucarest. Per conto suo aveva studiato il russo e greco moderno. In seguito nel Sudan con il generale Gordon imparerà un po’ di arabo.

Le lingue gli servirono nel 1855 nella guerra di Crimea (a), che combatté come ufficiale interprete di Stato maggiore. Si batté ad Alma, Balaclava (b), Inkermann e Sebastopoli dove venne colpito al petto.
Gessi, che aveva 23 anni, all’ospedale da campo, fece amicizia con un giovanotto inglese anch’egli ferito a Sebastopoli, un sottotenente ventunenne dei Royal Engineers appena uscito dall’Accademia di Woolwich nel Kent: si chiamava Charles George Gordon. Fu così che i due intrecciarono i loro destini.

Charles George Gordon pascià
Erano diversi ma molto simili: alto, roseo e biondo l’inglese; olivastro e moro l’italiano; entrambi irrequieti, avventurosi, avidi di sapere, smaniosi di viaggiare, vedere nuovi Paesi e nuove genti. Si lasciarono. Gordon partì per effettuare rilevazioni cartografiche in Turchia, Romania ed Armenia. Gessi andò a insabbiarsi a Sulinà sul Mar Nero, come perito del Lloyd Register, alla barra fluviale nel delta del Danubio.

Nel 1858 echeggiarono nei porti del Mar Nero voci di guerra dal Piemonte. Il suddito inglese Gessi sentì il richiamo della patria che non aveva mai visto e piombò a Venezia.
Raggiunse in Piemonte Giuseppe Garibaldi (1807-1882) e si arruolò nei Cacciatori delle Alpi e combatté in Trentino contro gli austriaci. Dopo l’annessione dell’Italia centrale al Regno di Sardegna (dal 1861 Regno d’Italia), vide finalmente Ravenna, la città di suo padre, dove chiese ed ottenne la cittadinanza italiana.
Rientrato nella routine di Sulinà sposò una violinista, Maria Purkart, che gli darà sette figli. Dopo cinque anni lasciò il Lloyd Register e si trasferì a Tulcea, la “porta del Danubio”, dove impiantò un mulino e una segheria. Non era però nato per fare l’imprenditore e ben presto svendette l’azienda.

Nel 1871 rivide Gordon, vice console generale inglese a Galati, membro della commissione del Danubio. Il colonnello inglese era già celebre: aveva represso in Cina la rivolta dei Taiping (“adoratori di Dio”, una sorta di proto-comunisti che si erano rivoltati contro il governo corrotto degli imperatori Qing-Manciù tra il 1851 e il 1864), nel 1864 aveva disegnato ed eretto le fortificazioni del Tamigi.
I due tornarono amici per la pelle. Pochi anni dopo le loro vite cominciarono a marciare sullo stesso binario.

Ismail pascià (1830-1895). Mentre era al potere dette un grande impulso alla modernizzazione dell’Egitto e del Sudan, indebitando però drammaticamente il Paese. La sua filosofia può essere racchiusa in una dichiarazione che egli rese nel 1879: “Il mio Paese non è più in Africa; noi siamo ora parte dell’Europa”

Nel 1873 infatti Gordon ricevette da Ismail pascià, Khedivé (viceré) d’Egitto per conto di Istanbul, l’offerta di sostituire sir Samuel Baker, ufficiale ed esploratore inglese, nel governo delle province equatoriali del Sudan.
Propose all’amico italiano di seguirlo. Gessi aveva 43 anni, una famiglia numerosa e qualche debito. Che fare? Accettò la proposta di Gordon, baciò moglie e figli e salpò alla volta del Cairo. Era il novembre 1873.
Ismail pascià, colto, sensibile, “europeo”, era allora nella fase del massimo splendore e della estrema dissipazione finanziaria della sua reggenza, protesa a fare dell’Egitto medievale un paese europeo.
Il progetto di Ismail, ambizioso sognatore, era di sottrarre l’Egitto dalla dipendenza politica ottomana.
Voleva perciò strade, ferrovie, porti, scuole e un’efficiente amministrazione pubblica. Accorsero al Cairo dall’Europa ufficiali, scienziati, tecnici, commercianti, avventurieri e faccendieri.

Al Cairo e in provincia gli uomini capaci erano pochi e gli incapaci e i corrotti una moltitudine. I funzionari sparsi in un territorio enorme e ingovernabile taglieggiavano, estorcevano imposte ai fellah (contadini) egiziani e alle tribù, trafficavano con i mercanti di schiavi e di avorio.
Khartum, sorta nel 1822 sulla riva sinistra del Nilo Azzurro era l’emporio principale degli schiavi del centro-est Africa. Una specie di città con poco più di 30.000 abitanti e un’accozzaglia di etnie: arabi, indiani, turchi, nubiani e qualche decina di desperados bianchi (greci, italiani, maltesi, francesi e inglesi).

 

Tutta l’Africa centrale era, a quel tempo, un grande serbatoio di carne umana per tutto l’Oriente musulmano affamato di servitù, donne per gli harem, eunuchi, contadini e soldati. I mercanti di schiavi e di avorio detti gelabba (turchi, arabi ed europei), organizzati con centinaia di mercenari controllati da capoccia detti in turco vekil, e tante fattorie fortificate dette zeribe, facevano affluire 50.000 neri all’anno verso Khartum, Suakin, Zanzibar, e poi verso Gedda, Istanbul, Tripoli, Bengasi, il Cairo e Alessandria. Per un nero che arrivava a destinazione sano, 20 morivano di malattie e di stenti.

I giornali inglesi scrivevano che la schiavitù era una istituzione musulmana. Non era vero. C’era da millenni. In Egitto, chiunque potesse permetterselo possedeva schiavi e molti guadagnavano indirettamente dal grande affare della carne nera.
Missionari italiani, viaggiatori inglesi e intellettuali francesi ogni tanto scrivevano che era ora di farla finita, che l’orrendo traffico doveva cessare. Allora il Khedivé fingeva di intervenire, oppure organizzava qualche spedizione punitiva ma chi doveva eseguire faceva poco o niente.

Statua di Gordon davanti al Ministero della Difesa a Londra

Il 6 febbraio del 1874 il generale Gordon arrivò al Cairo, dove ricevette la nomina a governatore delle province equatoriali. Gessi, con il grado di maggiore, si dette a organizzare la spedizione verso il Sudan (via Alessandria, Suez, Gedda e Suakin per mare, poi fino a Berber in carovana e sul Nilo fino a Khartum), collaborando con il luogotenente di Gordon, il colonnello Charles Chaillé-Long (1842-1917), franco-americano, capo di Stato maggiore dell’esercito egiziano.
L’italiano si accorse subito che Gordon, uomo di qualità superiori, fisico e tempra eccezionali, entusiasta, idealista, religioso, non godeva della simpatia e dell’appoggio di nessuno se non del Khedivé, peraltro inaccessibile e in balia di dignitari e ufficiali arabi e turchi, tutti corrotti e coinvolti (a cominciare da Eyùb pascià, governatore di Khartum) nel traffico di avorio e di carne umana e chiaramente anti-europei.
Anche tra i potenti inglesi Gordon non godeva di stima. Scrive lo storico britannico Niall Ferguson nel suo saggio del 2007 Impero. Come la Gran Bretagna ha fatto il mondo moderno (Mondadori) (4): “Gordon era sempre stato considerato dall’establishment politico inglese come un mezzo matto, e non senza ragione”.
Sincero amico e ammiratore di Gordon, Gessi raddoppiò quindi il suo impegno, al Cairo, a Khartum e in tutti i luoghi nei quali il generale lo comandò per fare ricognizioni del territorio, per impiantare stazioni fluviali e riorganizzare presidi militari.

Partivano nel giugno 1874 con una ventina di soldati e viveri per sei mesi, sul vapore Sophia, Gessi scese il Nilo e il Sobat, ebbe il primo impatto con l’Africa nera: nugoli di zanzare voracissime, ippopotami, coccodrilli, leoni, le tribù ribelli degli Scilluk e infine, dopo il Nilo Bianco, il Bahr al-Ghazal (“Fiume delle gazzelle”, affluente sinistro del Nilo, è lungo km 716), un enorme reticolo di acqua e isole di papiro galleggianti, di paludi malsane e territori vergini.
Poi vide gli orrori della tratta: a Meshra el-Rek, mercato fluviale del traffico di schiavi, vide centinaia di cadaveri, neri morti per malattia abbandonati agli sciacalli e agli avvoltoi. Vide vendere una ragazza di 12 anni per due pezzi di tela, un po’ di tabacco e un gallone di acquavite, barattare un ragazzo per una vacca e due neonati per un paniere di dura (o sorgo).

Nel dicembre 1874 Gordon lo richiamò per rimandarlo a Khartum come suo uomo di fiducia… (continua)

 

Note
a) –
La guerra di Crimea fu un conflitto combattuto dal 4 ottobre 1853 al 1º febbraio 1856 fra l’Impero russo da un lato e un’alleanza composta da Impero ottomano, Francia, Gran Bretagna e Regno di Sardegna (e Piemonte) dall’altro. Il conflitto ebbe origine da una disputa fra Russia e Francia sul controllo dei luoghi santi della cristianità in territorio ottomano. Quando la Turchia accettò le proposte francesi, la Russia nel luglio 1853 la attaccò. La presenza piemontese fu imposta da Cavour per partecipare a fianco dei Grandi per il suo progetto – ancora da compiere – di un’Italia unita.
b) – La battaglia di Balaklava, combattuta il 25 ottobre 1854, fu un episodio della guerra di Crimea. Fu il primo dei due tentativi della Russia di rompere l’assedio di Sebastopoli, attaccando il campo britannico di Balaklava, importante base di rifornimento. All’episodio bellico – portato a esempio sia dell’insensatezza dei comandi militari che dell’eroismo dei soldati britannici – sono stati dedicati due film: La carica dei seicento, del 1936, diretto da Michael Curtiz e interpretato da Errol Flynn e Olivia de Havilland e il remake The Charge of the Light Brigade, tradotto in I seicento di Balaklava, diretto da Tony Richardson e interpretato da David Hemmings, del 1968.

Fonti
(1) Giuliano Dal Fre’, Charles George Gordon. Dalla Scozia a Khartoum, in Focus Storia n° 120 – Ottobre 2016, Mondadori Scienza, Milano, pp. 102-106.
(2) Mario Lombardo, Gordon di Khartoum. L’ultimo eroe vittoriano, in Storia Illustrata n° 254 – Gennaio 1979, A. Mondadori editore, Milano, pp. 106-113.
(3) Niall Ferguson, Impero. Come la Gran Bretagna ha fatto il mondo moderno, Mondadori, Milano, 2007, pp. 222-224.
(4) Romolo Gessi, (a cura di N. Milazzo), Sette anni nel Sudan egiziano. Memorie (1930), Riediz. Greco e Greco, Milano, 2018.

 

[Romolo Gessi, il Garibaldi d’Africa (1) – Continua]

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