segnalato da Sandro Vitiello
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L’inserto di Repubblica Green & Blue nei giorni scorsi ha pubblicato un importante servizio dall’isola di Salina, in Sicilia.
Questo luogo è diventato protagonista di una sperimentazione che negli anni a venire, se i progetti in campo avranno modo di realizzarsi, potrà essere un modello di riferimento per realtà simili a quella di cui parliamo; ma non solo.
E’ un dato di fatto che la pressione dell’uomo sull’ambiente è arrivata a livelli ormai pericolosi per la nostra stessa sopravvivenza. Bisogna in tutti i modi possibili sperimentare nuove forme di convivenza tra noi e il pianeta che ci ospita.
Le emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera, la produzione eccessiva e la mancata raccolta differenziata di rifiuti che sempre più interferiscono negativamente con le altre specie viventi, l’eccessiva cementificazione e conseguente deforestazione sono tutte ferite, potenzialmente letali, contro la casa in cui viviamo.
I governi della terra hanno capito l’importanza del problema e si stanno muovendo per invertire una pericolosa china. Comunque non si fa ancora abbastanza anche se l’approvvigionamento dell’energia da fonti rinnovabili è sempre maggiore, le auto elettriche tra un po’ di anni soppianteranno quelle a benzina o diesel, l’uso dei contenitori non riciclabili è fortemente biasimato e soprattutto i giovani mostrano maggiore attenzione . Allo stesso tempo si cerca di regolamentare lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali.
A Salina stanno provando a farsi carico di un progetto molto ambizioso. Quanti hanno a cuore il destino del nostro pianeta, del nostro futuro, dovrebbero guardare con interesse a queste iniziative. Luoghi fragili come le piccole isole, che vivono di turismo, hanno bisogno di progetti come questo.
Ne va del loro futuro e di quello di tutti.
A seguire lo scritto di Daniele Di Stefano pubblicato nel supplemento “Green e Blue” di Repubblica del 3 dicembre 2020.
Capperi, che pannelli. Salina lascia il gasolio
di Daniele di Stefano
L’isola del film “Il Postino” di Neruda è stata selezionata come territorio Ue per la transizione energetica delle isole minori: grazie al fotovoltaico.
Il mare, i capperi, la malvasia, i luoghi dei film “Il postino” e “Caro diario”, il patrimonio dell’umanità Unesco ma anche il ruolo di modello europeo per la transizione energetica delle isole minori. Nel curriculum di Salina la sfida per l’energia pulita è la referenza meno nota.
Eppure l’isola sì è fatta notare dall’Europa, che l’ha selezionata – tra oltre 2200 – come una delle prime sei ‘isole pilota’ per la transizione energetica (seguita dalle altre italiane ‘isole pioniere’ Favignana e Pantelleria).
Questi territori (per certi versi marginali, perché insulari, per altri centrali perché meta di importanti flussi turistici) hanno equilibri ambientali delicati, messi a rischio dalla crisi climatica. Possono essere per questo una sorta di laboratorio.
La scelta di Salina come ”isola pilota è legata alla sua visibilità ma soprattutto al fatto che l’Europa «ha trovato qui un contesto attivo», spiega Francesco Cappello dell’Enea: «Prima fra le isole italiane, ha iniziato nel 2013 un percorso verso l’energia pulita con la firma del Patto delle isole. I tre comuni hanno redatto i bilanci di energia ed emissioni ed elaborato Piani d’azione per l’energia sostenibile».
Dietro alla candidatura di Salina c’è un partenariato guidato dall’Enea; ne fanno parte i comuni (Malfa, Santa Marina di Salina e Leni), la Regione Sicilia, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, l’associazione Marevivo e quella degli albergatori locali.
«Il nostro bene primario sono l’ambiente e il territorio – racconta il presidente Giuseppe Siracusano – che hanno un grande valore anche in termini turistici»).
Sull’isola abitano circa 2.500 persone, ma l’estate fa schizzare le presenze a 12.500. E con le presenze schizzano anche i consumi energetici: da un picco invernale di 1100 kW ai 3800 estivi. Dal continente non arrivano né gasdotti né cavi sottomarini per l’elettricità: transizione energetica qui significa altro rispetto alla terraferma, energia qui vuoi dire petrolio. L’elettricità la producono due centrali Enel a gasolio. Una retta importante dei consumi è legata all’edilizia (oltre 26 mila MWh, il 25% del totale), in gran parte dovuti ai boiler elettrici. Scooter e veicoli sono per la grande maggioranza a benzina e gasolio. l trasporti da e per l’isola, a bordo dì navi a gasolio, sono però la voce più ingombrante (61 mila MW il, il 60% circa dei consumi totali): acqua, rifiuti, lo stesso gasolio, qui tutto arriva o parte per nave.
L’agenda per la transizione energetica presentata da Salina ha obiettivi ambiziosi, soprattutto se consideriamo che tutto va fatto nel pieno rispetto di un territorio che è patrimonio Unesco. Tra i target per il 2025 c’è il passaggio parziale delle centrali Enel a biocombustibile, quello del trasporto pubblico a mezzi ibridi o full electric, l’installazione di 580 kW di fotovoltaico e 570 m2 di solare termico e l’approfondimento delle potenzialità del geotermico. Al 2050 si prevede di arrivare al 50% dell’elettricità prodotta da rinnovabili, al 50% della mobilità privata elettrica o ibrida, alla sperimentazione di sistemi di accumulo di acqua piovana e dissalazione dell’acqua dì mare.
Il cammino è già avviato: gli alberghi hanno messo a disposizione dei turisti bici, scooter e quadricicli elettrici; i comuni si sono dichiarati plastic free; si discute già di area marina protetta e di sperimentazione di comunità energetiche. Ma l’aspetto forse più rilevante è l’installazione di un altro impianto fotovoltaico da 9,6 kW sul tetto di un hotel (il Principe di Salina): perché, benché minimale all’apparenza, è finalmente un precedente replicabile sull’isola e su altri territori ‘sensibili’ come Salina, ed è un passo importante, insieme agli impianti di accumulo in fase di progettazione, verso l’autosufficienza energetica.
Le perplessità della Soprintendenza sono state superate dalla qualità del progetto: 144 celle mono-cristalline ad alta efficienza, impianto complanare rispetto alla superficie del tetto, invisibile da terra e perfettamente integrato nell’architettura locale. E dalla solida premessa normativa che lo ha accompagnato. Entrambi messi a punto da un architetto locale, Gianluca Proto, che non a caso è l’animatore del locale gruppo di acquisto solare (progetto ERIC).