Segnalato da Sandro Russo
.
Non si può dire che quando una cosa mi colpisce non faccia di tutto per parteciparla, propagandarla, insistere, anche a rischio – qualcuno dice – di essere ripetitivo.
Di John Lennon ho apprezzato le proposte musicali, esistenziali e “politiche”… Da sempre. Tanto più oggi che sono quarant’anni che è morto, di una morte assurda, incredibile.
Lo propongo al ricordo ancora una volta, con le parole che gli dedica Ernesto Assante, critico musicale di Repubblica, che inizia il suo articolo con una citazione del film Yesterday, che anche sul sito abbiamo proposto, in una recente “Canzone per la domenica“.
Yesterday movie – John Lennon (Robert Carlyle) inspires Jack (Himesh Patel) to take action with his love and lies (…fare attenzione al nome della barca capovolta!)
.
John Lennon, 40 anni fa l’addio. I “disegni animati” per ricordare l’ultimo giorno
di Ernesto Assante
L’8 dicembre del 1980 veniva assassinato uno degli artisti più importanti del secolo scorso
Da sito: larepubblicaonline
Il momento essenziale di Yesterday, il film di Danny Boyle in cui si dipinge un mondo alternativo in cui i Beatles non sono mai esistiti, quello in cui l’intera vicenda ha una svolta, è quando il protagonista va a incontrare il signor John Lennon. John è vecchio, ha 78 anni, non è mai stato uno dei Beatles, non è morto sotto i colpi di pistola di Mark Chapman, non ha sposato Yoko e non ha scritto canzoni. Ma è Lennon, con i suoi pensieri, i suoi ideali, i suoi sogni, gli stessi che ha avuto nella sua breve, vera, vita, quarant’anni incredibili che lo hanno portato sulla cima del mondo.
Ed è bello immaginare che nel 2020, avremmo potuto davvero festeggiare il suo ottantesimo compleanno, avremmo potuto cantare Imagine per fargli gli auguri, o magari qualche altra memorabile canzone che avrebbe certamente scritto negli anni seguenti, se non fosse morto, esattamente quaranta anni fa, ucciso sotto la sua casa, il Dakota Building di New York, da un pazzo che voleva soltanto diventare famoso.
John Lennon è stato uno degli artisti più importanti del secolo scorso, la sua storia personale e artistica ha segnato in maniera indelebile la cultura del Novecento, anzi l’ha cambiata, l’ha spostata, ha contribuito in maniera determinante a portare sul proscenio del mondo non solo una generazione nata e cresciuta mentre la Seconda Guerra Mondiale finiva ma un interno universo, quello dei giovani, che con lui e con i Beatles avevano trovato una voce. Era nato a Liverpool, piena provincia britannica, città portuale, povera, in una notte dell’ottobre del 1940, mentre gli aerei della Luftwaffe bombardavano la città. Ed era cresciuto senza un padre, e dopo pochi anni anche senza la madre Julia, morta in un incidente stradale, sotto l’ala protettiva della zia Mimì.
Si era appassionato al rock’n’roll, come tanti della sua generazione, aveva messo su una band scolastica, i Quarrymen, e un giorno, come nelle migliori favole, aveva incontrato un ragazzo di nome Paul McCartney, dando inizio ad un’amicizia, a una collaborazione, a un piccolo miracolo creativo, che accese il più grande fenomeno musicale della nostra epoca, i Beatles.
Con Paul scrive cose bellissime importanti, con i Beatles mette in luce tutta la sua capacità di coniugare la qualità, innovazione e successo, in sette anni la band rivoluziona la musica e la cultura popolare occidentale. Quando i Beatles si sciolgono, a McCartney servirà del tempo per tornare ad essere leggenda, lui invece ci metterà qualche settimana, perché nel frattempo aveva trovato Yoko Ono, la sua metà mancante, che lo aiuta a trovare se stesso, a mettere a fuoco le sue tensioni artistiche, personali, politiche, creative, trasformando la sua vita, realizzando album e canzoni di assoluta bellezza.
Lennon si trasforma, non è più una popstar ma un’opera d’arte vivente e al tempo stesso un manifesto politico in carne e ossa, tutto è fuso in un unico insieme dove l’amore per Yoko, la forza rivoluzionaria, la poesia e la musica sono indissolubili l’una dall’altra. E lo fa mettendosi costantemente in discussione, facendo ogni scelta in pubblico, raccontando sempre la verità, anche quando sbaglia, anche quando si contraddice, senza maschere o finzioni, con tutti i suoi problemi, quelli con la droga, quelli con i figli, quelli con Yoko, fino ad essere il più nudo re del mondo del rock, almeno fino al 1975, anno in cui si ritira dalle scene, per essere soltanto John, soltanto un marito, un padre, un uomo. Ne uscirà nel 1980, dopo cinque anni in cui vive, si ricostruisce, fa pace con se stesso e anche in parte con Paul, ma soprattutto fa pace con la musica, dopo averla letteralmente abbandonata senza toccare mai nemmeno una chitarra. La rinascita, con Double fantasy, dura poco, pochissimo, perché Mark Chapman arriva spazzare via tutto, con i colpi di pistola che gli spara a bruciapelo, sotto casa, davanti agli occhi di Yoko. Una morte assurda, incredibile, insensata.
Ci sono tante ragioni per continuare ad amare Lennon e ce n’è una in particolare per tenere viva la sua memoria. Più passa il tempo e più siamo convinti che la cosa più importante che Lennon e Yoko Ono abbiano fatto, con la loro musica, con le loro azioni, con la loro arte, sia stata quella di essere agenti attivi della pace, mestiere sovversivo in un mondo dominato da conflitti e guerre. E che come loro anche noi, ognuno a suo modo, nel suo piccolo, per quello che può, dovrebbe essere impegnato nell’unica missione che ha senso in questa vita: rendere il mondo migliore di quello che è. Anche per poco, anche con un gesto piccolo, anche soltanto immaginando un mondo migliore. È quello che Lennon canta in Imagine, capolavoro assoluto dell’intera sua storia, che una musica semplice, circolare, perfetta, e un testo che racchiude, con estrema semplicità, quello che è il sogno di un mondo che vive in pace. Non un mondo “migliore”, perché per migliorare il mondo in cui oggi viviamo basterebbe molto meno di quello che Lennon canta utopicamente nella canzone, ma un mondo in cui ogni cosa che può creare tensioni, non è scomparsa ma, semplicemente, non esiste. “If you wanna be a hero, well just follow me”, cantava in Working Class Hero. Qualche volta varrebbe ancora la pena provarci.
Di Ernesto Assante da la Repubblica dell’8 dicembre 2020