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Per un’etica della politica. L’insegnamento di Pepe Mujica

di Sandro Vitiello

 

Tra i tanti messaggi che arrivano ogni giorno sul telefonino stamattina c’era la consueta rassegna stampa di Radio Popolare.

Il primo scritto era dedicato a Pepe Mujica, ex presidente dell’Uruguay, diventato una figura iconica per quanti credono nella lotta politica come strumento per cambiare il destino degli uomini.

Cosa può aver fatto di così importante un uomo di ottantacinque anni per meritarsi ancora l’interesse dell’opinione pubblica?

Uruguay’s president Jose Mujica on March 2014

Ha fatto la cosa più logica e naturale che ogni cittadino dovrebbe fare quando l’età biologica diventa un peso. Quando arriva la vecchiaia.
Pepe Mujica ha detto che smette di fare attività politica. Non è più in grado di assumersi impegni, di avere responsabilità.

E’ una scelta legittima fatta da un uomo ancora in grado di essere da esempio e di stupirci con riflessioni sulla vita di tutti noi e sul mondo che ci circonda.

Lui non smetterà di pensare, non smetterà di essere l’uomo che ci ha insegnato come si può essere fedele ai valori che si era dato in gioventù e che ha saputo maturare in una vita passata attraverso la guerriglia, attraverso la prigione più dura e anche attraverso la messa in discussione di se stesso e dei suoi compagni di lotta.

Di un film su di lui e i suoi due compagni di prigionia ha scritto Sandro Russo nel gennaio dello scorso anno: All’anteprima del film Una notte di 12 anni

E’ diventato il presidente dell’Uruguay e ha fatto anche scelte che oggi mettono al riparo la sua nazione dalla pandemia che sta facendo miglia di morti, soprattutto nei paesi vicini al suo.

Oggi Pepe Mujica ci dà un altro prezioso insegnamento.
Si può e ci si deve spogliare del potere che si detiene perché viene anche il momento di ritornare gente comune. Questo dovrebbe essere normale, fisiologico.
Eppure così non è.

Pepe Mujica con papa Bergoglio

Gran parte di quelli che scelgono di amministrare la cosa pubblica, a qualsiasi latitudine, in quasi tutte le nazioni della terra, se non vengono obbligati ad abbandonare i ruoli che occupano, cercano di conservare privilegi, incarichi, benemerenze, anche se non sono più di nessuna utilità agli interessi collettivi.
Anche se non hanno più niente da dare, continuano a tessere trame, a consolidare relazioni perché il potere pubblico non è solo occupare uno scanno, il più alto possibile, ma è anche condizionare le scelte di chi comanda, offrire opportunità a chi ti garantisce fedeltà.
Perché uno dei limiti più importanti della democrazia – così come la conosciamo e la pratichiamo nel nostro mondo occidentale – è rappresentato dai tanti, troppi, che sono disposti a chiudere gli occhi davanti ai soprusi del potere pur di raccogliere qualche briciola di quel potere. Senza accorgersi che quando si rinuncia ai propri diritti si perde la possibilità di essere liberi cittadini.
Un potere che si manifesta in mille modi.
Non c’è solo il sindaco o l’assessore, il ministro o il deputato che sollecitano comportamenti subalterni a chi si rivolge a loro. Ci sono gran parte degli uomini delle istituzioni, anche i dipendenti di queste.
Basta avere una divisa addosso, anche fare l’usciere da qualche parte, e cambia il modo di relazionarsi.
Basta dover dipendere da qualcuno per alcuni aspetti della propria vita, anche il medico di famiglia, e i rapporti di forza cambiano.
Nel nostro piccolo mondo ponzese ne abbiamo di esempi negativi ma siamo in buona compagnia. Fuori dai nostri confini non sono messi meglio.

Eppure ogni tanto il dubbio che un altro modo di mettersi a disposizione di quanti credono nel bene collettivo ci possa essere.
Guardiamo la storia di Pepe Mujica e ne abbiamo conferma.
Pensiamo ad Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica ucciso dieci anni fa, e ci domandiamo se la sua sia stata una vita sprecata (leggi qui e qui ).

Angelo Vassallo

Ha senso, in questo tempo che viviamo, pretendere che chi amministra la propria comunità, chi ha la responsabilità del bene collettivo si metta completamente a disposizione di chi lo ha messo ad amministrare, a dirigere, a controllare?
Se non troviamo una risposta positiva non ha senso parlare di destra o sinistra, non ha senso fare programmi, progetti.
Se non c’è la certezza che chi si propone come leader di una comunità lo farà in maniera disinteressata, non potremo mai pretendere che ci siano dei buoni cittadini.
Non potremo mai smettere di pensare che il sindaco fa gli interessi del suo amico, che il maresciallo chiude un occhio a chi gli fa comodo, che il dottore non ti garantisca le stesse opportunità di cure.
Se non si trova un’etica nella politica, se non saremo capaci di pretendere il rispetto delle istituzioni avremo sempre una palla al piede che si chiama corruzione, che si chiama favoritismo, che si chiama scarso senso del bene comune.

1 Comment

1 Comments

  1. vincenzo

    30 Settembre 2020 at 09:24

    Quanti messaggi ha dato Sandro Vitiello oggi.

    1) – Le società hanno bisogno di istituzioni sane.
    2) – Le istituzioni sane non possono che essere guidate che da uomini moderatamente ambiziosi capaci sempre di farsi da parte, quando la loro funzione pubblica va in contraddizione con le leggi e l’interesse generale. Oppure quando capiscono che non hanno più energie perché hanno dato tutto se stessi per garantire giustizia, libertà e benessere alla loro gente.
    3) -Purtroppo non abbiamo uomini di questo tipo, per cui le istituzioni inquinate non sono in grado di guidare con giustizia e libertà le società e di questo ne pagano le conseguenze i popoli e i beni comuni.

    Che dire… Sandro dice cose importanti che tutti sono in grado di comprendere anche se poi, la maggior parte, “unge” gli ingranaggi di questo sistema per sopravvivere come individuo.

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