di Biagio Vitiello
Era da molto tempo che non rileggevo i miei numerosi e vecchi libri che parlano della storia di Ponza.
Mi si è presentata l’occasione chiedendo al Prof. Silverio Lamonica, amante della storia ponzese, notizie dei sindaci Vitiello , ad uno dei quali a Ponza è stata intitolata una piazza (ma questo non fa notizia, perché recentemente hanno intitolato una strada anche a chi non lo meritava affatto) e dell’operato del prete, Giuseppe Vitiello (il Richelieu del Comune di Ponza).
Pertanto mi sono fatto una mia idea, su tutti gli avvenimenti ponzesi, avvenuti prima e dopo l’unità d’Italia.
L’idea che mi sono fatto di quel periodo specifico, è la seguente: chi aveva un po’ di cultura, aveva anche soldi e potere. Per fortuna, di queste persone “acculturate” ve ne erano poche nell’isola e se nasceva un altro “potentato”, succedeva che si ostacolavano a vicenda e in tutti i modi possibili per la conquista del potere: una guerra tra ricchi, mentre la stragrande maggioranza degli isolani pativa la fame.
Pertanto, sono arrivato alla conclusione che i Tricoli-Colonna non erano affatto dissimili , nel “modus operandi”, dei Vitiello-De Luca e così i successivi eredi.
Ma, mi ha destato molto sconcerto sapere che il Tricoli arrivò persino a mandare una petizione al nuovo governo, del Regno d’Italia, affinché non arrivasse più il contributo statale per Ponza, pur di fare un dispetto ai suoi avversari.
E’ da parecchi anni che constato che tale “modus operandi” è molto attuale nella vita odierna della nostra isola; soprattutto mi sembra di stare in quel tempo quando leggo l’intervento appassionato che l’onorevole Gigante di Gaeta fece, la sera del 29 gennaio 1868, alla camera (del regno d’Italia):
So ben io che l’unità d’Italia importa unificazione e perequazione; ma nell’attuazione, questo principio non bisogna che sia esagerato sino al punto da credere che si possa impunemente distruggere quelle differenze, le quali hanno nella natura la loro origine e la loro ragione d’essere: non si può applicare questa unificazione fino a pretendere che la condizione degli isolani possa essere pareggiata in tutto o per tutto a quella dei continentali. Altrimenti voi, lungi dall’unificare e perequare, non fate che sperequare e disunire; lungi dall’applicare rigorosamente un principio di giustizia, non fate che commettere una somma ingiustizia… Ora io domando: i ponzesi, godono essi di tutti i vantaggi dei quali godono gli altri cittadini dello Stato? Essi sono negletti, sequestrati quasi da ogni umano consorzio. Appena un solo giorno della settimana sono visitati da un piccolo piroscafo postale, che approda in quell’isola per i bisogni e per le esigenze delle autorità governative che vi risiedono. I ponzesi non hanno traffico, non hanno commercio, non hanno ferrovie, non hanno strade ruotabili, non frequenti comunicazioni postali, non corrispondenze telegrafiche, nulla insomma di tutto quello che hanno gli altri cittadini dello Stato. In conseguenza io domando a voi, o signori, con qual giustizia si può pretendere che i ponzesi paghino le stesse tasse degli altri cittadini italiani? (tratto dal libro All’isola di Ponza di Silverio Corvisieri – Ed IL MARE – libreria internazionale)
Meditiamo gente… meditiamo…