di Rita Bosso
Giancarlo Vigorelli
Che l’ex sindaco Piero Vigorelli sia uomo di mare, è noto a tutti; meno noto, forse, è che non si è svezzato sulla barca paterna, non ha appreso dal genitore i rudimenti della vita di mare: Vigor è un self made fisherman.
“Mio padre – ricorda – non sapeva neanche nuotare! Da lombardo, era più lacustre che marino; sua madre era di Olate, una località sul lago di Como, e viveva nella presunta casa di Lucia Mondella. Segno del destino che papà sia stato il maggiore studioso del Manzoni… e che sia sepolto accanto al Poeta, al Famedio di Milano.”
Piero Vigorelli
Giancarlo Vigorelli (1913-2005) è stato uno dei maggiori critici letterari italiani. Mi ha incuriosito il carteggio tra lui, Moravia e Dacia Maraini pubblicato dalla rivista Satisfiction (numeri 7 e 9 del 2010, consultabili online): molto dice sul temperamento del grande critico e, se l’ereditarietà non è un’opinione, anche su quello della sua prole.
Carlo Bo, Giancarlo Vigorelli, Pierpaolo Pasolini
La vicenda inizia nei primi anni Sessanta; Alberto Moravia scrive la prefazione per “L’età del malessere”, romanzo di una giovane e sconosciuta autrice che, grazie all’illustre patronage, si aggiudica il premio Formentor e il cospicuo assegno che lo accompagna.
Vigorelli, estimatore delle prime opere di Moravia, esprimerà poi riserve sui romanzi pubblicati a partire dagli anni Settanta; con “Io e lui” Moravia inaugura un filone accattivante, di discreto successo commerciale ma di dubbio spessore letterario..
Vigorelli stronca il romanzo “L’età del malessere” vincitore del premio Formentor: è un fumetto condito di sesso, un libretto che narra di facili amori e di un difficile aborto. Moravia reagisce accusandolo di non aver colto “i contenuti autentici presentati con un linguaggio privo di veneri letterarie”; aggiunge che i critici letterari sono per la maggior parte accademici, crociani, incapaci di intendere linguaggi narrativi vitali e non tradizionali.
Si gioca una bella partita tra il Critico e lo Scrittore, numeri uno del mondo culturale ed editoriale; alla fine del primo tempo lo Scrittore è in netto vantaggio. I più anzianotti tra noi lo ricordano: gamba a cavalletto, aria pensosissima, sopracciglio inarcato, gelido, irraggiungibile; che scenda dal piedistallo, si abbassi a leggere l’opera di un’esordiente, ne individui i punti di forza, la sostenga e la difenda a spada tratta, non può che suscitare ammirazione e simpatia. Il giovane, dirompente talento che, agli inizi dei Sessanta, si affaccia sulla scena letteraria italiana e, finalmente, la svecchia e la rinvigorisce risponde al nome di Dacia Maraini (26 anni all’epoca dei fatti), nei decenni successivi e tuttora icona del femminismo militante; per mera coincidenza è la compagna dello Scrittore.
Alberto Moravia e Dacia Maraini
La sfrontatezza con cui la Giovane Rivelazione viene imposta supera il limite della decenza; in una presentazione alla libreria Einaudi, in barba al bon ton e alle leggi del marchettificio editoriale, Vigorelli boccia il romanzo senza mezzi termini; altri nomi illustri si associano, in un’atmosfera che Moravia definisce “di linciaggio letterario”. Vigorelli aggiunge: “Deploro tutto l’affare dei due libri, del premio e il resto.”
La Maraini scrive al Critico una lettera che – se non l’ho intesa male – è un’azzardata arrampicata sugli specchi. Lui dice: non ho attaccato te ma il romanzo; lei ribatte: io mi esprimo attraverso le mie opere dunque, se attacchi il romanzo, attacchi me. Dalla lettera non si capisce – io non l’ho capito – in quali spazi possa muoversi il critico letterario, secondo la Maraini; nel frattempo, Moravia tiene una rubrica di critica cinematografica su L’Espresso.
Carlo Salinari e Giancarlo Vigorelli
Quindici anni dopo Vigorelli organizza la “Conferenza di fine secolo”, convegno in cui i nomi più autorevoli si ritrovano per tentare un bilancio sulla cultura del Novecento; Moravia, invitato, prende tempo (“dovrò parlarne con Dacia”), infine rifiuta (“perché devo accompagnare Dacia a un convegno femminista.”)
Dacia, oramai ultraquarantenne, partecipa a convegni femministi esibendo l’autorevole e anziano compagno.
Carla Tolomeo, compagna di Giancarlo Vigorelli, descrive l’ultimo incontro tra il Critico e lo Scrittore. Sono sull’autobus che li porta a una commemorazione di Hemingway; si evitano, uno prende posto in fondo, l’altro in prima fila. Il cane di Vigorelli va avanti e indietro annusando i passeggeri; il padrone lo richiama a gran voce: “Berto, vieni qui!”. Moravia si precipita: “Dimmi, Giancarlo. Volevo parlarti anch’io.”
Giancarlo e Alberto prendono a chiacchierare come se nulla fosse mai accaduto; Berto scorrazza felice lungo il corridoio dell’autobus.
L’amore con Dacia è acqua passata, Moravia ha un’altra moglie, giovane, bella e… con ambizioni letterarie. La storia si ripete; i romanzi della prima moglie (Elsa Morante) si sono imposti da soli, per quelli delle successive bisogna darsi da fare.
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integrazione del 6 agosto 2020 a cura della Redazione:
su segnalazione di Vincenzo Ambrosino riportiamo, in formato pdf, con riferimento all’argomento trattato, l’articolo pubblicato dal quotidiano “Il Giornale” il 20/09/2010
VENT’ANNI DALLA MORTE – Moravia, capricci non indiffirenti
Eros Grossi
2 Agosto 2020 at 19:36
Molto interessante. Sapevo delle accuse alla coppia letteraria Moravia-Maraini da quanto ne scrisse lo scrittore Giuseppe Berto, che pubblicamente attaccò Maraini durante un premio letterario per la sua carriera “facilitata”. Tra parentesi, mi risulta che Vigorelli fu proprio uno tra i maggiori estimatori del romanzo “Il male oscuro” di Giuseppe Berto https://www.rivistastudio.com/i-cento-anni-di-giuseppe-berto-lo-scrittore-con-il-male-oscuro/
Rita Bosso
2 Agosto 2020 at 19:44
Ricevo da Piero Vigorelli questa integrazione, e lo ringrazio:
“La libreria era la Feltrinelli in via Veneto.
Io c’ero.
-Un libro che è solo l’elogio del pompino- è stata la frase clou.
Il cane si chiamava Berto in onore di Giuseppe Berto, grande scrittore che ha importato lo stile di Joyce con il suo Il male oscuro.
Bepy Berto è stato il mio padrino di Comunione e Cresima. Era di casa. Chiamare così il cane non era quindi un segno di disprezzo, ma una fiammella di ricordo. Il cane era un trovatello che papà ha adottato.”
Rosanna Conte
3 Agosto 2020 at 11:20
Con “L’età del malessere” che trattava temi innovativi che si distaccavano molto dal sistema socio-morale del tempo, la Maraini fu antesignana delle scrittrici che successivamente trattarono con realismo i problemi delle donne, dalla loro inconsapevolezza di poter vivere come persona autonoma alla violenze fisiche e morali a cui erano soggette: problemi, purtroppo, ancora attuali.
Forse lo stile, come capita a molti scrittori esordienti, non era ancora raffinato, ma già mostrava di quale stoffa vestiva la giovane scrittrice.
La critica valoriale data dal Vigorelli al contenuto è considerata offensiva dalla Maraini proprio perché le veniva negata l’autonomia nella scelta tematica, che era il piano sul quale comunicare la sua posizione sulla società maschilista: era un attacco alla sua persona proprio per questo. L’autonomia del critico non passa attraverso una scelta morale, ma attraverso la capacità di cogliere le congruenze fra stile e contenuto, fra trama e organizzazione, altrimenti dovremmo bocciare Petronio, Cecco Angiolieri, Boccaccio, Moravia ecc.
Indubbiamente la formazione cattolica di Vigorelli non favoriva l’accettazione di una scrittura femminile così realistica su temi che considerava spendibili tra lettori massificati, ma la posizione che occupa oggi la Maraini nella nostra letteratura ci dice che forse la ragione era dalla parte di lei.
Admeto Verde
3 Agosto 2020 at 18:17
Ho letto e apprezzato l’articolo, ma una cosa non capisco: Moravia accusava i critici di essere per la maggior parte accademici, crociani etc? Che io sappia, l’essere accademico escludeva l’essere crociano. Croce non aveva in simpatia il mondo accademico e in un certo modo veniva ricambiato.
la Redazione
6 Agosto 2020 at 07:17
su segnalazione di Vincenzo Ambrosino riportiamo in calce all’articolo di Rita, con riferimento all’argomento trattato, un articolo pubblicato il 20 settembre 2010 dal quotidiano “Il Giornale”