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Questa traversata, o meglio nuotata perché non si attraversava un bel niente, era forse la più gettonata e la più semplice da effettuare, anche se per lunghezza non era inferiore alle altre precedentemente ricordate (Caletta-Sant’Antonio e Caletta-Grotte azzurre).
Intanto, si poteva andare un giorno qualsiasi perché non si doveva attraversare il mare aperto e si raggiungeva la mèta nuotando costa a costa, da dietro la scogliera in poi fino alle grotte di Pilato.
C’era spesso l’aiuto del materassino gonfiabile, ma la maggior parte di noi si forniva di maschera e pinne perché i fondali e gli scogli rappresentavano uno spettacolo di colori che rischiava di essere ignorato se non si metteva la testa (e la faccia) sott’acqua.
Una volta giunti alla mèta era lì che nonostante la fatica della traversata si scatenava tutto il nostro entusiasmo con le gare di nuoto nella piscina delle grotte (con tanto di gradini per la discesa e anche le corsie per i nuotatori); tuffi all’interno della vasca grande da due diverse altezze, sempre all’interno e poi i tuffi all’esterno, quando arrivavamo a piedi dall’altra parte delle grotte, grondanti d’acqua ed infreddoliti dall’ombra del luogo e dalla lunga permanenza in mare e ci tuffavamo dalla parte opposta, sotto il cimitero.
E poi gli scherzi e le grida nei cunicoli delle grotte, senza luce e con la sola speranza di sapere dove si mettevano i piedi.
Il percorso al ritorno era spesso dedicato alla caccia dei polpi che erano presenti in abbondanza nel tragitto, così come alla ricerca di murici e di “tofelle” oltre che di “patelle reali” e “sfunnoli”, che rappresentavano il nostro bottino da riportare a casa.
Così trascorrevamo le nostre vacanze, senza barche e senza motorizzazioni; in un clima sereno e goliardico che metteva sale e pepe ai nostri giorni estivi.
Le precedenti traversate:
Caletta- Sant’Antonio
Caletta- Grotte azzurre