di Francesco De Luca
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Si sedette su di una sedia di legno col fondo impagliato. La andò a prendere in cucina, scartando quelle di finocchietto che ornavano la tavola nella sala da pranzo. Mi aveva fatto accomodare li’ zia Assuntina, invitante e decisa. In cucina no, non ci si poteva stare… Nun è cosa – disse. Chiamò il marito: “Beni’… vieni… t’è venuto a trovare ‘u professore Franco”.
Benito e Assuntina, marito e moglie, abitavano ‘ncopp’a Draunara. Una casa in mezzo a due o tre catene. Oramai in pensione, lui si godeva l’età che gli concedeva la sorte insieme alla moglie. Maestra elementare, anch’ella in pensione, e lui professore di lettere, avevano trascorso l’ultimo periodo lavorativo a Formia. Con il tempo ridente venivano a Ponza a rinverdire ricordi, a respirare l’aria della fanciullezza.
Avendo pure io fatto la scelta di percorrere l’ultimo tratto della vita lavorativa in continente e avendo in comune anche l’interesse per la scuola, Benito e Assuntina fungevano per noi, per mia moglie e per me, da modello. Lo incontrai a Sant’Antonio, lui si intratteneva con Giannino, il maestro, e con un tale Morle’, andato in America a cercare fortuna e tornato oramai anziano. Dopo i saluti formali “vieni a trovarmi, un giorno di questi“ – mi disse.
Si sedette vicino, io sul divano, lui sulla sedia impagliata, e sua moglie in cucina ad armare la Moka per il caffè. S’accorse che io avevo notato la scelta della sedia impagliata.
“Chesta me ricorda mio padre. ‘A vide? E’ ‘ncavata pecche’ ‘i tene l’anne! Quanti anni hai?”
“Sessantatré “ – risposi.
“Ricordo tuo padre… u maresciallo…”
Bevemmo il caffè, ma era impaziente. Si alzò, prese la sedia, e mi fece segno di seguirlo. Uscimmo su terrazzo e poi nella catena, dispose la sedia, si sedette e mi fece segno di imitarlo. Alle spalle, da due alti pini, le tortore appaisanute mandavano un canto insistente. Il sole stava calando dietro Giancos velando di arancione tutto l’arco del porto, da Santa Maria alla Torre.
”Hai la macchina?” – chiese.
”Sì… due… perché i figli… pure loro si muovono“.
“Eee… la barca c’è l’hai ?“
”Sì, ho un motoscafetto… vado bene“.
“Stai bene sul lavoro?”
“Si… ottimamente… ho una scuola che è na meraviglia“.
“Avrai da fare…”
“Beh… sì… c’è da correre…”
“E già, oggigiorno si corre sempre… gli impegni urgono, ma qui, ora, nessun bisogno ci preme. Perdiamo tempo che perduto non è“