di Sandro Vitiello
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Oggi in tutta Italia si festeggia l’anniversario della Repubblica italiana.
Settantaquattro anni fa oggi, gli italiani furono chiamati a scegliere se volevano continuare ad avere un regime istituzionale monarchico oppure se optare per una delle forme più moderne di democrazia: l’ordinamento repubblicano.
Questo referendum era figlio della lotta di liberazione dalla dittatura fascista e segnava un passaggio importante verso la trasformazione in senso democratico dello stato italiano.
Uno dei segnali più forti di questo passaggio fu il diritto di voto alle donne. Mai nella storia d’Italia le donne avevano avuto l’opportunità di decidere il destino comune attraverso la scheda elettorale.
Il risultato di quella consultazione appartiene alla storia.
Gli italiani scelsero la Repubblica e l’imbelle regime sabaudo venne archiviato, non senza polemiche.
Oggi ricordiamo quel momento storico fondamentale attraverso le parole di una giovane ragazza di Foligno, Maria Rosaria Tradardi, che con le pagine del suo diario ci fa una cronaca di quei giorni.
Un documento custodito presso l’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano, che volentieri pubblichiamo perché ci da una testimonianza diretta.
Buona festa della Repubblica.
Maggio 1946
La nostra città, da giorni, è tappezzata di manifesti tutti bianchi o colorati che insegnavano ai cittadini italiani, addormentati dalla dittatura fascista, come dovranno fare per votare. E, finalmente, per la prima volta nella storia del nostro paese, anche alle donne è stato concesso di poter manifestare, con il voto, le proprie idee politiche. I manifesti, appiccicati dovunque, danno solo un tono di festosità che però contrasta con i muri deturpati dalle bombe. Secondo me, i suggerimenti politici servono a poco o niente. Il Padreterno ha fornito uomini e donne di un cervello, una cosa propria, e ciascuno ha il diritto di servirsene a proprio uso e consumo. Quello che dimostreranno nelle prossime elezioni.
L’invito a votare per questo o per quello, secondo il parere anche dei miei e di tanta altra parte del cosiddetto popolino, che non andrebbe peraltro troppo bistrattato, tale invito, torno a ripetere io, serve proprio a niente.
Anche “le fontane” sfornano dei pareri, quelli di sole donne; li racconta mia madre in famiglia: “Non se vergognano a butta’ via tanti soldi quando ancora ce sta tanta miseria in giro?”. “Come ce cucineronno dopo le elezioni con tanti partiti in circolazione ogghj”
2 giugno 1946
I miei sono andati a votare di mattina presto. Io mi chiedo se con i miei quattordici anni faccio parte o meno di questa società. Perché non posso esprimere il mio pensiero politico che, peraltro ce l’ho ben nitido? Lo so, occorre aver compiuto la maggiore età. Ma è stato trovato un indicatore per misurarla? Oggi sono, meglio, mi sento, un po’ menomata. Mi par d’essere, non una persona vivente, ma qualcosa di insignificante…
20 giugno 1946
Ormai è certo. Gli italiani hanno scelto la Repubblica. Per l’Assemblea Costituente, il principale partito a cui sono andati i voti degli italiani, è risultata la democrazia cristiana, il partito guidato da Alcide De Gasperi. Segue il partito socialista di Nenni e, appresso, il partito comunista di Togliatti. Si sono avverate le previsioni…
Appendice del 4 giugno (cfr. commento di Sandro Russo)
Riporto perché assolutamente pertinenti, il commenti comparsi nelle “Lettere a Augias” su la Repubblica di ieri 3 giugno. In chiaro e in file .pdf in fondo.
3/6/2020
La Repubblica – Commenti
Le lettere di Corrado Augias
Quei tre giorni di giugno che ci hanno reso liberi
di Corrado Augias
Gent.mo Augias, all’approssimarsi del 4 giugno rivedo lo scenario di un giorno lontano che, bambina, ho vissuto. Ho visto quel che restava della temuta armata tedesca, la Wehrmacht, soldati insanguinati, bendati alla meglio, avviati per il Corso, forse per raggiungere la Cassia e poi, chissà, la Germania. Intanto arrivavano le prime jeep degli Alleati: si fermavano sotto il fatidico balcone di palazzo Venezia, sorridendo alla folla, tiravano caramelle e cioccolatini, i primi che vedevamo dopo anni. Quel giorno mi è rimasto nel cuore: la liberazione dall’incubo nazifascista, la riacquistata facoltà di parlare, d’incontrarsi, di cantare. Oggi abbiamo un nemico diverso, meno visibile, ma non meno pericoloso. Allora facemmo appello alla disobbedienza. Oggi ci è richiesto di osservare le norme del governo e degli scienziati per non peggiorare la situazione. Occasione per dimostrare di essere cittadini di un Paese fiero della sua Costituzione e del suo Presidente della Repubblica. Il 2 giugno è grande festa, ma per i romani il 4 non è da meno.
Francesca Boesch — [email protected]
La risposta di Augias
Nei primi giorni di giugno s’affollano una serie di eventi che, in maniera diretta o indiretta, hanno orientato il nostro futuro. Il 2 giugno 1946 nacque la Repubblica italiana.
La vittoria non fu travolgente (54,3%), si parlò di brogli, ci fu qualche moto di dissenso, alcune vittime. Contribuì ad abbassare la media il Mezzogiorno del paese dove la monarchia prevalse in molte circoscrizioni.
25 milioni di italiani su 28 (per la prima volta le donne) presero parte al voto che doveva scegliere la forma istituzionale dello Stato ed eleggere i componenti dell’assemblea costituente. Poi c’è l’altra data ricordata nella lettera, il 4 giugno di due anni prima — 1944 — liberazione di Roma dal nazifascismo vissuto da molti, compresa la mia famiglia, come un incubo durato nove interminabili mesi. Ho parlato qualche volta con Ettore Scola di quella data che per chi era bambino è rimasta indimenticabile. Meditava di fare un film su quelle giornate, lo interessava il capovolgimento repentino da una situazione a quella opposta, la perdita di potere e la fuga disperata di chi, fino a poche ore prima, aveva diritto di vita e di morte. Parlando con Scola e leggendo la lettera della gentile corrispondente mi sono reso conto che conserviamo tutti gli stessi ricordi: soprattutto le jeep con i soldati sorridenti che tiravano le caramelle e le gomme da masticare — era un po’ come allo zoo, però pareva bellissimo, dalle fotografie dell’epoca si legge sui volti qualcosa di molto vicino alla felicità. Volendo ci sarebbe poi un’altra data, il 6 giugno sempre del 1944. Il D day, lo sbarco in Normandia, la più grande impresa anfibia della storia militare giustamente ricostruita in saggi e film — uno per tutti Salvate il soldato Ryan di Steven Spielberg. A detta degli storici tra i grandi eventi che decisero le sorti del conflitto ci furono l’eroica resistenza dell’Inghilterra durante il blitz del 1940. La strenua resistenza e la vittoria sovietica a Stalingrado, dopo sette mesi d’assedio e di bombardamenti tra il 1942 e il ’43. Infine, lo sbarco in Normandia del 1944 che aprì il secondo fronte e la strada verso la vittoria.
Noi purtroppo eravamo stati dalla parte sbagliata.
In file .pdf: La Repubblica del 3 giugno. Per la ricorrenza del 2 giugno 2020. Lettere ad Augias
vincenzo
3 Giugno 2020 at 07:09
Come si vede dalla tabella nel sud prevalse la monarchia. Il ministro Romiti fu il regista di queste elezioni. Per le elezioni amministrative fece votare prima le regioni del nord-centro più repubblicane poi ci fu il referendum e poi le amministrative al sud.
Una bella furbata (democratica?)
https://angeloforgione.com/2017/06/02/sud_monarchico_referendum1945/
Sandro Russo
4 Giugno 2020 at 17:34
Riporto perché assolutamente pertinenti, i commenti comparsi nelle “Lettere a Augias” su la Repubblica di ieri 3 giugno. In chiaro e in file .pdf nell’articolo di base.
Sono ricordate le date del 2 giugno 1946, quella del 4 giugno 1944 (due anni prima) della liberazione di Roma dai nazifascisti con l’entrata degli americani; e infine il 6 giugno 1944, il D-day dello sbarco in Normandia dei soldati americani.
Evidentemente anche Augias, nominando Ettore Scola e il film di Spielberg (Salvate il soldato Ryan – 1998), annette una grande importanza al ricordo della storia fatto attraverso il Cinema e i filmati (d’epoca e successivi)