di Rita Bosso
Silverio Lamonica integra la rilettura n. 1 con una buona notizia: la catalogazione dei reperti archeologici è stata ultimata. Avanzo una proposta: per colmare il lasso di tempo che corre tra l’istituendo e l’istituito, tra il gerundio e il participio, tra la speranza e la certezza, si potrebbe pubblicare il catalogo/inventario. Credo che saremmo in tanti a visitare il museo virtuale.
Dal cascione dell’archivio estraggo un pezzo del 2011. Testo e foto sono di Antonio De Luca, che spiega come e perché quelle foto sono state scattate; riguardandole, lo ringrazio per aver puntato l’obiettivo proprio lì, proprio in quell’istante, proprio su quei volti; e per aver reso silenzioso il clic, per essere stato discreto e oggettivo.
In tempi di distanziamento sociale la foto che segue è eloquente.
L’inverno su un’isola deserta dilata le distanze; le tre sedie del bar Panoramica sono monadi, come se ognuna fosse riscaldata dal suo sole, come se da ognuna si potesse inquadrare un diverso orizzonte.
Questa è di un fotografo americano, fa parte dell’archivio Magnum.
L’uomo con la coppola è protagonista; i piedi alla sua destra credo che alludano ai calci, quelli che diamo e prendiamo normalmente, quando stiamo troppo azzeccati uno all’altro.
Nei giorni scorsi la foto è ripassata su Facebook, i lettori più giovani hanno fatto varie ipotesi sul nome dell’uomo con la coppola, figura sfocata del loro passato remoto; chi è meno giovane ne ha un ricordo nitido.
Non so perché l’uomo con la coppola si chiamava Urgentino, né da dove proveniva quella bellezza particolare e assoluta da berbero; “apparteneva” alla famiglia Martiello, e anche del nome di famiglia non so dare spiegazione. La famiglia era originaria di Le Forna; coloni degli Onorato, i Martiello trascorrevano lunghi periodi a Palmarola, coltivando le vigne dei padroni.
isidorofeola
21 Aprile 2020 at 13:52
Urgentino si chiamava proprio così.
Era figlio di Aniello Feola (detto Martiell’ per differenziarlo dagli altri numerosi Aniello) e di Santina (Morlè?).
Abitava in una casupola nel giardino pertinente alla casa del dott. Silverio D’Atri ed Adele Manna, e vi si accedeva dalla porticina che stava subito dopo i due ingressi del cinema di Regine. Genoveffa e Giulia D’Atri, Angelina De Luca, Rosa ed Ida Maggio, assieme ad altri ancora, provvedevano ad assicurargli un pasto caldo.
Era un po’ sempliciotto ma molto buono e si adattava a svolgere qualsiasi lavoro (in campagna, per trasporti, nella pesca, ecc).
Il mio ricordo però, è legato al periodo in cui a Ponza ai macellai era consentito di uccidere gli animali le cui carni, poi, venivano poste in vendita nei loro negozi. Urgentino era incaricato del trasporto delle mucche (ma anche maiali) dal molo Musco fino al “maciello” che si trovava subito dopo il Mariroc. Il nostro partecipava attivamente a tutte le fasi di lavorazione dell’animale. Una volta macellati, i quarti dell’animale venivano caricati sulle spalle di Urgentino (che aveva una forza incredibile) il quale li trasportava, senza mai fermarsi, fino alle cinque macellerie che si trovavano allora a Ponza: Luigi Di Monaco a Corso Pisacane , Vincenzo Di Fazio detto Muscardino alla Punta Bianca, Silverio Guarino detto Bersagliere un poco più avanti, Giuseppe Andreozzi detto Geppino a Sant’Antonio, e Nunzio Esentato detto Nunziello a Giancos.
Verso la fine degli anni Ottanta in seguito ad una caduta subì la frattura di femore ed una volta operato, presso l’ospedale di Gaeta, perse una buona parte della propria autonomia. Fu così che su interessamento di Don Salvatore Tagliamonte fu inviato presso una casa di riposo ad Esperia dove è rimasto fino alla fine della sua vita (1999) ed il parroco ha sempre provveduto al suo mantenimento integrando la pensione sociale di Urgentino.
silverio lamonica1
21 Aprile 2020 at 18:15
MUSEO VIRTUALE, suggerisce Rita.
Pubblicare l’elenco delle anfore inventariate e catalogate, sic et simpliciter, non credo che possa rivelarsi interessante, considerando che ci si limiterebbe a leggere un elenco di dati alquanto scarno.
Piuttosto bisognerebbe pensare ad un progetto organico di “museo virtuale” in cui siano rappresentate con immagini, sia le anfore che molti altri reperti reperibili, cui Silverio Guarino faceva riferimento. Uno spazio web appositamente dedicato e ben delineato.