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Virtù liberali, fake news e un nuovo ordine mondiale

di Tano Pirrone

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Quotidianamente impegnato nella lotta contro le fakenews, m’imbatto nell’articolo di Giuseppe Mazzella (leggi qui).
In esso – in forma chiarissima e suadente, di chi ha lunga pratica retorica – abilmente siamo condotti per mano in un breve ma interessante percorso, che vorrei rifare, col permesso dell’autore, per alcune riflessioni.

Il titolo è accattivante, pur nella sua genericità: Comunicazione e fakenews. Peccato che quel titolo risulti man mano che si va avanti, a mio vedere, uno specchietto per le allodole: nel corpo del testo, infatti, si parla ben poco delle notizie “taroccate” con cui veniamo bombardati continuamente attraverso i canali tenuti aperti per raggiungere amici, conoscenti, co-chattisti, collaboratori e capi ufficio; no, non si parla di quelle.
L’interesse, invece, viene spostato immediatamente sulla comunicazione delle fonti ufficiali (governative e para governative) del fronte di lotta al Coronavirus. Sul banco degli imputati è la comunicazione “ufficiale”, tout court, la quale, concordo, è spesso disadorna e poco intellegibile. Da quando poi è stata spezzata in tre (Istituto Superiore della Sanità, Protezione civile e Commissario), le carenze sono aumentate.
Ma neanche questo sembra essere il focus dell’articolo. Passo successivo, infatti, e scendendo “per li rami”, ci troviamo nel primo degli argomenti chiave: non è la forma, per Mazzella, che è carente, ma la sostanza, che è bacata, marcia, infida. Le notizie sono “geneticamente modificate” per informare ad usum imperii. Anche le trasmissioni televisive sarebbero state modificate o plagiate: quali, come? Affrontare l’argomento così come viene affrontato («Assistiamo anche nei talk show a “visioni” monocordi […]») lascia solo il sospetto al lettore che un controllo venga esercitato anche in questo ambito, su cui aggiungerei, che quello dei talk show è genericamente un luogo in cui sfilano (dovrò citare necessariamente Michele Serra) gli «Inutili per eccellenza – a parte i pavidi, che fanno soprattutto pena – sono i narcisi che continuano a strillare e spintonare gli altri nei talk-show, come se non fosse obbligatorio abbassare i toni e mettersi in ascolto (…)».
Su questa forma deteriore di “spettacolo”, che poco o punto ha a che fare con l’informazione libera e corretta, oltre che “utile”, voglio ricordare l’ultima puntata della trasmissione condotta da Giovanni Floris “Di Martedì”, in cui nello studio vuoto (o quasi essendoci almeno il conduttore e il cameraman): in una puntata recente, andavano in onda gli applausi al termine di interventi fatti, giustamente on line. Questa è la misura della scadente forma dei talk show, in cui (si) dibattono da anni opinion makers di cui è difficile individuare la capacità critica produttiva di opinioni credibili.

Proseguendo la lettura trovo citato, a circa tre quarti del testo l’“articolo 21 della nostra Costituzione”, che tutela la libertà di stampa, come se essa fosse messa in discussione o attaccata in qualche modo. È una sensazione dell’autore, visto che non viene riportato nessun caso specifico. Io credo, che in una repubblica democratica vadano prima di tutto tutelati i valori fondamentali, il cosiddetto “bene comune”, cosa che fa prima nell’articolo 1, asserendo che “L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro” e poi, nel secondo comma dell’articolo 3: «è compito della repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese».
Con questo articolo i nostri padri costituendi vollero andare molto più avanti del pensiero liberale… ed è questo il vero focus dello scritto dell’amico Mazzella: una posizione liberale, che nel nostro paese, negli ultimi decenni è appartenuta agli araldi del “sì, ma…”, ala attiva e performante del più vasto raggruppamento radicale, cui, nel degradante triste dominio berlusconiano, fu genialmente affibbiato lo slogan: “liberali, liberisti, libertari e libertini”.

Appena un attimo prima di buttare in rete l’ultimo pallone per vincere la partita, Mazzella (come è successo anche a CR7 e a Dybala) scivola e la palla vola in alto oltre la traversa: lo fa citando, per usarla a proprio favore, una frase di Umberto Eco, che di frasi ne ha dette tante perché tanto da dire aveva, frasi che hanno dietro non una vuota cavea o un’assordante canea, ma la sua opera indagatrice e propositiva, la sua comprensione della modernità e l’efficacia degli avvisi sulla degenerazione di essa (modernità): «[…] i social danno voce agli imbecilli […]», che non vuol dire, naturalmente, che tutti quelli che operano o frequentano i social sono “privi di bastone”, di supporti intellettivi o cognitivi, come l’etimo ci informa e chiarisce. Ma che per la facilità di accesso, la padronanza elementare degli strumenti permette a tutti di accedere e di dire la propria. Non mi dilungo sull’impunibilità di costoro: che schiere contro schiere, l’una contro l’altra armata, combattono con le armi primordiali dell’insulto, del turpiloquio, dell’offesa gratuita, della calunnia – non dimostrata e spesso indimostrabile, ma intanto il colpo è partito, e chi se ne frega.

Vorrei concludere che il motivo di contendere, in effetti c’è: siamo di fronte, in questi giorni ad un pesante scontro, non avvertito da molti.
Da una parte lo sforzo immane del governo per arginare al più presto la massiccia avanzata del nemico, circoscrivendo il teatro di guerra, avendo a disposizione pochi mezzi ed una struttura sanitaria negli anni opportunamente modificata a favore dei privati (in nome di una malintesa, infausta politica di liberalizzazione). Stiamo ottenendo i primi risultati, grazie anche ad atti eroici delle donne e degli uomini in prima linea (gli eroi nascono laddove è deficitaria l’organizzazione delle forze). Questo ci viene riconosciuto da tutto il mondo e l’orgoglio è massimo quando vediamo arrivare sul fronte del fuoco russi, cinesi, cubani e, per ultimi, ma più preziosi, gli albanesi.
Dall’altra parte del campo, in posizione avversa stanno gruppi consistenti di “imprenditori”, che sono già intervenuti su parte del mondo dell’informazione (spudoratamente su Sky, che ha operato nel giro di un paio di giorni un voltafaccia vomitevole; gli altri seguono più lentamente in ragione delle appartenenze politiche di chi sta alla guida delle singole strutture). Dietro, ben protetti, a spalleggiare, il trio della destra italiota, con alla testa il prode Salvini (ma solo quando non è occupato a recitare il rosario o qualcosa di simile nel programma di una delle ex odalische del Berluska), che propongono una bella, opportuna crisi di governo, per sostituire Conte con Draghi.

Non ho nulla contro Draghi, anzi, ma è la banda dei bassotti, che mi atterrisce! Si insiste da giorni a riaprire le fabbriche per riavviare il fatturato, dimenticando che esiste un solo modo comprovato per invertire le sorti della guerra: evitare i contatti, i contagi. Poche settimane e poi, gradualmente, si riprenderanno anche le attività lavorative. In caso contrario, seguendo ciecamente i pifferai sarà la débâcle.

Invito alla lettura dell’intervista fatta a Vincenzo Visco e riportata puntualmente su Ponzaracconta (leggi qui).

Vado per le conclusioni: sono in pericolo le economie di tutto il mondo, la nostra in particolar modo, a causa dell’enorme, insostenibile debito pubblico (nato quando DC e PSI fornicavano e se ne fottevano dell’Italia e delle future generazioni!); è in pericolo l’unica struttura che poteva e potrà metterci al riparo dell’onda tsunamica che si abbatterà anche sul nostro continente: l’Unione Europea fattuale, vera, efficace, col minimo di burocrazia e con un repulisti di stati fascisti.
Saranno necessari interventi decisivi: come una lotta spietata contro l’evasione fiscale, con tutti gli strumenti possibili, dallo spionaggio, alla delazione, alla galera.
Lo chiedono gli strati sempre più vasti di poveri e di nuovi poveri, i giovani senza lavoro, gli assetati di giustizia, le persone per bene!

1 Comment

1 Comments

  1. Sandro Russo (segnalato da-)

    31 Marzo 2020 at 20:10

    Da la Repubblica di oggi, nella sua rubrica giornaliera #bravimabasta, a pag. 43 Luca Bottura scrive:

    L’altra sera, a Che tempo che fa, Romano Prodi ha espresso un concetto semplice e nitido: Trump, Erdogan, la Cina, Bolsonaro, persino l’Australia… mezzo mondo ormai sembra infastidito dalla democrazia. E l’Europa è l’ultimo baluardo. Dunque se cade l’Italia, che è l’unica gamba, anche geograficamente, su cui si regge il continente, siamo (pardon my French) fottuti. Tutti.
    Il giorno dopo, Orban ha messo in atto il suo piano autoritario e ridotto la sua Nazione a una specie di dittatura.
    Come leggete altrove nel giornale, la vicenda pone molte domande. E una certezza: i pieni poteri dell’amico di Salvini e Meloni sono quelli che il Caporale voleva per sé stesso addirittura senza alcuna emergenza alle viste. Perché, allora, al kapò magiaro è riuscito ciò che il valletto di Barbara D’Urso non ha raggiunto? Perché a Budapest non c’è il Papeete. In ogni caso, sulla falsariga dell’eterno riposo recitato dal dinamico duo su Canale 5, mi si permetta una preghiera: “Signore, grazie per la tua infinita misericordia che ci ha consentito di affrontare il virus senza qualcuno che l’avrebbe curato con l’olio di ricino. Amen”.

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