di Rosanna Conte
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Leggevo un articolo di Enrico Fierro pubblicato su Il Fatto di ieri (vedi in fondo a questo articolo) e mi son detta che effettivamente ha ragione.
Quando si dice che, dopo, nulla sarà come prima, bisogna sapere che quello che sarà dopo già lo vediamo adesso. L’uso della tecnologia che sta permeando tutti i settori lavorativi, l’utilizzo a piè sospinto di tablet e pc da parte di tutti, l’assuefazione alle videoconferenze invece che i meeting intorno al tavolo tondo sono gli aspetti che maggiormente denotano l’irreversibilità del cambiamento avvenuto in queste settimane.
Ma, al di là di questo, quando si dice che nulla sarà come prima, si guarda a tutto ciò che caratterizza il nostro mondo socio-politico, in particolare le modalità con cui agisce l’Europa o le tradizionali gare di accaparramento delle grandi potenze o la detenzione della leadership mondiale. E lo avvertiamo con immediatezza: se l’Europa non cambia subito, cioè adesso, in medias res, non esisterà più.
Il concetto è proprio questo: è nelle azioni che mettiamo in campo durante l’emergenza che troviamo il seme di quello che raccoglieremo domani.
Sembra ovvio, ma alla percezione comune sfugge. Se in piena emergenza la classe dirigente, a tutti i livelli e in tutti i campi, si comporta come prima, non c’è da sperare nessun cambiamento per il dopo. E’ il modo con cui reagisci in una situazione a far emergere o meno il cambio di passo che, poi, potrai conservare o meno. In realtà, una strada diversa aperta nella emergenza è collaudata dal processo in atto, anzi è parte del processo e, se si è dimostrata vincente, non la si lascia.
L’intelligenza della nostra specie nel suo percorso “evolutivo” ha sempre capitalizzato quanto si verificava utile alla sopravvivenza. Da qui l’ottimismo di chi vuol vedere in quel “niente più sarà come prima” anche un cambio di passo nelle politiche sociali ed economiche a livello locale e planetario.
Perché avvenga, credo che debba essere il singolo già a cambiare in direzione di comportamenti meno aggressivi, più collaborativi e solidali, cioè dovrebbe riposizionare se stesso nel contesto in cui si relaziona sia quando è delimitato in un piccolo orizzonte sia quando l’orizzonte si amplia a livello globale.
E il contesto emergenziale è la nuova pedana su cui avviene l’allenamento a riposizionarsi e a cambiare i parametri di giudizio e il modo di essere, a mettere in campo condizioni diverse di operatività, a partecipare in maniera responsabile e dedicata alla vita della comunità, individuare quali siano i paletti invalicabili da opporre allo straripare di personalità vacue e dannose.
La quarantena è l’occasione per misurare il nostro senso di responsabilità perché ci ha affidato il compito di smorzare il contagio seguendo delle regole comportamentali e noi stiamo valutando singolarmente e giorno dopo giorno il livello della nostra affidabilità.
Molti si rendono conto che mai come in questo momento la difesa di sé coincide con la difesa del gruppo. E se ci si convince della giustezza di questa idea, forse, si potrebbe pensare, già adesso, di applicare questo concetto anche ad altri ambiti della vita sociale. L’impellente problema economico di moltissime famiglie non può essere guardato con distacco da chi ha di che mangiare. Al proposito è bellissima e molto indicativa l’immagine che viene da Napoli (e da dove se no?): Chi può metta, chi non può prenda
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Se se ne è convinti allora bisognerebbe rizzare le antenne, adesso, per capire chi aizza all’odio, chi coglie l’occasione per puntare a farsi bello, chi non lavora per unire la comunità, ma per lacerarla. E dovrebbe far tesoro di quello che riesce a capire , oggi.
Molti altri pensano solo a proteggere sé stessi e non riescono a fare il salto di “umanità” quello che ci fa capire che non siamo monadi nel mondo, ma parte di un tutto. Per costoro non è importante che la propria protezione raggiunga anche gli altri – vedi l’accaparramento delle mascherine – e permane solo l’interesse personale, pronti a beneficiare dell’altruismo altrui, ma non a cedere qualcosa di proprio. Figuriamoci se non restano tali anche dopo!
In più, oggi, verifichiamo che continuano tanti comportamenti che nuocciono alla comunità.
E qui non penso solo al singolo che non rispetta la quarantena, ma anche a personaggi pubblici che camuffano l’egoismo e l’interesse personale con il vestito perbenista delle critiche più polemiche che costruttive, o con azioni eclatanti ma poco incisive, anzi forse deleterie, o addirittura con l’appropriazione indebita della fede, utile solo a fare scena, senza contare coloro che gestiscono il malaffare i quali già si fregano le mani per la grande platea di nuovi asserviti che vedono incrementare
E’ per questo che mi sembra molto ragionevole il pessimismo di Enrico Fierro:
https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/03/30/il-dopovirus-non-sara-migliore/5754022/