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Innanzitutto ringrazio i “santi dottori” (Dante, Isidoro ed il “ caro compare” Sandro) che piacevolmente hanno soddisfatto la mia “fanciullesca” curiosità (leggi qui).
Parafrasando il Foscolo: beato te, Sandro, che non ti sei mai avventurato in quel mare orribile e puzzolente… simile alla palude Stigia. Anche tempestoso, penso, sia per il “torturato” che per i “torturatori” ai quali certamente non faceva piacere infliggere simili torture. Ma come dicevano gli antichi: a volte anche i genitori o chi vuole bene ad una persona s’adda da’ ’nu pizziche ’ncoppa ’a panz’. Intendendo che chi vuole bene deve, suo malgrado, far tacere il cuore e far funzionare la corteccia cerebrale. Non so se questo detto sia ancora valido. Ma per noi (per Dante e per me), a quanto pare, erano abbastanza “cerebrali”.
Ciò non toglie che, come ho scritto, dopo il “supplizio” delicatamente ti rimettevano a letto, ti facevano una carezza e ti rimboccavano le coperte e tu, dimenticando il recente passato, assaporavi quasi con gratitudine il tepore del letto, sonnecchiando e aspettando che qualcuna delle “torturatrici” ritornasse per portarti, questa volta, un bel brodo caldo ed anche una bella serie di “pezze” di lana, dalle diverse forme, che, riscaldate dal ferro a carbone, venivano imposte, gradevolmente, dietro le spalle. Rimane, comunque, soltanto un ricordo che, come tutti i ricordi, possiede soltanto… l’evanescenza. Comunque grazie.
Anche per questo non posso definirmi un “nostalgico” dei tempi andati. Mi piace soltanto ricordare la piccola realtà del mio vissuto. Cerco altresì di porgerla quanto più viva ed aderente possibile alla realtà anche se molto cruda. Forse la sensibilità “moderna” non solo rifugge da simili “ripugnanze” ma può anche accadere che chi narra “simili eventi” in modo crudo (diremmo quasi da novello “naturalista”) venga “messo all’angolo”; così com’ è successo in un programma televisivo, tempo addietro.
Forse la nostra mente preferisce rimuovere ciò che si è vissuto nel primo dopoguerra. Una vita di stenti. Ad esempio: “botte” tra bambini per arraffare un semplice confetto, durissimo, raccolto in mezzo al fango e alla polvere, portato direttamente in bocca senza “tanti complimenti”; giochi all’aperto che non raramente sfociavano in lanci di pietre (pretate); muco che colava dal naso, pulito con un colpo di avambraccio; secrezioni agli occhi (cispa) e animaletti nei capelli, appiattiti dalla pressione delle unghie dei pollici della nonna o rimossi dalla pettenessa di osso a denti stretti; calzoni arrepezzati o bucati (non per moda) ed infine occhi vogliosi per una ed una sola “pastetta” (non erano quelle a burro: per prima cosa non esistevano; in seguito, quando uscirono sul mercato, costituivano un… lusso). Chi ne aveva qualcuna in più, celata nelle tasche, una volta scoperto, veniva rincorso dagli amichetti che gliela chiedevano insistentemente. Quasi lo strattonavano e quelle, nel parapiglia, si sfarinavano. Alla fine lui rivoltava la tasca già ripostiglio di biglie, pezzetti di legna e/o pietruzze per raccogliere le briciole e la polvere. Metteva tutto nel cavo della manina e la infilava subito subito in bocca, oppure leccava il palmo della mano.
Forse ne abbiamo vergogna. Se così fosse, diamo, ancora una volta, a mio avviso, un messaggio sbagliato alle giovani generazioni, perché tentiamo di cancellare quei tempi che ci hanno forgiato e quella memoria. La quale non è fatta soltanto di grandi eventi ma anche di piccole cose: il quotidiano, da cui si è partiti o ripartiti.
La vita è sempre lei: non è semplice come alcuni vogliono far credere. Indubbiamente si è semplificata, ma è dura lo stesso ed i sacrifici sono all’ordine del giorno. Ma, forse anche a causa della “semplificazione”, molti non solo non li conoscono e non li vogliono affrontare, ma, messi davanti a loro, li bandiscono dalla mente o scappano via.
Sono, invece, un po’ nostalgico delle…. regole.
Penso che, in quei tempi, esse esistessero ma che, come avviene da sempre e dovunque, non tutti le rispettassero. Penso, ad esempio ma non ho la certezza, che fosse proibito catturare gli uccellini, ma ugualmente si usassero vari tipi di trappole. Non so se vi fossero regole per gli animali domestici. Comunque vi era una sensibilità diversa dovuta a mio avviso a fattori atavici e soprattutto economici. Oggi però mi sembra, anche e ribadisco anche, che le regole, per i mutati tempi, siano divenute eccessive, ossessive e pignole. Non tanto per i capillari controlli, ma perché pare come se ci fosse qualcuno che stando seduto e girandosi i pollici delle mani non pensa ad altro che ad “inventarsi” balzelli. I quali se da una parte fanno cassa, dall’altra non offrono nulla al cittadino che lo ricompensi del denaro esborsato. Pertanto si dà l’impressione che la cassa sia soltanto fine a sé stessa o per foraggiare quelli che una volta venivano definiti “carrozzoni”.
Così durante una vacanza sono più le spese “accessorie” che quelle di soggiorno vero e proprio. Queste, poi, a volte non si pagano seduta stante ma arrivano, sotto forma di multe o sanzioni, mesi dopo.
Il solito burlone ha detto: – Ma quelli che le inviano lo fanno apposta perché così tu non dimentichi più la località visitata! Così avrai vissuto una… “vacanza indimenticabile”! Ed inoltre ti spronano ad essere più attento: a leggere con la lente d’ingrandimento cartelli scoloriti o seminascosti e a fare attenzione dove metti i piedi… cioè la macchina.
Immediatamente ho ripensato a mia madre quando mi raccomandava di guardare dove mettere i piedi specialmente quando mi recavo ai Conti per la “via vecchia”. Di animali in circolazione da quelle parti ve n’erano in abbondanza: cani, gatti, mucche, capre, pecore e soprattutto asini. Ogni famiglia ne aveva uno. Lentamente andavano sotto il peso di fascine di sarmenti di vite (i pennicilli) o di cesti pieni d’uva al tempo della vendemmia. Inutilmente venivano spronati da un “Aah, Ah!” O da bastonate sulle natiche. Essi, senza scomporsi, continuavano tranquillamente per la loro strada anzi, come usano fare, se ne andavano sul ciglio verso la parte della strada che confina con la campagna. Praticamente e letteralmente infischiandosene dell’asinaio.
Ho nostalgia, altresì, dei momenti di “strada”: quando si poteva scorrazzare e correre; quando si tornava a casa inzaccherarti perché l’acqua fangosa si era appiccicata sui pantaloni o meglio ancora sulle gambe perché si portavano quasi sempre i pantaloncini corti; quando si faceva chiasso nella “controra”. Ho nostalgia di quelli, avanti in età, che, affacciandosi alle finestre o ai balconi, inveivano contro i “monelli” (ricordo con tenerezza “chelle d’a curteglia”: ’Ndunetta ’i Pataccone, Rosa ’i Santella) che minacciavano fulmini e saette ma i “tribunali” erano citati e conosciuti soltanto da chi era stato a Napoli; nostalgia di quando tutti accorrevano non appena si aveva sentore o conoscenza che era successo qualcosa di grave; quando tutti si affacciavano ai balconi o alle finestre ed eventualmente lanciavano confetti al passaggio di un corteo nuziale. Ho nostalgia del prope (vicino); oggi a volte non si sa neppure ciò che succede sul pianerottolo di casa.
– Eh sì – ha detto chi sa tutto – Questo succede perché siamo sempre davanti alla TV e siamo distratti da tablet o smartphone.
Ho nostalgia di quella sensibilità istintiva che incanalava le acque, e teneva in ordine le parracine.
Se, per assurdo, tutto ciò capitasse oggi…
Il buontempone ha detto: Avrebbero messo: a) dei… bimbo-velox, per limitare i loro movimenti; b) i chiassometri; c) i lamentometri; d) uno scanning delle parracine al fine di quantificare il numero delle pietre e la loro disposizione…”
– E poi, che altro? – gli ho chiesto.
Si è seduto in poltrona, ha cominciato a girare i pollici delle mani ed ha risposto:
– Lasciami pensare, fammi concentrare..!
L’ho lasciato nei suoi pensieri e me ne sono andato… “alla Pasquale”.
Nota della Redazione
Della nostalgia ha fatto un ampio consuntivo Sandro Russo, considerandone le diverse sfumature con cui è stata interpretata sul sito:
https://www.ponzaracconta.it/2012/05/18/elogio-della-nostalgia-1/
https://www.ponzaracconta.it/2012/05/20/elogio-della-nostalgia-2/