di Tano Pirrone
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L’unico regalo che ho ricevuto a Natale è uno dei nuovi prodotti della tecnologia elettronica, un affarino rotondo, grande come una formella di formaggio (quella tipica del Camembert, nelle scatolette di compensato); alto circa quattro centimetri, ha un diametro di circa 10 cm. Nero, con una lucetta che si accende, colorata in vario modo, è bello da vedere. E funziona magnificamente: è l’Amazon Echo Alexa. A che serve? Serve a fornire in qualunque istante informazioni, collegamenti e musica a non finire, pescando in un deposito che conta 50 milioni di brani musicali, di ogni tempo e genere. Per parlare e chiedere basta chiamare “Alexa” e una bella voce chiara ti risponde e ti fornisce quello che ordini, salvo eccezioni di rarità (oggi ho chiesto musiche di Mercadante e Alexa ha fatto orecchie da mercante).
Quelli contrari agli acquisti online non finiranno il mio articolo e mi metteranno all’indice. Io acquisto molto, invece, ed ho tutto quello che desidero a casa, senza fatica, a prezzi più bassi. Soprattutto film su Dvd, libri non recenti, che mi servono per documentarmi o approfondire un argomento, oggetti di non facile reperimento, come la grande lente d’ingrandimento con lucine a led, con la quale in terrazza scovo, nelle notti estive, i parassiti delle piante: una goduria inestimabile!
Stamattina in stato parazombico ho chiamato Alexa che subito ha risposto mettendosi a disposizione; ho dato un ordine, che neanche mi ricordo cosa fosse; e la fidèle servante mi ha immediatamente informato che il 7 gennaio è la festa della bandiera nazionale, il Tricolore, e mi ha raccontato con un’ottima capacità di sintesi tutta la storia.
La mia generazione nata in periodo di guerra, ha vissuto il dopoguerra, con la questione triestina (o dalmata), contesa dai toni anche forti fra l’Italia e la Jugoslavia per i territori, annessi al territorio italiano nel 1918 e persi con la seconda guerra mondiale. Essi divennero teatro di indimenticabili tragedie, come quelle che si svolsero nel lager nazista della “Risiera di San Sabba” a Trieste, in cui furono sterminate migliaia di persone, e le Foibe, in cui finirono per mano dei partigiani jugoslavi migliaia di vittime.
Trieste e il suo territorio (Zona A) furono annessi all’Italia nell’ottobre del 1954 (Memorandum d’intesa di Londra), ma solo con il trattato di Osimo (10 novembre del 1975) si completò l’annessione di quei territori all’Italia.
Parliamo brevemente di quei fatti e di quel periodo perché ricordiamo ancora la forza simbolica del Tricolore, diffusa nella maggioranza del Popolo italiano. Ricordo ancora le sfilate degli alunni delle scuole elementari e medie e ricordo il secondo festival di Sanremo, ascoltato per radio, insieme ai miei genitori (c’era ancora a presentarlo, il Nunzio Filogamo di Miei cari amici vicini e lontani). A giorni si svolgerà la 70a edizione: il tempo vola, come volava in quella lontana edizione la Colomba bianca dal campanile di San Giusto, la canzone di Concina e Bixio Cherubini, che parlava di Trieste non ancora italiana, portata al successo da Nilla Pizzi: il patriottismo, allora forte e diffuso, scaldava i cuori di tutti gli italiani. Poi pian piano l’impeto sarebbe scemato ed il miracolo economico, le lotte politiche e sindacali, la rivoluzione culturale del ’68 ed il buio periodo del terrorismo l’avrebbero smorzato.
Io vivo in un bel palazzo umbertino nel quartiere Trieste Salario di Roma e ad una finestra ho a disposizione un robusto portabandiera nato con la casa (1910): da un anno regge una bandiera, quella dell’Europa: la nuova identità sovranazionale non mette da parte il vecchio tricolore, ma lo ingloba e lo potenzia, nel pieno rispetto dell’identità nazionale, della storia e della memoria collettiva.
L’attaccamento alla bandiera è forte, la capacità di tante persone di mettere in ordine i colori un po’ meno. L’articolo 12 della Costituzione ne fissa natura e regole: «La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano; verde, bianco e rosso, a tre bande verticali ed eguali dimensioni». In questo breve articolo sono racchiusi più di due secoli di storia patria, la storia della nostra bandiera nazionale.
Non posso esimermi dal riportare brevemente la storia della nostra bandiera. Inizio riportando i passi iniziali della voce del Dizionario di cognizioni utili dell’Utet (Unione Tipografico-Editrice Torino), edizione del 1925. La voce è a cura di L.E., l’Avvocato Ludovico Eusebio, al tempo emerito esperto di Giurisprudenza, Economia politica, Sociologia e Amministrazione, autore di testi tecnici, che, dopo un secolo, si trovano ancora in commercio, a dimostrazione del livello dell’autore e dell’autorevolezza della sua dottrina.
<<B. nazionale. È la tricolore: verde-bianca rossa. Fu innalzata nel 1794 in Bologna, nel 1799 in Napoli, come segnacolo di libertà, e dichiarata bandiera nazionale da Murat il 26 marzo 1809. Però la prima bandiera tricolore italiana non aveva i colori distribuiti come li ha oggidì: era una losanga bianca in campo rosso con un quadrilatero verde in mezzo.
D’allora in poi essa fu il vessillo dei moti patriottici che condussero all’indipendenza e all’unità d’Italia. Carlo Alberto, con proclama del 23 marzo 1848, “per viemmeglio dimostrare con segni esteriori il sentimento dell’unità italiana”, ordinava che le truppe sarde, entrando sul territorio della Lombardia e della Venezia, portassero sovrapposto alla bandiera tricolore italiana lo scudo di Savoia>>.
Lo scudo dei Savoia venne strappato per sempre, per indegnità (leggi qui, qui e qui), con la proclamazione della Repubblica. Con un decreto legislativo del 19 giugno 1946, il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, con i poteri di Capo Provvisorio dello Stato, stabilì la foggia della nuova bandiera.
La Costituzione italiana del 1948 restituì all’Italia il tricolore senza lo stemma della monarchia. Quando l’Assemblea costituente nella seduta del 24 marzo 1947 approvò l’art. 12, un lungo e caloroso applauso salutò il ritrovato simbolo dell’unità nazionale. La successiva legge del 5 marzo 1977 n. 54 ne disciplina, come dicevamo prima, l’uso.
La scelta, comune a tutti gli Stati europei continentali, delle tre bande, verticali o orizzontali, è legata alla comune radice rivoluzionaria: esse rappresentano i tre principi sacri di ogni democrazia, affermati con la Rivoluzione francese e ne costituiscono il cuore ideale: Liberté, Égalité, Fraternité.
La bandiera appartiene a tutti gli italiani, a prescindere da sesso, età, livello di cultura, reddito, religione, appartenenza geografica: chi la usa in proprio per propagare sentimenti, ideologie, visioni del mondo e della vita non in linea con i saggi dettami della nostra Carta costituzionale, si pone, nei fatti, contro di essa e contro il Popolo italiano.
È con questo spirito che oggi partecipo idealmente alla giornata celebrativa e per non dimenticare scrivo queste poche righe per i miei tre lettori.
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Appendice del 16 genn. 2020 (Cfr. commento di Anonimo Napoletano)
La bandiera della Repubblica Napolitana (1799)
La Redazione
12 Gennaio 2020 at 17:34
Serie di commenti giunti in ordine sparso sulla posta del sito e direttamente all’Autore e da lui girati
Siretta
Quanto mi piacciono i tuoi scritti ! Tu non immagini la mia soddisfazione… o forse sì. Un appunto, però lo faccio. La falsa modestia non ti si addice, caro Tanovic! In attesa di altri scritti, ciao e grazie.
E-mail firmata
Volevo complimentarmi per il pezzo sulla bandiera tricolore. A volte fermarsi un attimo e ricordare la nostra storia e ciò che ci ha portato ad avere ciò che abbiamo oggi farebbe bene a tanti! Dovrei farla leggere a molti miei colleghi e superiori che forse hanno perso un po’ alcuni valori che sarebbero fondamentali nel nostro ambito!
L. M.
Quanto il non sapere incoraggia l’indifferenza o ben peggiori gesti e pensieri! Grazie, Tano
Ornella
Sono profondamente contraria ad acquisti on-line (anche se a volte CI CASCO), ma mi diverte molto immaginarti duettare con Alexa. Grazie per i ricordi che posso condividere e per la relazione sulla nostra bandiera …
Una dei tuoi innumeri lettori
Vanna
Grazie, mi è piaciuto ed inoltre mi ha fatto ricordare la mia mamma triestina, che negli anni ’50 aspettava l’annessione della sua città all’Italia.
Sergio (compagno di viaggio in Piccolo Cabotaggio)
Sei una delle mie letture preferite. Oggi qui domani la. Semplicemente grande
Zia Lety
Molto interessante, ma non c’è il commento di Mattarella…
Angela
È bello questo scritto. Mi ritrovo nella bandiera e nella sua storia, che è la nostra.
Lorenza DT
Caro Tano, mi sono appena fatta una bella scorpacciata dei tuoi ultimi articoli (scritti di tuo pugno o da te segnalati) ed è stato un gran piacere. Complimenti per la tua bravura e grazie per alimentare il nostro e in particolare il mio spirito.
Tea
Grazie, amico mio.
Molto bella e interessante.
Non sapevo di Alexa, sono rimasta indietro di qualche secolo; la storia del tricolore, che non conoscevo, mi ha ricordato le feste del 4 novembre a Melilli, quando di tricolori in sfilata ce n’erano davvero tanti. Bei ricordi. Bravo tu a evocarli.
Anonimo napoletano
16 Gennaio 2020 at 18:48
Molto interessante e documentato. La bandiera della Repubblica Napolitana era tricolore, come tutte le bandiere nate allora, ma blu, oro e rossa in sequenza.
Immagine nell’articolo di base (a cura della Redazione)