di Rosanna Conte
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Vi è mai capitato di pensare che quanto avete speso è troppo poco per quello che vi viene dato?
E’ quello che mi è capitato dopo aver visto “Napoli Napoli. Di lava porcellana e musica”.
Non è un film né una semplice mostra. E’ qualcosa di mezzo tra la messa in scena di un’opera e un racconto storico.
Ma la definizione non è indicativa della forza emotiva che travolge chi l’attraversa. Napoli emerge come un fulcro culturale che fonde l’eccellenza della musica con quella delle arti applicate, come la città che con le sue capacità e il senso proprio della vita, ha dato un’impronta a un gusto e a uno stile che ha influito anche sulla storia del costume
Inaugurata il 21 settembre al Museo di Capodimonte, a Napoli, la mostra fa viaggiare il visitatore nello splendore di questa cultura settecentesca attraverso la musica, i costumi, gli oggetti, le immagini che sono in ogni sala e assumono un’unità tematica.
A Napoli la festa è sempre musica e la musica ci accompagna in questo percorso culturale avvertito come festa.
La guida auricolare scatta automaticamente ad ogni passaggio di sala facendoci passare dallo Stabat mater di Pergolesi nella Sala della Musica sacra all’inno borbonico, composto nel 1799, nella sala del potere, alla Cleopatra di Domenico Cimarosa, al canto degli uccelli ripreso nel bosco di Capodimonte nella Sala della Natura, alla villanella Vurria ca fosse ciaula nella Sala del gioco d’azzardo e del destino.
Una musica per ogni sala e le sale, escluse la prima e l’ultima, sono quindici. I manichini disposti in ogni sala indossano abiti di scena creati da Odette Nicoletti per le opere classiche rappresentate al San Carlo per la regia di Roberto De Simone. E, in realtà, come scrive il direttore del museo, Sylvain Bellenger, la mostra vuole essere anche un omaggio al maestro De Simone.
Ma c’è anche la porcellana che assume su di sé la capacità artistica delle arti applicate napoletane. La mostra si sviluppa sul primo piano del museo dove, oltre ai servizi da tavola dei sovrani borbonici, c’è anche il famoso salottino in porcellana, opera di ceramisti di Capodimonte, regalato nel 1759 da Carlo di Borbone alla moglie Amalia di Sassonia, cresciuta nel palazzo di Dresda dove il nonno aveva raccolto la più grande collezione di porcellana d’Europa.
Ma c’è tanto di più. Nella sala d’ingresso c’è l’enorme busto della regina Maria Carolina che spunta da un’enorme tazza, e poi inizia il percorso: Sala della Musica sacra, Sala della Musica profana, Sala del Potere, Sala del Grand Tour, Sala dell’Egittomania, Sala delle Chinoiseries, Sala della Materia, Sala dell’Eruzione, Sala della Natura, Sala dei Pulcinella, Sala della Caduta dei Giganti, Sala del gioco d’azzardo e del destino, Galleria del Servizio dell’Oca, sala “Miseria e nobiltà”, Sala della Parrucca.
Vista un po’ di corsa ci vuole un’ora, ma se ci prendi gusto puoi impiegarci molto di più.
E’ aperta fino al 21 giugno 2020 e consiglierei di andarci apposta.
E’ da non perdere: vale molto di più del biglietto d’ingresso!