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Riportiamo integralmente un articolo da la Repubblica on line di ieri 28 sett. 2019 a firma Clemente Pistilli.
Palmarola, “Via le capre dall’isola, adottatele”
L’animale è considerato una minaccia per la biodiversità: non sono originarie della zona, sono state portate lì dall’uomo e, divorando la macchia mediterranea, sono considerate, secondo il progetto Life Ponderat, un elemento dannoso per quel particolare ambiente naturale
Ci sono delle caprette da adottare. A Palmarola da maggio sono in corso le catture delle capre inselvatichite. Si tratta di animali che per secoli hanno vissuto sull’isola allo stato selvatico, ma che ora devono essere eliminati nell’ambito del progetto Life Ponderat, finanziato dalla Commissione Europea e volto a ricostruire l’integrità dell’ecosistema insulare nell’arcipelago pontino, liberandolo da piante e animali alieni.
Le capre non sono infatti originarie di Palmarola, sono state portate lì dall’uomo e, divorando la macchia mediterranea, sono considerate un elemento dannoso per quel particolare ambiente naturale. Una minaccia per la biodiversità. Il Comune di Ponza, da cui dipende Palmarola, ha subito dato l’ok all’iniziativa, ma c’è ora il problema di che cosa fare con gli animali catturati.
L’ente locale isolano ha così diramato un avviso, invitando ditte e cooperative, pubbliche o private, interessate ad ottenere le caprette, a presentare una richiesta. Inviando una pec, una lettera tradizionale o presentandosi di persona negli uffici comunali, dal lunedì al venerdì e negli orari di ufficio, utilizzando lo stesso facsimile preparato dal Comune, si potrà presentare domanda per adottare gli animali catturati. Anche più di cinque a testa. È sufficiente indicare i propri dati e il numero di caprette che si vorrebbero ottenere.
Poi le consegne verranno effettuate in base alle disponibilità e seguendo l’ordine di presentazione delle richieste. Chi otterrà le caprette dovrà infine recarsi a Ponza a prenderle per portarle via a proprie spese, badando anche al cibo necessario per il viaggio. Tempo pochi mesi e le capre che per secoli sono state viste saltare lungo le pareti scoscesi di Palmarola, disabitata in inverno e meta del popolo degli yacht in estate, diventeranno solo un ricordo.
Appendice del 30 settembre
Allegati al secondo commento di Biagio Vitiello (cfr)
Biagio Vitiello
30 Settembre 2019 at 07:19
Non sono d’accordo con il contenuto dell’articolo di Clemente Pistilli su la Repubblica, secondo me finalizzato solo a dar credito al progetto Ponderat. Sullo stesso tema anche a pag. 25 di Latina Oggi (nella odierna Rassegna Stampa sul sito).
A Palmarola le capre ci sono da quasi mezzo secolo, e qualcuno mi può dire quali sono i danni? Quali le specie di piante minacciate? Io che sono un attento osservatore della flora delle isole non ne ho constatato alcuno.
Vorrei ricordare che anche sull’isola di Montecristo vi sono le capre, messe lì da non so quale re piemontese a scopo di caccia, ed ora che l’isola è una riserva integrale, nessuno si è sognato di toglierle; solo vengono tenute sotto controllo. Come a Palmarola, esse tengono a bada le specie botaniche più invasive come i rovi (Rubus spp.), Smilax aspera, Calicotome (C. villosa e C. spinosa). Senza capre i sentieri saranno presto impraticabili. Chi come me è amante delle escursioni in luoghi insoliti, come farà?
Sugli aspetti economici dell’operazione poi, saranno da fare i conti..!
Biagio Vitiello
30 Settembre 2019 at 08:29
Un altro aspetto dei progetti Life PonDerat riguarda Zannone.
Nell’articolo di base è allegata una delibera del Comune di Ponza del 12.07.2019 che prevede una recinzione su Zannone in applicazione di un altro progetto Life PonDerat.
Sono andato a procurarmi delle informazioni sul progetto – http://www.parchilazio.it/pp-48-progetto_life_ponderat_life_14_nat_it_000544 – e mi chiedo: è possibile che siamo arrivati fuori tempo massimo per proteggere la lecceta di Zannone e il Monte Pellegrino dai mufloni che sull’isola saranno di numero assai inferiore rispetto agli anni precedenti? Benché siano presenti a Zannone da oltre 80 anni, saranno ridotti ora a pochi esemplari… E solo ora ci siamo resi conto che procurano danno al sottobosco? Non è che la sofferenza della lecceta dipende dal cambio climatico, di cui tanto si parla?
Domenico Marano
1 Ottobre 2019 at 23:44
Pienamente d’accordo con Biagio Vitiello. Sicuramente quelle capre (o la prima coppia) sarà stata portata dai vecchi e veri pescatori ponzesi o fornesi, famosi in tutto il bacino del Mediterraneo per la loro abilità. Quando a Palmarola ci si andava non per divertimento, ma per lavoro, durissimo lavoro. Ho visto le mani callose di qualcuno di loro e il viso bruciato dal sole. E durante la loro permanenza a Palmarola avranno pensato bene di portare qualche animale che fornisse loro latte e formaggi, specialmente durante le imponenti mareggiate, quando si era costretti a restare al sicuro. Non capisco però perchè oggi si vogliono trasferire in altro sito. I camosci del Parco Nazionale d’Abruzzo stanno ancora lì, come gli stambecchi del Gran Paradiso. E ci si tiene alla loro salute.
Le graziose caprette di Palmarola fra l’altro sono diventate un’attrazione turistica. Ogni anno, durante il mio periplo di Palmarola, sia con barchetta presa a noleggio, sia con le Cooperative Pescatori Ponza che con l’ormai famosissimo Beluga,
il mio sguardo è rivolto a Punta Tramontana per scorgere fra gli anfratti e la vegetazione le agili caprette.
Anzichè pensare al trasferimento delle innocue caprette, perchè, mi chiedo, non si utilizzano i fondi della Commissione Europea per ripulire il mare dal crescente inquinamento della plastica e magari potenziare anche i depuratori?