di Tano Pirrone
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Riceviamo e volentieri pubblichiamo, da Tano, tornato tutto fomentato da un viaggio in Calabria e soprattutto in Sicilia, sua terra natale, dove ha assistito a due rappresentazioni del Teatro Greco di Siracusa.
S. R.
Alessandria è la seconda città dell’Egitto, suo principale porto. Fu fondata da Alessandro il Grande nel 212 a.C. All’imboccatura del suo porto è posta un’isola: Pháros su cui fu fatto costruire dal mercante greco Sostrato di Cnido negli anni tra il 300 e il 280 a.C. un faro considerato una delle sette meraviglie del mondo antico – nonché una delle realizzazioni più avanzate ed efficaci della tecnologia ellenistica – che rimase funzionante fino al XIV secolo. Dal nome dell’isola ebbe etimologicamente origine il nome “faro” in molte lingue romanze: “faro” in italiano e spagnolo, “farol” in portoghese, “phare” in francese, “far” in rumeno.
Lo scopo dell’imponente opera era aumentare la sicurezza del traffico marittimo in entrata e in uscita, reso pericoloso da numerosi banchi di sabbia nel tratto prospiciente il porto e dall’assenza di rilievi orografici. Esso consentiva di segnalare la posizione del porto alle navi, di giorno mediante degli speciali specchi di bronzo lucidato che riflettevano la luce del sole fino al largo, mentre di notte venivano accesi dei fuochi. Si stima che la torre fosse alta 134 metri. Il faro, secondo la testimonianza di Flavio Giuseppe, poteva essere visto a 48 km di distanza. Era costituito da un alto basamento quadrangolare, che ospitava le stanze degli addetti e le rampe per il trasporto del combustibile. A questo si sovrapponeva una torre ottagonale e quindi una costruzione cilindrica sormontata da una statua di Zeus o Poseidone, più tardi sostituita da quella di Helios.
La costruzione del faro di Alessandria si rivelò di grande utilità e indusse a costruire analoghi fari in vari altri porti del mar Mediterraneo ellenistico. Non si hanno descrizioni esatte del suo funzionamento. Si può comunque supporre che il fascio luminoso del faro venisse rafforzato dall’uso di specchi parabolici, tecnica tipicamente applicata nell’era moderna. Inoltre, la forma cilindrica del contenitore della sorgente di luce induce a pensare che dal faro provenisse un fascio di luce girevole, più utile per i naviganti di una sorgente fissa. Nei secoli successivi queste tecnologie andarono perdute, come gran parte della cultura scientifico-tecnologica ellenistica.
Si riprese a costruire fari solo nel XII secolo (la prima Lanterna di Genova è realizzata nel 1128 o nel 1139), ma senza riflettori basati sulla teoria delle coniche. Questi verranno recuperati solo nei primi decenni del XVII secolo, in particolare da Bonaventura Cavalieri, e consentiranno la costruzione dei primi fari moderni alla fine di quel secolo.
Ad eccezione della Piramide di Cheope, il faro fu la più longeva delle sette meraviglie. Rimase in funzione per sedici secoli, fino a quando nel 1303 e nel 1323 due terremoti lo danneggiarono irreparabilmente. Nel 1480 il sultano d’Egitto Qaytbay utilizzò le sue rovine per la costruzione di un forte nelle vicinanze. Numerosi blocchi ed elementi architettonici sono stati recuperati in mare, insieme alle colossali statue di Tolomeo II e della moglie Arsinoe II rappresentata come Iside.
A Pháros è ambientato un episodio dell’Odissea: nel quarto libro, tra i versi 360 e 620, Menelao racconta le sue avventure in quest’isola a Telemaco: egli è costretto a rimanervi con la sua ciurma, di ritorno dalla guerra di Troia, a causa di venti avversi. Ingannando Proteo e con l’aiuto di sua figlia Eidotea, riesce a ripartire e a far rotta per la Grecia.
Ricordiamo l’antefatto così come il mito lo ha trasmesso fino ai nostri giorni, pur con varianti che non inficiano il significato profondo della storia.
Paride, figlio secondogenito di Priamo, re di Troia, e di Ecuba, esposto sul Monte Ida per le funeste profezie che lo accompagnarono sin dalla nascita, fu chiamato dagli dei a scegliere la più bella fra Era, Atena e Afrodite. Ognuna di loro gli promise una ricompensa in cambio della mela d’oro messa in palio da Eris, dea della discordia: Atena lo avrebbe reso sapiente e imbattibile in guerra, consentendogli di superare ogni guerriero; Era promise ricchezza e poteri immensi, talché a un suo gesto interi popoli si sarebbero sottomessi, e tanta gloria che il suo nome sarebbe riecheggiato fino alle stelle; Afrodite gli avrebbe concesso l’amore della donna più bella del mondo. Egli scelse Afrodite. Scelse di essere l’uomo più bello e che avrebbe potuto possedere la donna più bella. Riaccolto nella reggia paterna, Paride fu inviato in missione diplomatica a Sparta, da cui tornò con Elena, di cui si era invaghito, donna bellissima, ma sposa di Menelao, fratello minore di Agamennone e re di Sparta. Tutti sanno come andò a finire: gli Achei predisposero un’armata e cinsero di assedio Troia, espugnandola dopo dieci anni grazie all’inganno del cavallo. Troia fu data alle fiamme, gli uomini uccisi e le donne, prede di guerra, condotte schiave in Grecia. Menelao riprese con sé Elena e dopo tante peripezie tornò in patria.
Questa per sommi capi la storia. E così, all’incirca, fu cantata dagli aedi e in forma di tragedia raccontata nei teatri del vasto territorio su cui la cultura ellenica dominava. Così la cantò anche Stesicoro, salvo il ripensamento successivo di Palinodia, elegia in cui la bella Elena rapita da Paride viaggiò con lui fino in Egitto e lì poi rimase, trattenuta a forza dal locale re Proteo. Chi aveva seguito Paride non era stata, secondo questa versione, Elena, ma un’immagine della fanciulla (eidolon, che ha anche valenza di “fantasma”), creata all’uopo da un dio (forse Hermes). Elena scagionata dalla colpa funesta di fedifraga e adultera, diviene essa stessa vittima del fato.
Una variante di questa storia è utilizzata da Euripide per la sua opera Elena (*) (rappresentata per la prima volta nel 412 a.C. nel Teatro di Dioniso in Atene); riprende, in pratica, l’ottica che era stata di Stesicoro: non è la regina di Sparta a seguire Paride, ma un fantasma… “un fantasma dotato di respiro, fatto con un pezzo di cielo”. Elena rimane lì, dov’era giunta trascinata da Paride; lì, in Egitto, proprio nell’Isola di Pháros, dove, sette anni dopo la fine della guerra, la raggiunge, per caso, vittima di un naufragio, il marito Menelao, insieme col quale riesce, ingannando Teoclimeno – re locale dell’epoca, che avanzava pretese sull’esule regina – a fuggire e tornare insieme finalmente in patria.
[Fari e fantasmi nel Mediterraneo senza tempo (1) – Continua]
Note
(*) – Elena di Euripide. Regia di Davide Livermore; Siracusa, Teatro Greco, Stagione 2019 (9 maggio / 22 giugno)
Articoli basici sui fari:
Oltre a digitare – Faro – nel riquadro “Cerca nel sito”, in Frontespizio, si possono consultare sul sito questi articoli:
https://www.ponzaracconta.it/2012/04/11/a-guardia-del-mare-1/
https://www.ponzaracconta.it/2012/04/18/a-guardia-del-mare-2/
https://www.ponzaracconta.it/2012/08/07/le-sentinelle-del-mare/
Inoltre, sul sito, tre articoli dedicati ai fari, da Tano Pirrone (tutti del 2013):
Fare Fari
https://www.ponzaracconta.it/2013/08/18/fare-fari/
Che farò senza faro?
https://www.ponzaracconta.it/2013/08/22/che-faro-senza-faro/
Il faro della Plaja
https://www.ponzaracconta.it/2013/10/15/il-faro-della-plaja/