di Enzo Di Fazio
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Spesso, parlando di Europa, ho avuto modo di sottolineare come molti dei problemi che lamentiamo dipendono dalle nostre inadempienze più che dal fantomatico nemico esterno.
Sono mesi che nella propaganda politica sentiamo continuamente dire che “è tutta colpa dell’Europa” come se tutto ciò che non funziona, a cominciare dalla sanità per finire alla giustizia, dipendesse dall’Europa e non piuttosto dalla capacità di fare leggi efficaci, dalla volontà di applicarle e dal buon senso di tutti di metterle in pratica e rispettarle.
A questo punto, visto che non ci riusciamo da soli, è forse anche un bene che ci sia qualcuno a ricordarcelo.
E’ un momento in cui ci si accanisce nei dibattiti politici, ma anche tra la gente, nel raccontare solo dei danni fatti dall’Europa dimenticando tutto quello che abbiamo, perché dato per scontato.
Ma così non è, e sarebbe bene ricordare ogni tanto i vantaggi che ci derivano dal far parte di questo continente. Cerco di farlo ricorrendo all’aiuto di alcune letture di questi ultimi giorni.
Comincio dai giovani poiché appartiene a loro, più che ad ogni altro, il futuro.
Nel 1987, quando venne creato il programma di mobilità studentesca dell’Unione Europea Erasmus, partirono da 11 Paesi della CEE oltre 3200 giovani per studiare all’estero.
Da allora sono milioni gli studenti che hanno vissuto questa esperienza ampliando i propri orizzonti di vita e di interesse grazie ai finanziamenti della comunità europea. E altri milioni ne partiranno nei prossimi anni con la possibilità di trovare, a fine studi, lavoro nel mercato unico europeo. In tre decenni oltre 500mila sono stati gli studenti universitari italiani che ne hanno usufruito.
Avrebbe potuto uno Stato sovrano e isolato fare questo?
Altro vantaggio di cui godiamo inconsapevolmente è l’avere uno spazio comune in cui liberamente possono circolare persone, merci, capitali e servizi.
Cosa significa per un cittadino europeo muoversi per l’Europa lo dice la possibilità di stabilirsi in qualsiasi paese dell’Unione conservando tutti i diritti senza distinzione di nazionalità. Tantissime sono le tutele che abbiamo e che ci derivano dalle normative europee ma non lo sappiamo perché sono diventate leggi nazionali. La maggioranza delle leggi che tutelano l’uguaglianza sul posto di lavoro, il diritto a un giusto processo, il rispetto dell’ambiente, la tutela della salute sono europee.
La possibilità di viaggiare in lungo e in largo a costi contenuti è un altro vantaggio che ci deriva dall’appartenere ad un’Unione di Stati. Secondo i dati della Commissione Europea una famiglia di 4 persone nel 1992 spendeva 16 volte in più per andare in aereo da Milano a Parigi, rispetto al 2017.
L’Europa è un mercato comune che, sviluppando un prodotto interno lordo di 15.300 miliardi di euro (dato 2017), è in grado di contendere il primato agli Stati Uniti d’America ed è superiore a quello cinese.
All’interno del mercato non esistono barriere doganali e con la libera circolazione delle merci è anche arrivato il corposo impianto normativo a tutela dei consumatori, frutto diretto, prima inesistente, della legislazione europea.
Oggi l’obbligo delle etichettature con l’indicazione della composizione degli alimenti, l’origine e i contenuti allergeni garantisce uno standard minimo di sicurezza della catena alimentare.
Attraverso le segnalazioni di contaminazioni sospette e la verifica della loro veridicità da parte dell’Efsa, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, tutti gli Stati sono obbligati a curare il ritiro dal commercio dei prodotti interessati se confermata la sofisticazione.
Quanto siano importanti queste libertà ed i patti che le garantiscono lo confermano le difficoltà che sta incontrando la Gran Bretagna nel trovare un accordo per uscire dall’Europa per i forti contrasti interni al governo e le forti resistenze esterne da parte dell’Irlanda del Nord e della Scozia che, come si ricorderà, votarono per rimanere.
La moneta unica rappresenta la prima valuta internazionale in grado di contrapporsi allo strapotere del dollaro; sebbene al momento sia di moda parlarne nei termini più cupi rimane di fatto una moneta utilizzata in tantissime transazioni internazionali e fa parte delle riserve di valuta estera di molte banche centrali.
L’esistenza dell’euro ha significato dalla sua assunzione stabilità dei prezzi e dei cambi e livello contenuto dei tassi di interesse, grazie anche alle politiche monetarie messe in atto dalla Banca Centrale.
Certo c’è ancora molto da cambiare, a partire dalla necessità di armonizzare le politiche fiscali tra gli stati, ma se si lavora con l’intento di migliorare e non distruggere ne avremo i benefici anche in termini di crescita e di occupazione.
Spesso, parlando di Europa, dimentichiamo la storia e non ricordiamo quanto siano state le volte che un paese europeo abbia attaccato o invaso un suo confinante prima che, nel 1941, i suoi padri fondatori avessero la grande intuizione di gettare le basi per realizzare il più grande progetto di pace, convivenza e fratellanza mai sperimentato nella storia.
E visto che, da oltre 70 anni, l’Europa è garanzia di pace ricordiamocelo anche quando dopodomani andiamo a votare.
Facciamolo, come efficacemente ha scritto Massimo Giannini qualche giorno fa su Repubblica, con lo spirito di cambiare l’Europa come hanno insegnato i padri fondatori, da Spinelli a De Gasperi, da Monnet a Mitterrand, da Adenauer a Koll. Non con l’idea di sfasciarla come oggi sognano i nipoti distruttori da Orban a Wilders, da Le Pen a Farage.
Appendice del 25 maggio ore 6; allegato al Commento di Sandro Russo
File .pdf da la Repubblica del 23 maggio: Tre nemici all’orizzonte
vincenzo
24 Maggio 2019 at 09:10
Quando parliamo dell’Utopia di Altiero Spinelli di un’Europa dei popoli e poi sento dire nel 2019 che si vota per le Europee per cambiare, mi viene in mente che tra l’Utopia e la realizzazione c’è evidentemente qualcosa che non è andata per il verso giusto.
Mi viene in mente la parabola del seminatore: “Alcuni semi andarono nella strada e non diedero frutti, altri andarono sulla roccia e durarono un attimo, altri tra le spine e furono soffocati, altri in un terreno profondo e diedero i loro frutti.
Quei semi dell’Utopia europea per il 90% sono andati nel posto sbagliato e hanno realizzato questa Europa neoliberista.
Chi oggi ha una tranquilla rendita economica, egoisticamente non si guarda intorno e mette in mostra solo il 10% di quel seme che ci ha dato: studenti che viaggiano, la caduta delle dogane, una moneta unica e forte, il periodo più lungo di pace.
Tra l’Utopia di Spinelli e la realizzazione della Troika c’è una lunga storia di tentativi di integrazione, ma se oggi ancora discutiamo di Europa da cambiare, evidentemente non ha funzionato qualcosa.
Dal modello funzionalista iniziale che è stato lo spirito dei trattati di Roma, siamo passati a un modello dirigista dei trattati di Lisbona.
Ora l’Europa è terra di conquista. Non c’è solidarietà tra i popoli. I popoli hanno solo doveri e non più diritti. Hanno trasformato i popoli in somme di individui. Si parla infatti di diritti civili delle persone, non più dei popoli. Si confondono i bisogni di tanti con i desideri di alcuni. Le Costituzioni degli Stati sono state disinnescate, e i popoli hanno perduto la Legge fondamentale che li teneva legati insieme.
Quello che è successo di gravissimo è che invece di europeizzare il mondo, l’Europa si è americanizzata.
Una cosa è chiara caro Enzo. Puoi essere ottimista quanto vuoi, ma stanno tirando troppo l’elastico.
Quel pugno di ricchi continua a tirare l’elastico che sta per rompersi.
Tutti ci aspettiamo che qualcosa cambi nella direzione di un nuovo Umanesimo, ma non basta votare questo o quell’altro partito (senza progetto): bisogna che i popoli ricomincino a pensare da popoli. Bisogna che gli intellettuali europei rimettano in moto i loro pensieri e ritrovino l’illuminismo perduto.
Sandro Russo
25 Maggio 2019 at 06:11
Quando Vincenzo fa le pulci agli aspetti negativi dell’Europa come bene o male si è realizzata e chiede dove sono i germi del cambiamento, omette sempre di specificare quali sono le sue, di proposte, e quali partiti, con quali programmi, dovrebbero farsene portatori.
Dove hanno fallito Jacques Delors, Barroso e Junker riusciranno Orbàn e i campioni nostrani? Forse con l’aiuto di Putin?
O non piuttosto – dopo aver buttato il bambino insieme all’acqua sporca – si tornerà alle squallide litigiosità nazionali, con quel che ne conseguirà?
Illuminante un articolo sul futuro dell’Unione Europea e sulle mine nel suo percorso, di Andrea Manzella, su la Repubblica dell’altro ieri, giovedì 23 maggio (in file .pdf in appendice all’articolo di base).
vincenzo
25 Maggio 2019 at 10:06
Ci sono molti amici che mi chiedono perché continuo a parlare di queste cose con chi non ha interesse ad ascoltare. E chi non ha interesse ad ascoltare? Quelli di Sinistra che si sono innamorati di Re Giorgio e poi dei vari Monti, Letta, Renzi. Costoro pensano che il problema siano i Di Maio e i Salvini, e non hanno capito che il problema è il clima politico-economico che genera le ribellioni. Salvini e Di Maio raccolgono solo questa ribellione.
Io non credo che Orbàn, Le Pen, oppure Salvini possono cambiare l’Europa, però al contrario di Andrea Manzella non sono un democratico strabico; io dico che se si crede in questa democrazia che permette queste elezioni farsa, bisogna rispettare il voto dei cittadini e vedere poi quello che succede.
Infatti domenica tutti i popoli europei vanno a votare.
Che cosa hanno in comune questi popoli europei? Le origini culturali: la filosofia greca, il diritto romano, il cristianesimo.
Ma poi tutti questi popoli hanno subito, dal dopoguerra, l’influenza americana, la cultura americana.
Tutti questi popoli hanno Facebook, hanno Google, hanno case simili, un sistema bancario privatizzato, spendono a debito, hanno dovuto rinunciare alla loro sovranità nazionale, hanno dovuto rinunciare alle loro diversità culturali. In nome di che cosa?
Di una Federazione di Stati che garantisce pari diritti e pari doveri ai popoli?
Non mi sembra!
Hanno dovuto rinunciare alle loro origini e alle loro diversità culturali e strutture nazionali che si erano conquistati con il sangue, in nome di una organizzazione tricefala che prende ordine dagli americani.
Questi popoli europei non sanno ancora cosa devono fare ma si stanno guardando intorno. Si stanno guardando nelle tasche e le vedono più vuote. Si stanno guardando intorno e assistono inermi alla distruzione delle loro certezze: come la garanzia di un lavoro stabile e duraturo, la garanzia di una casa, la garanzia di una dignità. Si guardano intorno e vedono i loro figli smarriti senza un progetto di vita, che continuando a digitare sui telefonini, dicono loro: “Papà, ma che avete fatto?”
Questi popoli si stanno guardando intorno, anche in Italia, e vedono Zingaretti che dice che “tutto va bene, il pericolo non è la ‘bomba atomica neoliberista’ il pericolo sono le molotov dei Gilet Gialli. Il problema non è il Pentagono che si prepara a fare la guerra perché non si possono sopportare nel mondo le pretese del popolo cinese peggio del popolo russo. Il problema sono i Cinque Stelle che si sono inventati il ‘reddito di Cittadinanza’.”
Questo strabismo dei benpensanti, la gente lo ha capito perfettamente, ma non dalla televisione né dai giornali su cui scrive anche Andrea Manzella, (questi fanno propaganda); la gente l’ha capito vedendo i propri risparmi svanire, andando per strada tutti i giorni e parlando con altra gente che è anch’essa incazzata.
Manzella scrive: “L’anima dell’Europa è nella sua dimensione costituzionale, cioè nello spazio di libertà — diritti — democrazia che la fa isola nel mondo”.
Isola nel mondo? L’Europa è un’isola? Forse è diventata una penisola con l’avvento del simpatico Trump che alza e abbatte dogane, ma rimane una colonia degli interessi delle multinazionali di Oltreoceano e delle mire espansionistiche commerciali e militari americane. Solo in Italia vi sono 120 basi Nato.
Spazio Costituzionale? Semmai spazio ‘Contrattato’!
Libertà? Diritti? Democrazia? Parole senza senso.
Ripeto: dal seme di una grande idea, l’Europa, è nata una piantina che inizialmente cresceva sana perché venivano usati concimi naturali. Da 15 anni a questa parte i fertilizzanti usati hanno geneticamente mutato questa piantina.
I popoli europei, costretti, hanno mangiato dei frutti di questa piantina e all’inizio non hanno capito quali fossero gli effetti, ma oggi stanno iniziando a manifestarsi i dolori di pancia, le allergie respiratorie, i danni alla salute pubblica e mentale. E si sono accorti tutti che i frutti di questa piantina sono avvelenati, ragion per cui, o si ritorna ad usare i giusti concimi o questa piantina è da abbattere.
Enzo Di Fazio
25 Maggio 2019 at 20:59
Finalmente Vincenzo si è pronunciato.
Se i frutti della “piantina” Europa sono avvelenati e non c’è la possibilità di usare i concimi giusti per curarla: la piantina va abbattuta. Se ipotizza l’abbattimento della piantina è chiaro che crede nelle forze che predicano l’abbattimento e quindi quelle seducenti antieuropeiste, sovraniste, nazionaliste che l’attuale panorama politico esprime.
Pensa di fare guerra all’America e alla Nato ma non dice quale comportamento assumere nei confronti della Russia di Putin che non fa mistero nell’appoggiare quei movimenti che vogliono la disgregazione dell’Europa.
Dice che i partiti sovranisti non fanno altro che raccogliere la ribellione (che parola grossa!) del popolo senza preoccuparsi della relativa strumentalizzazione per raccoglierne i consensi.
Critica la contaminazione di Google, di Facebook senza rendersi conto che la contaminazione, anche quella etnica, vuol dire ampliamento di vedute e di interessi, movimento di idee, intelligenze e persone che un mondo così velocemente mutevole non può frenare.
Questo voto europeo mette a confronto chi vuole più Europa, chi ne vuole meno e chi non la vuole per niente.
Promesse ne hanno fatte tutti, partiti e movimenti, ma chi vuole abbattere la “piantina” Europa ha promesso più sovranità, più diritti, più sicurezza, più lavoro, più soldi nelle tasche dei popoli, meno tasse per tutti, ecc. ecc. ecc.
E sono proprio questi che, francamente, mi fanno paura.
Sandro Russo
6 Giugno 2019 at 20:14
Penso di contribuire al dibattito in corso sull’economia e sull’Europa con questo commento di Michele Serra, su la Repubblica di oggi 6 giugno.
Da: L’amaca di Michele Serra
Il pozzo infinito
Ha ragione Di Maio: il debito pubblico «è colpa del Pd», che ha governato un paio d’anni prima di lui. Ma forse perché aveva fretta, forse perché la comunicazione politica costringe a una brevità incurabile, non ha potuto completare il suo post.
Che avrebbe dovuto essere, riga più riga meno, questo: “Il debito pubblico è colpa degli ultimi trent’anni (almeno) di storia italiana, nei quali ci siamo dimenticati un po’ tutti che le casse dello Stato non sono un pozzo senza fondo, ma un bene comune limitato.
È colpa dell’evasione fiscale più alta d’Europa, furto di molti ai danni di tutti: è questo il principale buco nei conti pubblici, ma il mio alleato di governo, la Lega, non può dirlo perché tra i suoi elettori l’evasione è considerata legittima difesa. È colpa della tassazione ridicola che premia le rendite finanziarie e i monopoli del web: furto di pochi ai danni di molti.
È colpa della demagogia che in cambio di voti promette benefici senza copertura, come sta facendo il mio governo nelle migliori tradizioni nazionali”.
“È colpa dell’assistenzialismo peloso, vera tragedia del mio Sud e del mio partito; del traffico di voti in cambio di posti pubblici; di pratiche economicamente dementi come il pensionamento a quarant’anni dei dipendenti pubblici. È colpa dell’incapacità della politica, noi per primi, di dire la verità alle persone, per il terrore di perdere voti. Siamo il governo arcitaliano, noi altri, la Lega garantisce gli evasori, noi l’assistenzialismo. Ovvio che il debito pubblico, con noi al governo, non possa che aumentare. Per fortuna se le cose vanno male sappiamo su chi scaricare le colpe: l’Europa”.
vincenzo
7 Giugno 2019 at 10:35
Qualcuno ha detto che gli intellettuali sono “i dominati della classe dominante.”
Gli intellettuali hanno un capitale, quello culturale. Una parte di questa classe – borghese di sinistra – molti anni fa, questo capitale (intellettuale) lo mettevano a disposizione per il riscatto sociale dei più umili, in difesa del rispetto del classe dei lavoratori, in difesa dei diritti dei popoli e dell’ambiente. Ora sono i megafoni al servizio del potere.
Sandro Russo
7 Giugno 2019 at 16:03
Caro Vincenzo, fino a che ai fatti enunciati da Serra rispondi con gli slogan contro gli “intellettuali”, non andiamo avanti.
Ma se vuoi entrare nello specifico per spiegare meglio – oltre che a me, anche ai nostri lettori -, ti do l’aggancio per avere l’ultima parola.