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Il Concerto di Colonia di Keith Jarrett.
Per me – come per molti della mia generazione – la formazione musicale è avvenuta tra gli anni ’60 e ’70 (…del secolo scorso, vabbè!) attraverso le prime trasmissioni di Arbore & Boncompagni per radio (Bandiera gialla, prima, seguita da Per voi giovani), si è nutrita agli inizi di pane-e-Beatles e di molto pop soprattutto inglese (poi anche americano) e solo più tardi si è allargata ad altre esperienze.
Sicuro già negli anni dell’università (alla casa dello Studente di via De Lollis) compravo ‘vinili’ di musica classica; ma devo confessare che nell’ampliamento/restrizione della mia collezione a seguito delle alterne fortune del poker, quei dischi là erano i primi ad essere dati via (piccole cifre, d’accordo, ma era un’economia di sopravvivenza!).
Questo per dire che una certa educazione e predisposizione all’ascolto l’avevo sviluppata. Perciò quando per caso (per passaparola), mi imbattei nel Köln Concert (Concerto di Colonia) di Keith Jarrett ne rimasi folgorato!
Per questo mi permetto di partecipare la mia esperienza ai lettori di Ponzaracconta.
Infine l’ho poi visto e ascoltato dal vivo, Keith Jarrett, nel 2002 allo stadio del tennis al Foro Italico, con i suoi sodali di sempre, Gary Peacock e Jack De Johnette (contrabbasso e batteria); tutti terrorizzati – la platea in religioso silenzio, per il suono di un allarme di macchina – che il Maestro si alzasse e se ne andasse (poi per fortuna l’allarme si interruppe). Ma non era il Köln Concert.
Di quello ho cercato di saperne di più, ma fin dai primi ascolti avevo avuto la sensazione di trovarmi di fronte ad un pezzo (e ad una esecuzione) eccezionale… Come ho sentito dire qualche altra volta in un altro ambito (cinefilo stavolta): – Non ci ho capito niente, ma è un capolavoro! – Questo è proprio il caso!
Tecnicamente si tratta di una improvvisazione jazz per pianoforte da parte di Keith Jarrett, musicista estroso (e anche piuttosto ombroso e imprevedibile) e dell’evento scrive in questi termini Gaetano La Montagna (critico musicale, ben più esperto di me), in una sua recensione (citata in seguito):
“La sera del 24 gennaio del 1975, qualcosa di magico accadde all’Opera Haus di Colonia.
Keith Jarrett, pianista sulla breccia da una decina d’anni scarsi, cresciuto alla corte dei Jazz Messengers di Blakey, di Charles Lloyd e di Miles Davis, da qualche anno aveva avviato una fortunata collaborazione con il produttore discografico tedesco Manfred Eicher (fondatore della storica etichetta ECM). Nel 1973 egli aveva inaugurato una serie di concerti (Brema e Losanna) durante i quali egli affrontava il pianoforte completamente alla cieca, senza l’ausilio di alcun supporto, in una sorta di improvvisazione totale che faceva leva non solo sulla sua esperienza nel jazz ma anche sulla sua solidissima preparazione classica (cominciò a suonare all’età di tre anni, a sette componeva già e fu allievo della Berklee School of Music)”.
Ci furono problemi con il pianoforte da utilizzare, quella famosa sera; non era disponibile uno Steinway, come espressamente chiesto da Jarret, ma un Bösendorfer recuperato (e si dice accordato) all’ultimo momento”.
(…)
“Le prime note sono di attesa, come se Jarrett e il Bösedorfer fossero due belve che si stessero studiando, occhi negli occhi. (…)
I primi minuti sono la reale descrizione di una suspence vissuta in diretta, ma poi Jarrett si getta a capofitto in quest’avventura che, nel bene e nel male, segnerà il pianismo jazz e new age dei successivi 20 anni. Un’avventura dalla durata complessiva di circa un’ora; il concerto si compone di 4 parti o, meglio, di due parti e quattro sezioni (part I, part IIa, part IIb, part IId ).”
(…)
Eicher e Jarrett, dopo aver riascoltato il nastro decisero che, nonostante tutte le avversità, il materiale registrato era “musicalmente coerente” e, grazie all’ingegner Wieland, essa fu migliorata per essere incisa. Il concerto fu dapprima edito su doppio vinile e distribuito nello stesso anno; la rivista Times, sempre nel 1975, premiò The Köln Concert con il Record of the Year Award. Nel 1978 esso aveva già venduto quasi 1.500.000 copie, cifra che raramente si sfiora nel jazz. Nel 1990 l’ECM immise sul mercato la rimasterizzazione di The Köln Concert su un unico cd, scelta rivelatasi azzeccatissima, tanto da portare a quasi 5.000.000 il numero delle copie vendute!”
(…)
The Köln Concert è la chiave del suo pianismo improvvisativo e di come in esso l’esperienza “classica” sia messa al servizio del gospel, del rag e del jazz tutto [il corsivo dall’articolo citato di Gaetano La Montagna, su www.ondarock.it dove si trova anche una analisi musicologica delle varie sezioni di cui è composto il concerto].
Qui di seguito i link a Youtube per poter ascoltare, una dopo l’altra, le esecuzioni; consiglio di mettere questa musica di sottofondo, mentre si fanno altre cose, per sentirla più e più volte; ha il potere di entrare sotto la pelle!
Part I
Köln, January 24, 1975, Pt. I (Live) · Keith Jarrett The Köln Concert ℗ 1975 ECM Records GmbH, under exclusive license to Deutsche Grammophon GmbH, Berlin Released on: 1975-11-30 Associated Performer, Piano: Keith Jarrett Producer: Manfred Eicher Studio Personnel, Recording Engineer: Martin Wieland Composer: Keith Jarrett
Part II a
Köln, January 24, 1975, Pt. II A (Live) · Keith Jarrett The Köln Concert ℗ 1975 ECM Records GmbH, under exclusive license to Deutsche Grammophon GmbH, Berlin Released on: 1975-11-30 Associated Performer, Piano: Keith Jarrett Producer: Manfred Eicher Studio Personnel, Recording Engineer: Martin Wieland Composer: Keith Jarrett
Part II b
Köln, January 24, 1975, Pt. II B (Live) · Keith Jarrett The Köln Concert ℗ 1975 ECM Records GmbH, under exclusive license to Deutsche Grammophon GmbH, Berlin Released on: 1975-11-30 Associated Performer, Piano: Keith Jarrett Producer: Manfred Eicher Studio Personnel, Recording Engineer: Martin Wieland Composer: Keith Jarrett
Part IIc
Köln, January 24, 1975, Pt. II C (Live) · Keith Jarrett The Köln Concert ℗ 1975 ECM Records GmbH, under exclusive license to Deutsche Grammophon GmbH, Berlin Released on: 1975-11-30 Associated Performer, Piano: Keith Jarrett Producer: Manfred Eicher Studio Personnel, Recording Engineer: Martin Wieland Composer.
Rinaldo Fiore
2 Aprile 2019 at 16:33
Il mio primo incontro con la musica è stato a 12 anni circa con il mio primo innamoramento. Durante il viaggio di nozze cantavamo Patty Pravo “tu mi fai girar, tu mi fai girar, come fossi una bambola…”
Nel corso del mio nuovo amore a 46 anni sentivamo i Pooh, Riccardo Fogli e gli altri: una
cassetta la regalai a Lei. In fase di disgregazione di un amore incompiuto, sospeso, Amedeo Minghi mi turbava con la sua malinconia di “Vita mia…”.
Renato Zero l’ho scoperto – nulla sapevo di lui, tranne i suoi travestimenti – con la mia e definitiva fiamma e da qui la musica è diventata famiglia con il Banco di Mutuo Soccorso, Vittorio Nocenzi, Francesco Di Giacomo, Rodolfo Maltese e il più giovane Filippo Marcheggiani.
D’improvviso le emozioni e i sentimenti si sono espressi in forma di musica, dirompente, di opposizione al malcostume istituzionale e del potere, nelle sue variegate manifestazioni.
Ho rivisto tutte la mia cultura politica e artistica condividendo l’aspetto dissacrante della musica rock.
Ora che sono giunto ad una certa età mi trovo seduto al pianoforte a fare gli esercizi e a leggere spartiti semplici, mentre ogni settimana il Coro della CosmicSband mi carica di energia.
A settantaquattro anni apprendo ancora dalla vita come si può vivere meglio e occupo il mio tempo facendo sempre una cosa in più senza sapere come trovare gli spazi utili durante le giornate piene piene.
Pur avendo ottime motivazioni per il mio accostamento alla musica, penso che comunque avrei trovato un modo per farlo oltre la personale necessità: fatto sta che l’ultimo concerto alla Fiera di Grottaferrata è stato una esibizione di pura umanità solidale e sociale. Accanto ai coristi e ai musicisti la scena si divideva con gli spettatori, parenti ed amici, coinvolgendo emozioni e sentimenti di tutti. Alcuni amici si sono avvicinati alla manifestazione e hanno goduto della carica energetica che si diffondeva nella sala degli eventi.
E’ incredibile come la musica possa unire le persone e sollevarle dal marasma collettivo della nostra società; incredibile ma possibile per persone che si mettono in gioco ogni volta spontaneamente.
Sandro Russo
27 Ottobre 2020 at 11:32
Aggiornamento a un anno e mezzo di distanza.
Volevo riportare una notizia (non buona) e per l’occasione rinfrescare il ricordo di una vecchia canzone della domenica (la n° 36; siamo a 117..!), ma ho avuto la sgradita sorpresa di non trovare più le quattro sezioni del Concerto di Colonia che avevo caricato nel marzo 2019. YouTube le rende disponibili solo per gli abbonati a YouTube Music. Bisognerà comprare il cd e tenerlo da parte, come una cosa preziosa; anche perché la notizia è quella della cessazione di attività di Keith Jarrett come pianista.
Dalla rubrica di Riccardo Luna, “Stazione futuro”, su la Repubblica on line di oggi
Cosa fare quando tutto sembra andare storto? Cosa fare adesso? Qualche giorno fa uno dei più grandi pianisti di tutti i tempi, sì, Keith Jarrett, ha detto al mondo: ho avuto due ictus, non sono più un pianista.
Ci lascia con più di mezzo secolo di grande musica e una lezione di vita indimenticabile. Il concerto di Colonia del 1975.
Non so se avete già sentito la storia del concerto di Colonia del 24 gennaio 1975. Quando mi chiedono come nasce l’innovazione, come si crea un capolavoro, io ripenso a quello che accadde quella sera a Colonia. Keith Jarrett aveva appena 29 anni ed era già famosissimo. Dopo diverse collaborazioni prestigiose, era sbarcato in Europa per la prima tournée da solo. A Colonia arrivò da Zurigo nel pomeriggio di un gelido giorno di pioggia che sembrava fatto apposta per mandare tutti al diavolo: non dormiva da due giorni, aveva un mal di schiena furioso e quando nel pomeriggio salì sul palco per le prove, invece del pianoforte che aveva chiesto (un Bosendorfer Grand Imperial), ne trovò uno più piccolo, scordato e con i pedali fuori uso.
Ok, me ne vado, disse più o meno, era il minimo.
Ma l’organizzatrice era una ragazzina di 19 anni, Vera Brandes e quella notte era il sogno della sua vita e non poteva lasciarla svanire così: inseguì Keith Jarrett disperata fin fuori dal teatro: lo trovò che era già in macchina, gli implorò di suonare lo stesso, gli promise che il piano lo avrebbe fatto accordare, certo era piccolo per il teatro da 1400 posti, tutti venduti, ma, disse più o meno, ti prego fallo per me. Vera Brandes doveva avere una passione notevole perché Jarrett accettò; alle 23 e 30 salì sul palco e letteralmente creò musica per circa un’ora. Suonò in modo incredibile, forse proprio perché sapeva che il pianoforte non era adatto, ci mise una energia e una intensità mai viste, dicono, prima e dopo.
Il suo manager registrò l’esibizione e quel concerto è diventato il disco di piano solo più venduto della storia del jazz. Avrebbe potuto non suonare, quella sera Keith Jarrett, ne aveva tutte le ragioni. E invece ha suonato e ne è venuto fuori il più bel concerto della sua vita.
A volte anche noi nella vita non abbiamo il pianoforte adatto e tutto sembra andare storto: ma se abbiamo qualcosa di bello da raccontare, se abbiamo qualcosa di unico dentro, è il momento di dimostrarlo. Da sempre le cose cambiano, le migliori innovazioni succedono, quando usciamo dalla zona di comfort e ci mettiamo a suonare davvero.