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Ci siamo così abituati all’idea, tanto propagandata, che destra e sinistra non esistano più e che parlare di fascismo sia antistorico che assistiamo ad eventi auto-definiti fascisti e non ci facciamo caso.
Pensiamo che i loro protagonisti siano semplici nostalgici di un mondo tramontato. E questo è vero per il loro programma al netto della violenza.
Eppure la loro nostalgia non è innocua, perché appanna la visione del presente con dannose ricadute sul futuro.
Coloro che si autodefiniscono fascisti guardano indietro quando non vogliono accettare le conseguenze della globalizzazione – per la verità solo alcune, come gli spostamenti delle persone – perché poi comunque usufruiscono quotidianamente di tante altre, come i social network, i centri commerciali, gli acquisti on line, l’accessibilità ad alcuni beni altrimenti non reperibili, ecc; pensano di essere padroni in casa propria in un mondo che sta continuamente nella casa degli altri
Guardano all’indietro quando vogliono ergere muri fisici in un mondo in cui le idee, le notizie cavalcano solo il tempo e le merci, sui moderni mezzi di trasporto che hanno accorciato di molto gli spazi, non sono più esclusività di un luogo. Si pensa ancora come ai tempi della Grande Muraglia cinese o del Vallo di Adriano nonostante anch’essi siano stati scavalcati.
Guardano all’indietro perché il “sovranismo” che declamano non è che l’altra faccia del nazionalismo, quella che guarda all’interno, e il nazionalismo, dall’800 ad oggi, ha già mostrato il suo vero volto con guerre lunghe e spaventose che hanno fatto strage di milioni di europei e non. Dire: “Lasciateci padroni in casa nostra” è un’idea senza senso in un mondo dove non esiste più la privacy. Non solo
Il sovranismo poggia su un’idea di nazione che coincide con lo Stato e gli stati contemporanei sono nati a tavolino dopo guerre e trattati di pace secondo esigenze legate agli interessi di chi ha vinto e non considerando i popoli: pensiamo ai curdi, da tempo minoranza sparpagliata in tre stati diversi, che non possono vivere sul loro storico territorio; quindi l’urlo “Padroni in casa propria” non può trovare legittimità nell’appartenenza ad uno stato.
Così guardano all’indietro quando saltano a pie’ pari la Dichiarazione dei diritti dell’uomo ritenendo che i diritti umani riguardino solo alcune persone, quelle già tutelate da uno stato, e non tutti gli esseri umani.
E potremmo dire tanto altro ancora, come l’idea di famiglia che esaltano, quella mono-nucleare, da tenere insieme a tutti i costi, che sta perdendo senso già da decenni, senza tener conto delle donne, sul cui sacrificio obbligatorio si fondava la tenuta di questo tipo di famiglia e che difficilmente oggi abdicherebbero alla possibilità di scelta.
Ma è chiaro che questo coacervo di idee ha potuto formarsi sull’onda della non-conoscenza di quel che è accaduto e che accade e sui bisogni, reali e artatamente indotti, delle persone ormai trasformate dalla comunicazione social in masse altamente scontente.
Ora fin quando queste convinzioni restano nell’alveo del dibattito corretto, quello in cui si rispetta chi la pensa diversamente da te, e non si invoca la violenza, può essere anche considerato una innocua posizione, arretrata, sbagliata, ma pur sempre da rispettare.
Se però ci si proclama il braccio armato – i pretoriani dice Roberto Fiore, leader di Forza Nuova – di un governo e ci si attribuisce apertamente l’etichetta del fascismo, se vediamo sempre più spesso gruppi ardimentosi che reclamano la visibilità per affermare “Viva il duce”, noi non possiamo dire che non esiste più il fascismo.
Certo non esiste lo stesso contesto storico in cui si è sviluppato ed affermato il fascismo storico, ma la violenza, quella che richiama alla mente le squadracce che andavano a devastare circoli cattolici e socialisti, le sedi dei partiti, dei sindacati e dei giornali, o addirittura andavano casa per casa a punire a manganellate o con l’olio di ricino coloro che, a loro avviso, meritavano la punizione, quella stessa violenza è richiamata spesso per essere applicata ancora oggi.
E’ indirizzata da anni verso i campi rom, bruciati senza tener conto di chi c’è dentro, verso i migranti che vengono lasciati morire in mare, tanto non ci appartengono, o addirittura riportati nei lager libici dove si sa, ormai, cosa subiscono, verso i senza tetto o anche i disabili, insomma verso coloro che vengono definiti diversi da noi. E in questo noi, a cui sono destinati i privilegi dei diritti previsti dalla Costituzione, non includiamo gli altri, assolutamente no, anzi anche i diritti umani tout court riguardano solo noi, senza renderci conto, però, del fatto che anche per noi quei diritti acquisiti con le lotte stanno scemando, senza renderci conto che la nebulosa creata dalla chiamata contro l’immigrato è creata apposta per confondere e non far vedere dove dirigersi per recuperare i nostri diritti perduti. E’ la propaganda finalizzata alla distrazione di massa.
Eppure una semplice riflessione ci dice che i nostri problemi economici non sono causati dagli immigrati ma dal malgoverno che c’è stato con la dilapidazione di risorse economiche che sono scomparse ingrossando le ricchezze dei furbi e disonesti, alcuni grandi imprenditori, faccendieri, funzionari corrotti, con la tutela legale di una tipologia di delinquenti che la fa e l’ha fatta sempre franca, basti pensare alle maglie della legge così larghe per loro.
Il gioco dei politici di spostare l’attenzione dai veri problemi è sempre esistito, dal panem et circenses di romana memoria per tener buona la plebe ai lustrini e paillettes contemporanei, fino al “prima noi” di oggi da affermare con la violenza.
E sull’onda di quello che Habermas ha definito lo sciovinismo del benessere, potremmo lasciar passare qualsiasi atto violento, proprio come fecero gli italiani tra il 1921 e il 1922, così c’è chi fa il lavoro sporco per noi, salvo poi a ritrovarci come allora, all’improvviso, lo stesso impoveriti, ma privati del diritto di libertà.
Ricordiamo sempre la poesia di Bertolt Brecht (leggi qui):
Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti,
ed io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me,
e non c’era rimasto nessuno a protestare.
[Attribuita a Bertold Brecht (1932)