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Ho sempre ricordato la data della sua nascita, 1920, perché è la stessa di quella di mia madre. Poi mi sono dovuto ricordare anche quella della sua morte – il 31 ottobre – giusto 25 anni fa.
A quel tempo lavoravo al Centro di Rianimazione del Policlinico di Roma e là fu trasferito Federico Fellini, in coma irreversibile, dalla Clinica Neurologica dove era degente per i postumi di un ictus.
Furono terribili quei giorni in reparto. La Rai aveva montato una postazione fissa nel cortile davanti all’istituto; come se non bastasse qualcuno – forse durante la visita parenti – era riuscito a prendere un’immagine del letto di degenza, con il povero corpo disteso, che circolò tra molte polemiche (la maggior parte dei giornali non la pubblicò).
Soprattutto colpiva – me, come tutti quelli che avevano visto il suo film Ginger e Fred (del 1985) – l’ossessione mediatica che si era scatenata intorno alla sua malattia.
Non si riusciva ad uscire senza essere fermati da qualche cronista che voleva informazioni extra (oltre ovviamente al bollettino medico fornito mattina e sera). Un dolly, una macchina da presa mobile montata su una piccola gru, sbirciava anche dalle finestre del piano rialzato, per cui avevamo dovuto chiudere le serrande; vivevamo barricati.
La peggiore televisione, quella del cavalier Lombardoni, “mortadelle e salami” che Fellini disprezzava e aveva messo in berlina, per un perfido contrappasso veniva a insediare la sacralità della sua morte.
Quando tutto finì – il 31 ottobre 1993, appunto – non riuscii più a scindere questo (pessimo) ricordo dalla visione dei suoi film. Che sono numerosi, importanti e ciascuno meritevole di una trattazione approfondita.
Ho letto in una commemorazione di Fellini da parte di Emiliano Morreale (su la Repubblica di ieri 30 ottobre) che nell’ultimo film di Virzì, Notti magiche (non ancora uscito nelle sale) a un certo punto si vede Fellini girare il finale de La voce della luna.
Riprendo l’idea del ‘film nel film’ proponendo la riproduzione fatta da Ettore Scola (1931 – 2016) in “C’eravamo tanto amati” (1974) – un film meraviglioso! – di Fellini che gira la scena più famosa de La dolce vita a Fontana di Trevi.
Fellini e Scola erano amici di vecchia data, dal loro comune esordio come vignettisti nella rivista il Marc’Aurelio (come affettuosamente raccontato nell’ultimo film di Scola Che strano chiamarsi Federico; 2013).
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Note
Nel sito, dall’Antologia dei film girati a Ponza: “Satyricon. Un film di Federico Fellini. Italia 1969. Grottesco / Drammatico / Fantastico. Durata 129’. Con Martin Potter, Hiram Keller e Lucia Bosè”.
Leggi anche: “Ponza, un set”, di Peppe Tricoli.