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Nel mettere ordine tra le mie carte, ho ritrovato alcuni appunti che mi furono suggeriti in un viaggio in traghetto da Vincenzo Conte, fratello di Clorinda.
Sono notizie frammentarie, che meriterebbero di essere integrate da chi ha memoria di quanto trascritto, perché illuminano un periodo ancora poco esplorato della nostra storia, quello che dai primi del novecento arriva alla fine degli anni sessanta.
Mi riferisco non alla storia degli avvenimenti “alti”, ma allo studio antropologico degli isolani che a mio avviso nasconde ancora molte sorprese.
Vincenzo cominciò col dirmi degli uomini più forti di cui aveva memoria.
Innanzitutto Carminiello Conte, padre di “Faccia Bruciata”, che era in grado di portare a spalla una piccola barca di legno per un buon tratto della spiaggia di Sant’Antonio.
Altra persona dalla forza erculea era Alessandro Parisi, padre di Ersilia. “’Ntonio ’u Sardegnuolo”, di origine sarda, era in grado invece di portare contemporaneamente due sacchi di farina da un quintale, tenendoli uno per braccia.
Damiano, padre di Costantino, era dotato di una grande apnea, avendo ’u ciato comme ’nu fellone”, ed era anche molto coraggioso, tanto da osare di “strappare i pesci d’a vocca ’i ’nu ferone” (delfino).
Alla mia domanda di come venivano effettuati i trasporti, mi parlò di alcuni proprietari di carri con l’asino, tra cui “’U Napulitano”, “Tatillo” e “Mast’Arturo” di Boscotrecase, che faceva anche il falegname.
Quali erano i maestri del suo tempo, gli domandai allora.
La maestra Stagnanova, il Maestro Titta che dirigeva anche la banda musicale di Ponza, che abitava alla Dragonara, il maestro Salamone, che non era nativo di Ponza ed era il marito della Staglianova. Infine il maestro Lanteri, appassionato di caccia, che era stato a sua volta maestro di Pietro Corti.
Vincenzo ricordava anche i barbieri: Amedeo, Giovannino ’i Barbetelle e Tommaso De Luca, padre di Giuseppe De Luca.
Tutti conoscono il banditore “Menicuccio ’a voccastorta”, ma chi adempieva a questa funzione prima di lui?
Pronta la risposta: Adamo. Lo stesso Adamo era anche becchino al cimitero. Soleva trainare la bara del cimitero fino alla Batteria, apostrofando il defunto con queste parole: “Non mai stato in carrozza? Adesso ti porto io!”. Altri antichi becchini furono Vincenzo di Patricello e Salvatore, non meglio identificato.
Vincenzo mi raccontava queste ed altre cose, mentre eravamo in viaggio verso Ponza con un mare molto mosso, tutti e due incuranti della tempesta, affascinati dalle storie del nostro passato.