di Emilio Iodice (traduzione dall’inglese di Silverio Lamonica)
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Qui di seguito la nona puntata (tradotta dall’inglese) dell’ottimo saggio di Emilio Iodice su Mussolini, pubblicato sulla rivista americana The Journal of Values Based Leadership (Il giornale della Leadership basata sui valori), attualissimo (luglio 2018).
La Redazione
La seconda guerra mondiale
Domani, il Patto Tripartito diventerà solo uno strumento di pace tra i popoli. Italiani! Sorgete ancora una volta e siate degni di questa storica ora! Vinceremo. Solo il sangue muove le ruote della storia
(Benito Mussolini)
10 giugno 1940, Mussolini dichiara la guerra
La decisione della Germania di combattere, è implacabile. Anche se fosse concesso loro più di quello che chiedono, attaccherebbero lo stesso, perché sono posseduti dal demone della distruzione…
La vittoria ha cento padri, ma la sconfitta è orfana
(Galeazzo Ciano, Ministro degli esteri italiano e genero di Mussolini)
L’impudente invasione della Polonia da parte della Germania nel settembre 1939, pose fine all’era di pace in Europa e la introdusse in un’altra grande guerra, dopo 21 anni dalla prima guerra mondiale.
La Gran Bretagna cercò di persuadere l’Italia di unirsi agli alleati, ma Mussolini era certo che la Germania sarebbe stata vittoriosa, perché col “blitzkrieg”, cioè con la guerra lampo, i nazisti avevano portato ai loro piedi, una dopo l’altra, le nazioni europee.
“A quel punto, convinto che la guerra sarebbe finita presto con la vittoria della Germania, come sembrava probabile, Mussolini decise di entrare in guerra a fianco dell’Asse, dal momento che la Francia stava per arrendersi. Il 10 giugno 1940 l’Italia dichiarò guerra alla Gran Bretagna e alla Francia” (“L’Italia dichiara guerra” –TinkQuest.org 8 gennaio 2008. Archiviato dall’originale il 20 dicembre 2007).
Circa la decisione di Mussolini, Franklin Roosevelt disse: “La mano che stringeva il pugnale, l’ha conficcato nella schiena del suo vicino” (Franklin Roosevelt Commencement Address, Università della Virginia, 10 giugno 1940).
Rivista Newsweek 13 maggio 1940
Il Duce considerava la guerra come una lotta tra ideologie: il fascismo contro il mondo del capitalismo democratico. Era una battaglia del nuovo contro il vecchio. La guerra fu l’escrescenza naturale della rivoluzione fascista. (Mussolini, Discorso del 10 giugno 1940, Dichiarazione di Guerra alla Francia e all’Inghilterra: 2 novembre 2008).
Diciotto mesi dopo, avrebbe dichiarato guerra agli Stati Uniti in seguito all’attacco di Pearl Harbor, non considerando che il coinvolgimento dell’America nella prima guerra mondiale avrebbe invertito il corso degli eventi.
L’Italia subì una sconfitta dopo l’altra dall’inizio della guerra. Dal naufragio della flotta italiana a Taranto nel Sud Italia, all’invio di migliaia di truppe a morire in Russia, alle sconfitte in Nord Africa, Grecia e all’invasione dell’Italia da parte degli alleati. Mussolini e le sue forze armate affrontavano una litania senza fine di sconfitte umilianti. Quando Roma fu bombardata nel luglio 1943, era ovvio che l’Italia non avrebbe potuto sostenere più a lungo le imponenti perdite.
Papa Pio XII visita i luoghi del bombardamento a Roma, 19 luglio 1943
La fine
Farò della mia vita un capolavoro
(Benito Mussolini)
Sono ministro di Mussolini, morirò con lui
(Fernando Mezzasoma, leader fascista nel maggio 1945, poco prima di essere giustiziato assieme a Benito Mussolini dai partigiani italiani)
I leader fascisti, assieme al re, complottarono di rovesciare Mussolini. Per la prima volta, dopo anni, (il Duce) fu costretto a convocare il Gran Consiglio del Fascismo. Nella drammatica riunione a Palazzo Venezia, nella notte del 25 luglio 1943, il Gran Consiglio votò contro il Duce e in effetti chiese che consegnasse il mandato al re. I suoi camerati della marcia su Roma e perfino suo genero, il Conte Galeazzo Ciano, votarono per le sue dimissioni. Il Duce fu tradito dai suoi consiglieri ed assistenti più intimi.
Il giorno dopo la riunione del Gran Consiglio del Fascismo, Mussolini fu convocato dal re Vittorio Emanuele che lo rimosse da primo ministro e lo fece arrestare. Mussolini era devastato. Per un breve periodo fu mandato all’isola di Ponza, dove aveva esiliato migliaia di prigionieri politici. Più tardi fu spedito in una roccaforte di montagna sul Monte Gran Sasso dove soldati tedeschi, a bordo di alianti, con audacia liberarono il Duce e lo portarono da Hitler.
Dopo meno sei mesi dalla deposizione del Duce, coloro che gli votarono contro furono processati a Verona; riconosciuti colpevoli con prove false, vennero condannati a morte.
Galeazzo Ciano al centro e gli altri imputati al processo di Verona, 11 gennaio 1944
Furono vani gli appelli della figlia di Mussolini rivolti a suo padre, fino all’ultimo minuto, per salvare suo marito. Galeazzo Ciano, genero del Duce e padre dei suoi nipoti, venne fucilato con gli altri leader fascisti che si opposero a Mussolini.
Il Duce fu portato da Hitler, il quale lo spinse a instaurare una repubblica fantoccio nella cittadina di Salò, nell’Italia del Nord. Voleva che Mussolini incoraggiasse gli italiani a continuare la lotta contro gli alleati, dal momento che il governo di Vittorio Emanuele adesso sosteneva costoro contro la Germania nazista.
Era nelle mani di Hitler ed i nazisti controllavano ogni sua mossa. Il Duce, da leader venerato del suo paese, si ridusse ad una marionetta nelle mani di una tra le figure più diaboliche della storia.
Il Duce chiamò i suoi seguaci di tutt’Italia ad essere con lui per continuare la lotta. Una generazione era cresciuta nella sua ombra. Migliaia di giovani continuarono a credere in lui ed erano pronti a seguire il Duce verso la rovina.
Il Duce con giovani fascisti nella Repubblica di Salò, 1945
“Io non sono qui per rinunciare neppure a un metro quadro del territorio dello Stato – disse – Noi torneremo in guerra per questo. Dove sventolò la bandiera italiana, la bandiera italiana ritornerà. E dove essa non è stata ammainata, ora che sono qui, nessuno l’ammainerà. Queste cose le ho dette al Fuhrer”
(Ray Moseley – Mussolini, gli Ultimi 600 Giorni – Taylor Editore 2004, pag. 26)
Roma cadde nel giugno del 1944. Dopo meno di un anno, gli alleati raggiunsero il Nord Italia. Mussolini fu costretto a fuggire in Svizzera per salvare se stesso e la sua mantenuta Claretta Petacci. Furono entrambi catturati lungo il tragitto dai partigiani italiani.
Carro armato degli alleati a Roma, vicino allo studio di Mussolini a Palazzo Venezia, giugno 1944
“In un’intervista del gennaio 1945 parlò con franchezza, sapendo che la fine era vicina: – “Ora sono un cadavere. Ci provo, pur sapendo che tutto non è altro che una farsa. Aspetto la fine della tragedia e (…) non mi sento più un attore. Sento di essere l’ultimo degli spettatori”
(Silvia Marchetti: Ponza la Bella Isola dove fu tenuto Mussolini CNN Travel pubblicata il 1° febbraio 2016 https://www.ponzaracconta.it/2016/11/09/mussolini-a-ponza/)
Mussolini abbandona la Prefettura di Milano, il 25 aprile, 1945.
E’ la sua ultima foto conosciuta, prima dell’esecuzione
Trent’anni dopo la sua morte (nelle sale cinematografiche) fu distribuito un film italiano: “Mussolini, ultimo atto” (Carlo Lizzani; 1974). Descrisse i suoi ultimi giorni in questo modo: “Nel 1945 Mussolini si reca a Milano per parlare con l’arcivescovo Alfredo Ildefonso Schuster per chiedergli aiuto nella sua fuga dall’Italia. La Repubblica di Salò, l’ultimo bastione del fascismo, sta crollando e gli Americani, assieme ai partigiani, sono in procinto di prendere il controllo di Milano. Mussolini scappa, seguito dalla sua amante Claretta Petacci e riesce a raggiungere il villaggio di Dongo a Nord (di Milano). Là si scontra con i tedeschi che gli ordinano di travestirsi da ufficiale tedesco, onde evitare di essere catturato dai partigiani. Mussolini accetta senza obiettare, sperando sempre in una rivolta dei suoi lealisti fascisti, ma essi si trovano in pericolo. Quando Mussolini viene riconosciuto, Walter Audisio, capo dei partigiani, inizialmente vorrebbe consegnarlo agli Americani, in modo che subisca il giusto processo. Ma i crimini di guerra del Duce sono troppo grandi, così alla fine Audisio decide di fucilarlo di fronte alla villa Belmonte, nel villaggio di Giulino, assieme alla sua compagna.
(Mussolini, Ultimo Atto http://www.bfi.org.uk/films-tv-people/4ce2b74a9081c)
“Coloro che cercavano scioccamente il potere cavalcando la tigre, vi finirono dentro”
(John F. Kennedy)
Le puntate precedenti della traduzione: (1), (2), (3), (4), (5), (6), (7), (8).
Qui la presentazione generale con il file .pdf nell’originale inglese
[Iodice. Lezioni dalla Storia (9) – Continua]
Emilio Iodice
28 Agosto 2018 at 07:02
Dear Silverio
Thank you for your comment on the “Vanderbilt Affair.” The murder of that 3 year old girl and Salvatore Scotti was indicative of the attitude of the regime that they were the law, above the law, and not subject to the law.
Caro Silverio
Grazie per il tuo commento su “L’affare Vanderbildt”. Gli omicidi di una bambina di tre anni e di Salvatore Scotti sono indicativi di una attitudine del regime a considerare i suoi membri la legge, sopra la legge e non soggetti alla legge.
I agree that more needs to be done to remember those like Salvatore who, even without knowing it at the time, we’re heroically giving up their lives to restore liberty to Italy and to end a system of government based on fear, arrogance and the power of the strong over the weak.
Sono d’accordo con te che molto di più si deve fare per ricordare quelli come Salvatore che, pur senza saperlo a quel tempo, diedero eroicamente le loro vite per ripristinare la libertà in Italia e per mettere fine ad un sistema di governo basato sulla paura, sull’arroganza e sulla prepotenza del più forte sul più debole.
Our young people need heroes who will be their models to help them create a frame of reference for their lives. We should celebrate those heroes like Salvatore Scotti so that a new generation understands that freedom is not free and liberty is often bathe in the blood of the valiant and innocent.
I nostri giovani hanno bisogno di eroi che saranno i loro modelli per aiutarli a creare una cornice di riferimento per le loro vite. Dobbiamo adeguatamente celebrare gli eroi come Salvatore Scotti cosicché le nuove generazioni capiscano che la libertà non è scontata anzi è spesso bagnata del sangue dei coraggiosi e degli innocenti.
Emilio
silverio lamonica1
29 Agosto 2018 at 21:00
Appena cinque giorni dopo il bombardamento di Roma, con ingenti danni al quartiere San Lorenzo, anche Ponza subì una analoga sciagura che se rapportata al numero dei suoi abitanti, fu di gran lunga superiore, considerato anche l’isolamento quasi totale con la terraferma cui l’isola dovette sottostare.
Si tratta dell’affondamento del piroscafo di linea Santa Lucia avvenuto il 24 aprile 1943 nei pressi dell’isola di Ventotene, dove avrebbe dovuto imbarcare altri passeggeri, per proseguire poi alla volta di Gaeta dove era diretto.
Persero la vita oltre 80 persone tra passeggeri e membri dell’equipaggio, tra cui il finanziere Carmine Romano, la cui figlia – la maestra Mirella, Presidente dell’Associazione Vittime del Santa Lucia – ha mantenuto viva negli anni la memoria della tragedia e ha poi allestito, con l’aiuto dei sub, una mostra permanente di vari reperti della nave affondata e documenti delle vittime in una saletta dell’ex Camerone dei Confinati.
https://www.ponzaracconta.it/2011/07/24/incontro-con-mirella-romano-1/
Per la deportazione di Mussolini a Ponza, si rimanda il lettore agli articoli:
https://www.ponzaracconta.it/2013/07/28/mussolini-a-ponza-70-anniversario-28-luglio-1943-28-luglio-2013/ e
https://www.ponzaracconta.it/2011/03/22/mussolini-prigioniero-a-ponza-1/