di Sandro Vitiello
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Non credo che tra i giovani o tra i meno giovani ci sia qualcuno che lo conosca, che abbia ascoltato qualche sua canzone, che abbia sentito parlare di questo cantautore emiliano che raccontava “l’angoscia metropolitana”.
Claudio Lolli per quelli come me che hanno vissuto intensamente gli anni settanta era un punto di riferimento importante.
I suoi concerti erano un appuntamento assolutamente da non perdere.
Perchè Claudio Lolli raccontava l’altra parte di noi, che non era solo impegno politico, manifestazioni, militanza e cose simili.
Lui raccontava anche gli stati d’animo, la sensibilità, i dubbi, le angosce, l’impotenza davanti alla storia. Raccontava le contraddizioni che ognuno di noi si porta dentro.
Alcune sue canzoni, alcuni brani erano molto di più di certe analisi sociali; erano capacità di mettere in versi le contraddizioni del nostro mondo.
Lui era capace di leggere la realtà nelle sue mille sfaccettature.
La delicatezza con cui si affronta il tema dell’amicizia tra ragazzini e la paura di diventare grandi trovano le parole giuste in “Michel” ,
Ti ricordi, Michel di come era esclusiva la tenerezza che ci univa,
e accompagnò la nostra infanzia fino ai giorni della nuova realtà.
La rabbia e l’impotenza davanti alle bare dei morti dell’Italicus: ennesima strage fascista portata a compimento con la connivenza di una parte delle istituzioni.
Piazza, bella piazza, ci passò una lepre pazza…
Ci passarono dieci morti
i tacchi, e i legni degli ufficiali,
teste calve, politicanti
un metro e mezzo senza le ali,
ci passai con la barba lunga
per coprire le mie vergogne,
ci passai con i pugni in tasca
senza sassi per le carogne.
Le contraddizioni della piccola borghesia alla quale apparteneva anche la sua famiglia
Vecchia piccola borghesia per piccina che tu sia
non so dire se fai più rabbia, pena, schifo o malinconia.
Sei contenta se un ladro muore o se si arresta una puttana
se la parrocchia del Sacro Cuore acquista una nuova campana.
..oppure semplicemente narrare l’incapacità di scegliere cosa fare della propria vita
Nei prati verdi della mia infanzia, nei luoghi azzurri di cieli e aquiloni,
nei giorni sereni che non rivedrò io stavo già aspettando Godot.
Spesso qualcuno tra noi – tra quelli con cui ho condiviso certe passioni – diceva che Claudio Lolli era una palla e certe sue canzoni, onestamente parlando, non erano il massimo dell’allegria.
Però lui aveva ed ha, per quanto mi riguarda, la capacità di andare a toccare le corde più intime dell’animo umano.
La sua canzone più bella a mio parere rimane “Ho visto anche degli zingari felici”.
Cantare la condizione degli ultimi e lasciare spazio alla speranza…
E siamo noi a far bella la luna
Con la nostra vita
Coperta di stracci e di sassi di vetro.
Quella vita che gli altri ci respingono indietro
Come un insulto,
Come un ragno nella stanza.
Ma riprendiamola in mano, riprendiamola intera,
Riprendiamoci la vita,
La terra, la luna e l’abbondanza.
…E mi viene in mente una sera di luglio del ’77 dalle parti di Vimercate.
Caro amico fai buon viaggio
Su YouTube Claudio Lolli in: “Ho visto anche degli zingari felici” dall’album omonimo, del 1976
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