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Gli anni intorno al 500 d.C. trasudano confusione. Al Papa è riconosciuta soltanto l’autorità morale sui cristiani e un forte ascendente sulle questioni riguardanti la città di Roma. L’Italia è occupata dai Goti.
Morto Teodorico (526), la figlia Amalasunta, reggente in nome del figlio decenne Atalarico, invia una richiesta d’aiuto a Giustiniano, Imperatore d’ Oriente, giacché s’avvede che suo marito Teodato, mirava a disfarsi sia di lei sia del figlio.
Giustiniano, imperatore dei bizantini, invia (536) sue truppe in Sicilia al comando del generale Belisario. Gli ordina di risalire la penisola e di portarsi a Roma. Dove il clero, alla notizia della morte di Agapito, ha eletto Papa (536) il diacono Silverio.
Roma è circondata dai Goti, i quali favoriscono l’elezione di Silverio per contrastare la candidatura di un altro pretendente al soglio papale, tale Vigilio. Il quale è a Costantinopoli, al seguito di papa Agapito che vi si era recato per tentare di conciliare i Bizantini con gli Ostrogoti ma che lì, stremato dal viaggio e malato, trova la morte.
Vigilio è il diacono scelto dalla corte di Bisanzio per il soglio papale perché sensibile alla volontà dell’Imperatrice Teodora, la quale ambiva dettar legge anche nelle faccende religiose. Queste in quel tempo erano movimentate da una diatriba teologica riguardante la natura di Gesù. Aveva Egli natura umana oppure anche natura divina ? Questa apparentemente semplice domanda racchiudeva una miriade di sfumature di ordine teologico essenzialmente, ma che si ramificavano nelle decisioni politiche e di potere. Teodora, nonostante che il monofisismo (questo il nome della tesi teologica ), ovvero la concezione della natura esclusivamente divina di Gesù, fosse stato condannato dal Concilio di Calcedonia (451), lo prediligeva per affermare la sua supremazia sulle nomine ecclesiastiche.
L’ascesa di Silverio a Vicario di Cristo (consacrato il 20 giugno del 536) innesca nei disegni dell’impero di Bisanzio dei fattori nuovi che richiedono decisioni immediate. Quali?
A – C’è da ribadire il potere dell’imperatore sul clero d’ Oriente. Il papa Agapito infatti, prima di morire, s’ era pronunciato contro il vescovo Antimo, perché monofisita, e lo aveva deposto dalla cattedra patriarcale di Bisanzio, e questa decisione contrastava con gli intendimenti di Teodora.
B – Il diacono Vigilio, supino ai voleri di Bisanzio, era stato messo fuori gioco dalla nomina a papa di Silverio.
C – Roma era capitolata alle truppe di Vitige, nuovo re dei Goti.
D – Il generale Belisario era vittorioso a Napoli.
Maiolica di San Silverio a Ponza
Da Bisanzio si comanda a Belisario di impossessarsi di Roma. Cosa che avvenne in modo sorprendentemente rapido. Anche con l’appoggio di papa Silverio. Il quale da difensore del cattolicesimo non poté non parteggiare contro gli Ariani, come si definivano i Goti in contrapposizione ai cattolici.
Gli eventi bellici si susseguirono e sono iscritti in quella che è chiamata la guerra ostrogota. Gli eventi inerenti alla vita di Silverio sono tramandati dal liber pontificalis e sono frammisti alle trame e agli intrighi di Teodora e di Antonina, moglie di Belisario.
Silverio fu accusato di segrete pratiche con i Goti; testimoni falsi confermano l’accusa e il pontefice, deposto, fu relegato a Pàtara. Di notte gli viene fatto subire l’affronto dello strappo delle vesti papali, imbarcato e deportato in Cilicia.
A Pàtara Silverio viene avvicinato dal vescovo del luogo il quale gli consiglia di chiedere giustizia a Giustiniano. Costui trova nelle pagine di storia ammirazione per la sua avvedutezza. E infatti Giustiniano ordina che Silverio ritorni a Roma per un nuovo, oculato, processo. Ma a Roma c’è la lunga mano di Teodora ovvero Antonina, la quale riesce in modo subdolo a fermare Silverio in prossimità delle coste laziali. Sulle isole ponziane. Ponza? Palmarola? La tradizione privilegia Palmarola. Disabitata, con un accenno di abituro. Lasciato lì, morì di stenti. La fede tende a rimarcare questa narrazione.
Scoglio di San Silverio a Palmarola: cappelletta votiva
A Ponza è presente già una comunità di cristiani che vivono alla maniera dei monaci. Più verosimilmente (questa versione contrasta con la prima) c’è da credere che Silverio condivida con loro la vita monacale. Anche perché la notizia che Silverio sia sull’isola si diffonde. E, dopo la morte, il corpo è oggetto di venerazione.
A Roma la notizia della morte la porta un servo di Antonina, Eugenio, al quale viene attribuito l’omicidio.
Morì di stenti o di morte cruenta? I testi sono discordi. In quelli della Chiesa ci si tiene lontani dall’avvalorare le ingerenze imperiali. Nelle fonti neutre si parla di omicidio vero e proprio.
Silverio fu privato dei simboli papali ma compare nel Libro dei Papi a pieno titolo. Anche Vigilio vi compare, giacché ne prese il posto, e non come anti-papa.
Silverio fu santificato, come tutti i Papi di quel periodo, con l’eccezione di Vigilio.
Il corpo non è presso il Vaticano, come quasi tutte le salme dei pontefici. Come mai? Le ipotesi sono tante. A me viene spontaneo ricordare che, negli anni successivi alla morte, probabilmente non vi fu la volontà pontificia di trasportare le spoglie a Roma; e quando si ebbe la santificazione, il corpo già era stato occultato dalla comunità dei monaci che dovette subire l’affronto dei Saraceni nell’812.
Con la colonizzazione del 1734 i Borbone, in intesa col Vaticano, decisero che santi Patroni dell’isola di Ponza fossero san Silverio papa e santa Domitilla.
I coloni li adottarono. Sino a diventare, il culto di san Silverio, carnale. Dire Ponza è dire San Silverio. Perché? Perché gli isolani si sono identificati nella vicenda di Silverio. Nulla si sa della vita, nulla delle qualità personali ma le vicissitudini che ha dovuto sopportare sono state metabolizzate. Da Papa a semplice monaco, da Roma a Ponza, dalla maestà del pontificato alla miseria della cella.
Edicola di San Silverio a Zannone
I coloni, anch’essi in lotta con l’asperità del territorio e con la dura condizione umana di isolani si sono immedesimati in lui e lo esaltano. In modo appariscente nel giorno della celebrazione (20 giugno); in modo paesano, dando il nome Silverio ai nati sull’isola; trasportandone il culto in ogni luogo di residenza; attribuendogli portenti miracolosi. San Silverio è riconosciuto dai Ponzesi come protettore dei contadini, dei marinai, degli emigranti, dei pescatori, di chi ha bisogno. I Ponzesi lo pregano, lo invocano, lo acclamano. ’U vecchiariello nuosto. Lo vedono come il propiziatore di ogni estate turistica che, dal 20 giugno, impingua l’economia degli isolani e ne assicura la stabilità sociale.
Statua di San Silverio ad Arbatax
Anche la natura è piegata alla sua devozione. Fra i fiori che inneggiano alla bella stagione i garofani rossi esplodono di colore. Testimoniano col rosso la crudeltà del martirio, col profumo la santità, con lo sbocciare nella prima decade di giugno il connubio della natura con la grandiosità di Silverio.
Il culto del Patrono a Ponza è visibile sui comò nelle case, sulle facciate dei muri nelle edicolette, sui ponti di comando delle navi e dei pescherecci. Austero, paterno, rassicurante.
La testa di una vecchia statua di San Silverio nella sagrestia di Le Forna
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’U vecchiariello nuosto
Ind’ a ’sta vita patiàta
’na fiammella ’ns’è maie stutata.
Sta appicciata matina e sera
e allumma ’a faccia d’u vecchiariello nuosto
c’a copp’ ’u cielo
’uarda e ce ammosta.
Ce vulesse paisane cchiù carnale,
ce vulesse vede’ meno in tribbunale
e cchiù fianco a fianco a se da’ ’na mano.
’Stu miraculo fino a mo ’nce ha fatto.
Ce ha luvato ’a copp’ all’acqua salata,
ce ha fatto addeventà ’nu paese
’a tutt’ ’u munno ’uardato…
ma ’u miraculo ’i ce vede’ abbracciate comme frate
ancora nun è ghiuto ’mpuorto.
Ce vo’ ’a vuluntà,
l’intelligenza,
ce vo’ ’u core.
San Silverio ’nce ’a po’ fa’ ’a sulo,
ce vo’ l’impegno mie,
’u tuie,
’i tutte quante nuie.
Questa la versione recitata:
La messa in onore di San Silverio a Palmarola
Aggiornamento
Commento del 19/6 di Sandro Russo.
Quanto nella poesia di Franco viene preconizzato come “miracolo di San Silverio”, mi ha ricordato sul versante dell’impegno civile – non in opposizione ma ad integrazione – il famoso monologo di Pericle, di Paolo Rossi: “Noi ateniesi facciamo così” (scritto nel V sec. a. C.), inserito nello spettacolo “Il sig. Rossi e la Costituzione” messo in scena al Teatro Ambra Jovinelli di Roma dal 18 al 30 maggio 2004.
Mi chiedo sempre perché – per la loro posizione al centro del Mediterraneo – sempre altre isole, e mai Ponza, si pongono come faro virtuoso per iniziative, progetti, idee di interesse generale e di civiltà.
Guarda e ascolta qui da YouTube:
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Sandro Russo
19 Giugno 2018 at 05:24
Quanto nella poesia di Franco viene preconizzato come “miracolo di San Silverio”, mi ha ricordato sul versante dell’impegno civile – non in opposizione ma ad integrazione – il famoso monologo di Pericle, di Paolo Rossi: “Noi ateniesi facciamo così” (scritto nel V sec. a. C.), inserito nello spettacolo “Il sig. Rossi e la Costituzione” messo in scena al Teatro Ambra Jovinelli di Roma dal 18 al 30 maggio 2004.
Mi chiedo sempre perché – per la loro posizione al centro del Mediterraneo – sempre altre isole, e mai Ponza, si pongono come faro virtuoso per iniziative, progetti, idee di interesse generale e di civiltà.
Guarda e ascolta da YouTube nell’articolo di base
Francesco De Luca
19 Giugno 2018 at 14:45
Caro Sandro, non so se queste riflessioni possano aiutarti a capire “perché – come tu scrivi – sempre altre isole, e mai Ponza, si pongono come faro virtuoso…”
Faro virtuoso Ponza lo è stato quando, puntando sulla fatica, sull’astuzia dei Ponzesi, gente di mare, ha contribuito a scrivere la storia della pesca presso gli Elbani, presso i Sardi. Le ‘colonie’ dei Ponzesi all’isola d’Elba e lungo le coste sarde non possono essere catalogate come casi isolati e sporadici. Per non parlare della ‘colonia’ a La Galite. Lì veramente divenne evidente come la tensione a stabilizzare la condizione di gente di mare portò i Ponzesi a costruire un sogno socio-economico.
Forse l’aggiunta che tu poni – faro virtuoso per iniziative, progetti, idee di interesse generale e di civiltà – è impossibile individuarla nelle creazioni ponzesi.
Non ho certezze ma posso avanzare ipotesi. Ebbene, i Ponzesi non hanno operato in direzione di interessi generali perché hanno affrontato la loro storia come gente di mare, insieme di individui, non come una comunità saldata da ideali condivisi e consapevole di quanto faceva.
La società ponzese è stata ed è tuttora un insieme di individui, non comunità. Ciascuno per sé, ciascuno ad imitare l’altro, a scalzarlo. E’ mancata la consapevolezza d’essere una comunità. Ne consegue che la società civile (con regole, ordinamenti e vincoli) è malvista perché non è stata elaborata la coscienza sociale. La Chiesa ci ha provato ed è riuscita, lei sì, ma a cementare cosa? La devozione, lo spirito acritico, il senso di impotenza nei confronti di ciò che manda il Signore.
Queste poche righe non sono che una premessa a tutta una serie di riflessioni sociali, culturali, politiche.
Sociali: la riflessione sociale è schiacciata, ieri da quella religiosa, oggi da quella economica.
Culturali: la riflessione culturale è del tutto assente perché la scuola non la percepisce nemmeno.
Politiche: la riflessione politica è scamozzata dal pettegolezzo, dalla battuta.
Mi fermo qui. Spero di non averti infastidito.
Sandro Russo
19 Giugno 2018 at 19:21
Infastidito? Al contrario! E’ questo il senso del dibattito! Hai gettato i semi per una pingue serie di articoli futuri!
Alle prossime