di Francesco De Luca
Botti, botti, botti… la festività si fa sentire. Si fa anche vedere in verità, perché le luminarie danno trionfo al Corso Pisacane.
Sta diventando evidente una trasformazione della festa. Da festa isolana che rassoda e cementa l’unione comunitaria sta progressivamente privilegiando l’esteriorità e la manifestazione ostentata di una predilezione religiosa. Da espressione di fede a amplificazione stentorea di culto.
La cosa procede però senza traumi anzi con ostentazione. Preciso: ostentazione da parte di chi si alimenta attraverso la vendita della vita ponzese. La donna in età, quella mia coetanea, prende le distanze da questa esternalizzazione del sentimento religioso. La devozione al Santo la coltiva nella dimensione personale e domestica. Al contrario, quasi tutte le attività commerciali si vendono la ricorrenza di san Silverio.
Sono gli oneri esatti dal nostro tempo!
Eppure i botti agitano l’allegria dei ragazzi. Al primo scoppio stupiscono e poi scatta la consonanza. Ridono, lasciano la mano della mamma e corrono. L’aria rimbomba e san Silverio si radica nel profondo come un giorno di felicità. La piccola Sofia è rapita dai botti. Il nonno rivolto a lei: “E’ la benedizione di san Silverio!”
Gli spari sottolineano il momento culminante della novena. Nel cielo di Ponza si spande qualcosa che sa di primavera, di paese. Un’attesa sta per essere appagata, una preghiera sta per essere ascoltata. E il mare è propizio, e il porto è accogliente, e gli animi sono sereni.