Attualità

Il 27 gennaio, Giorno della Memoria: pare che sia necessario

di Rosanna Conte

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Pare proprio che sia necessario, il Giorno della Memoria!
Giorno 27 si sono dati appuntamento ad Azzano Decimo, in provincia di Bolzano, delle band di nazi-rock europee, come la francese Leibstandarte, l’italiana Via dolorosa, il gruppo finlandese Goatmoon e due gruppi esponenti del National Socialist Black Metal. Suoneranno in un club privato, il Langbard, inneggiando al nazismo e all’Olocausto.
Il nome Leibstandarte è quello della divisione Waffen SS (il braccio armato delle SS) delle guardie del corpo di Hitler che, al processo di Norimberga furono condannate con le SS come organizzazioni criminali in quanto responsabili di numerosi crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Giorno 24, a Trieste, il carcere del Coroneo è stato intitolato a Ernesto Mari, direttore del carcere dal 1942 al 1945. Per quel carcere, anni prima, erano passati Umberto Greatti, Umberto Tommasini, Mario Maovaz, Leo Valiani e tanti altri giuliani e slavi confinati a Ponza, ma con Mari ne passano tanti altri che soccombono alla repressione nazifascista dopo l’8 settembre del 1943. Egli assistette impassibile alle torture dei tanti oppositori che passarono di lì, firmando gli elenchi dei deportati. La decisione è stata presa per un distorto senso di equità in quanto Mari è stato ucciso nella foiba di Basovizza.
Molte le polemiche sui giornali locali dove il presidente provinciale dell’ANPI ha parlato di pietà umana per Mari ed ha rilevato che all’immobilismo del direttore fecero da contraltare le guardie carcerarie, tre delle quali furono anch’esse deportate ed una morì nel campo di concentramento. Sarebbe stato opportuno intitolare a loro il Coroneo o anche ai tanti carabinieri che, per essersi rifiutati di ubbidire ai nazifascisti, furono internati nei campi tedeschi.
Episodi del genere ci fanno ritenere veramente necessario il Giorno della Memoria se, ovviamente ci sono iniziative non retoriche, ma coinvolgenti.

A Trieste, martedì, hanno messo le prime pietre d’inciampo, quelle che riportano su una piastra d’ottone incorporata nel selciato il nome dei deportati che non hanno fatto più ritorno. Si collocano nelle strade vicino alle ultime abitazioni degli scomparsi.
Sarà inaugurata anche una mostra con 24 disegni di Zoran Muśič Programma Music_4, artista deportato a Dachau, che di nascosto disegnò le condizioni di vita e di morte nel campo. Sarà al Museo Revoltella, sempre a Trieste, dal 27 gennaio al due aprile.
Come ulteriore manifestazione coinvolgente il 30 gennaio ci sarà un’iniziativa anche dell’Università della terza età che avrà come ospite un altro testimone dei lager Osvaldo Francesconi Loc_Giorno_della_-memoria_2018.pdf, che ricorderà la sua deportazione a Buchenwald nell’estate del 1944.
A livello nazionale anche si cerca di fare molto e di dare segnali perché il Giorno della Memoria ci aiuti a ricordare le stragi effettuate da un’ideologia sbagliata e a dire “mai più”.

Per dargli il giusto rilievo il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, qualche giorno fa, proprio a ridosso del 27 gennaio, ha nominato senatore a vita Liliana Segre, sopravvissuta allo sterminio dell’Olocausto.

La RAI, in particolare su RAI5, trasmetterà giorno 27 il Processo a Vittorio Emanuele III per la sua responsabilità nella promulgazione delle leggi razziali del 1938. In più, tutte le televisioni a diffusione nazionale – RAI, LA7 e Mediaset – trasmetteranno il documentario di Walter Veltroni prodotto da Sky e Palomar: “Tutto davanti a questi occhi”, con l’intervista a Sami Modiano, altro sopravvissuto all’Olocausto.
Naturalmente ci saranno cerimonie un po’ dappertutto perché principalmente le nuove generazioni conoscano questo orrore della nostra storia, anche se, come ho già scritto altrove, la sola conoscenza non garantisce la formazione di anticorpi alla diffusione di ideologie di supremazia razziale e di sterminio, simili a quelle che hanno condotto all’Olocausto. Non si tratta solo di sapere, ma di essere.


Cosa cercano i giovani delle band nazi-rock, giovani del terzo millennio in criminali del secolo scorso?
Certo non è un fenomeno recente, ma adesso sembra espandersi. Sappiamo della fragilità delle nuove generazioni, della loro predilezione per una comunicazione a pelle più che con scambio di idee argomentate, della rabbia per l’incertezza del loro futuro, della pluralità di richiami in una società dove l’ingorgo di consumismo e la massificazione annulla l’individuo e rende difficile capire anche i propri bisogni.
E’ su tutto questo che molto può la simbologia.
I simboli, quelli positivi come i negativi, sono veicoli formidabili per generare appartenenze, sentimenti, valori senza fornire spiegazioni e possono determinare effetti diversi a seconda di quello che suggeriscono.
La simbologia nazista con le sue svastiche, il suo contrasto rosso-nero, le aquile che ghermiscono, la croce di ferro aggrega intorno all’idea di forza, di potenza e di violenza, quel che ci vuole per chi vive le incertezze, il senso di emarginazione e la rabbia delle nuove generazioni.
E non possiamo fermarci a dire che questo tipo di simboli fa presa su chi non sa, su chi non si pone e non si vuol porre domande che potrebbero mettere in moto la razionalità.
Ovviamente molto possiamo fare diffondendo la conoscenza dei fatti, conservandone la memoria, ma per estirpare alla radice l’insana pianta dei neonazisti, come dei neofascisti, dobbiamo mettere in moto un’altra simbologia che può nascere solo cambiando le condizioni di vita proprie della società attuale, dai valori che esalta al lavoro che offre.

Un sacchetto di biglie – Cfr. Commento di Sandro Russo

Guarda il trailer del film su YouTube:

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Leggi la recensione: Un sacchetto di biglie. La recensione su Mymovies.it

2 Comments

2 Comments

  1. Sandro Russo

    26 Gennaio 2018 at 09:15

    Un sacchetto di biglie

    Un modo magari non eroico ma gratificante, per un cinefilo, di onorare il Giorno della Memoria è andare a vedere un film sul tema.
    Questo film, uscito di recente nelle sale, non è stato facile da rintracciare; a Roma lo davano solo in sale fuori mano e in orari impossibili. Lo si è trovato ieri al Farnese, a piazza Campo de’ Fiori alle 14,30 (!).
    Quattro gatti al cinema, com’era da aspettarsi a quell’ora, ma all’improvviso cominciano ad arrivare decine di ragazzi, alla fine saranno un centinaio..! Si capisce che è una scuola.
    Onore al Liceo Visconti e ai suoi professori! Due di loro fanno una interessante introduzione al periodo storico e al film. Definiscono il significato proprio dei termini: Olocausto (dal greco hòlos, “tutto intero” e kàiō, “brucio”) e Shoah, dalla parola ebraica HaShoah, “catastrofe”, “distruzione totale”.
    Parlano dell’invasione nazista della Francia e della presa di Parigi (14 giugno 1944), con il paese spaccato in due: il Nord controllato dai nazisti e le regioni centro-meridionali del paese sotto il regime collaborazionista del maresciallo Petain (il governo di Vichy); parlano dei maquisard, il movimento di Resistenza francese e del ruolo del generale De Gaulle; anche dei crimini di guerra nazisti su civili indifesi, donne e bambini, analoghi ai nostri di Marzabotto e S. Anna di Strazzema (leggi qui); come quello del 10 giugno 1944 conosciuto come il massacro di Oradour-sur-Glane con 642 morti.
    Una bella iniziativa della scuola e una intensa partecipazione da parte dei giovani che hanno seguito in religioso silenzio e perfino applaudito (!) alla fine della proiezione.

    Nell’articolo di base la copertina del libro, la locandina e la scheda .pdf del film con il trailer da YouTube

  2. Biagio Vitiello

    27 Gennaio 2018 at 14:52

    In un mondo globalizzato si dovrebbe istituire una giornata mondiale della memoria da dedicare a tutte le popolazioni oppresse. Noi ricordiamo solo quella della Shoah, forse perché gli ebrei italiani hanno subito la persecuzione delle leggi razziali, ma ci sono anche altri oppressi come quelli appartenenti alle popolazioni Armene, a quelle Curde o come la minoranza Rohingya, perseguitata dalla dittatura birmana da decenni. Oggi di queste popolazioni si parla poco o niente, forse perché non bisogna provocare le ire di qualche democratico-dittatore che fa comodo tenere… anche nella NATO (e che volevamo portare persino nell’Unione Europea). E che dire del consigliere di Stato della Birmania Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace 1991, che non muove un dito a favore della minoranza Rohingya facendola ammazzare dall’esercito nazionale?

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