Tra i buoni pensieri per il Natale e gli Auguri per il Nuovo Anno, vorrei parlare qui di un problema importante e ineludibile della politica nazionale, rimasto per il momento irrisolto, da quanto si è letto in questi ultimi giorni.
Traggo da Wikipedia le informazioni di base.
Ius soli (in lingua latina «diritto del suolo») è un’espressione giuridica che indica l’acquisizione della cittadinanza di un dato paese come conseguenza del fatto giuridico di essere nati sul suo territorio, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori. Si contrappone allo ius sanguinis (o «diritto del sangue»), che indica invece la trasmissione alla prole della cittadinanza del genitore, sulla base pertanto della discendenza e non del luogo di nascita.
Quasi tutti i paesi del continente americano applicano lo ius soli in modo automatico e senza condizioni. Tra questi gli Stati Uniti, il Canada e quasi tutta l’America latina. Alcuni Paesi europei (Francia, Germania, Irlanda e Regno Unito) concedono altresì la cittadinanza per ius soli, sebbene condizionata (per “condizionata” si intende, oltre alla nascita, che il richiedente abbia vissuto stabilmente sul territorio dello stato per almeno cinque anni).
Sullo Ius soli si è detto e scritto tanto. Riporto qui solo due scritti, uno recentissimo da “L’amaca di Michele Serra” nell’edizione odierna de la Repubblica; l’altro dalla rubrica “Invece Concita”, tenuta da Concita De Gregorio sullo stesso giornale: l’articolo è del 4 ottobre 2017
L’amaca
di Michele Serra
Lo ius soli è arrivato in Senato trovandolo vuoto, così che potesse morire per inedia, per soffocamento, per abbandono quella legge indesiderata dalle destre e dai menefreghisti.
Svuotata dal vuoto che l’ha accolta. Non sorprende che in aula non ci fosse nessuno, dico nessuno, dei 35 senatori Cinquestelle. Loro non si portano e non ragionano come se vivessero in Italia, come noi poveri imbecilli, ma come se abitassero altrove, in un paese tutto loro, dal quale chi non è affiliato alla tribù va escluso (li si può immaginare riuniti in un loro Senato parallelo, intenti a una loro politica parallela).
No, non è quella dei grillini l’assenza che turba: ci si è fatto il callo, alla loro altezzosa indifferenza per le modeste pratiche democratiche.
A turbare è l’assenza di ben 29 senatori dem (un terzo del totale) che almeno in teoria quella legge dovrebbero averla a cuore. Se la considerano un impiccio, una seccatura, un problema, non lo dicono, perché dirlo vorrebbe dire prendersi la responsabilità di dire “no”. Meglio sparire e tacere, l’assenza non è un’opinione, è il comfort di non averne neanche mezza.
Meglio, allora, i fascisti e i leghisti, che quella legge la odiano da sempre, e degli ottocentomila minori di origine straniera che sono italiani di fatto, ma non di diritto, se ne stropicciano.
Non hanno coscienze “buoniste” da tenere a bada, fascisti e leghisti, e dunque possono essere serenamente punitivi, escludenti, anche razzisti, senza perdere nemmeno cinque secondi di sonno. Beati loro.
Buon Natale. Ma non a tutti.
[Da la Repubblica del 24/12/2017]
Invece Concita
Il luogo delle vostre storie
Grazie a Maria Rosaria di Garbo, insegnante, Genova
«Insegno al Liceo Colombo di Genova. Qualche giorno fa ho incontrato la mamma di una delle mie migliori allieve di otto anni fa. Una ragazza di origine russa perfettamente integrata in Italia, tanto da aver vinto le selezioni regionali delle Olimpiadi di italiano. Come tutti ci aspettavamo si è laureata in medicina con il massimo dei voti, come con il massimo dei voti era uscita dal liceo. Mi aspettavo di sentirmi raccontare altre cose belle, invece la signora mi ha raccontato che la figlia, finita la specializzazione, ha dovuto rinunciare a tutte le opportunità di studio e di lavoro esclusivamente per il fatto di non avere ancora la cittadinanza italiana. Incredula, mi sono messa in contatto con Sofia, che mi ha scritto. Non sono le mie parole quelle che contano ora, ma le sue».
[Trovate l’integrale della lettera di Sofia, molto lunga, on-line: qui sono costretta purtroppo a tagliarla].
«Cara prof, sono arrivata qua 19 anni fa. Alla domanda “A chi sei figlia?” delle vecchine del paese avrei imparato a rispondere “Al russo”. Di lì a poco avrei cominciato a parlare nel sonno in un’altra lingua e avrei chiesto di mettere la cassetta di “cum’â l’è” che, anni dopo, a Genova, avrei scoperto essere in “Anime Salve” di De André.
Poi arrivò il 2008: compivo 18 anni e maturavo 10 anni di residenza in Italia. I miei compagni avrebbero potuto votare, io avrei dovuto spiegargli perché non potevo farlo. Mi pesò molto. La domanda di cittadinanza si fa come un adulto, dimostrando 10 anni di residenza e una certa soglia di reddito minimo da almeno 3 anni, cosa impensabile per una diciottenne e non raggiungibile dalla mia famiglia con tre figli. Anche il permesso di soggiorno diventa una questione a parte e io avevo bisogno di un passaporto personale per fare domanda. Così l’anno dopo dovemmo “tornare” nel nostro Paese natale per ottenere i documenti necessari. I miei genitori riuscirono a ottenere un permesso a tempo indeterminato, di cui beneficiarono i miei fratelli ma non io, già maggiorenne.
Quell’anno decisi che lo studio della medicina era la migliore via di mezzo tra scienza e filosofia. Dopo la maturità, nel 2010, tentai il test d’ingresso. Lo passai. Mi laureai nel 2016 con 110 e lode.
Poco dopo la laurea è cominciato un percorso in cui le differenze dovute al mio status di immigrata extracomunitaria hanno cominciato a (ri)emergere prepotentemente. La richiesta di cittadinanza non era ancora fattibile: conosco ben pochi coetanei che a 26 anni possono vantare un reddito regolare da almeno tre anni. Nello stesso periodo, in Parlamento veniva discussa nuovamente la modifica della legge sulla cittadinanza, i cosiddetti “Ius soli” e “Ius culturae”.
È così inquietante rendersi conto di come sia facile creare una sacca di “noi” all’interno di una comunità, di un Paese, una sacca creata da barricate che si barrica a sua volta. Un giorno, qualche anno fa, guardavo in tv la diretta di una seduta parlamentare e notai una cosa sul muro del Senato che ha avuto per me la funzione di un’epifania, come quando cercavi quella definizione e finalmente si presenta: “Qui, dove riconosciamo la Patria dei nostri pensieri…”.
Ecco la risposta alla domanda “Di dove sei?”.
Di qui, “dove riconosciamo la patria dei nostri pensieri”».
[Dalle lettere a Concita De Gregorio; da la Repubblica del 04 ottobre 2017]
“West is Mike and Susie / West is where I love, / West is refugees’ home” – L’Ovest è Mike e Susie / L’Ovest è dove io amo. / L’Ovest è la casa dei rifugiati
Leggi e ascolta qui: Refugees, dei Van der Graaf Generator
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Aggiornamento del 28 dicembre 2017
Ius soli. Tempo scaduto
Dopo i colloqui al Quirinale col premier Gentiloni e i presidenti delle Camere, Grasso e Boldrini, il capo dello Stato ha firmato il decreto presidenziale di fine legislatura. E in serata il Consiglio dei ministri ha indicato il giorno delle prossime elezioni e il successivo 23 marzo data di insediamento del nuovo Parlamento.
E’ l’atto conclusivo e la fine delle speranze per l’approvazione entro questa legislatura della legge sullo Ius soli.
Il premier Gentiloni considera positivo il bilancio del governo sul tema dei diritti civili, per quanto incompiuto, a causa appunto della mancata approvazione dello Ius soli.
Per chi vuole approfondire, riporto tre articoli da la Repubblica di ieri 27 dicembre, importanti per i diversi aspetti della legge, ormai rimandata ad un futuro quanto mai nebuloso.
Precisamente:
– le esatte situazioni cui si applica (“Nuova cittadinanza ecco i diritti negati senza la riforma” – articolo di Giovanna Casadio);
– il panorama politico in cui il misfatto è stato compiuto (editoriale “La fuga di fronte ai diritti” di Tommaso Cerno)
– il prezzo pagato dalla “sinistra”, in termini di aggregazione e motivazioni ideali, ai piccoli calcoli di bottega (ne “L’amaca di Michele Serra”).
I tre articoli sono riuniti in un unico file .pdf; tutti estremamente interessanti, che aggiungono qualcosa alla nostra conoscenza di come/dove sta andando l’Italia:
Tre articoli sullo Ius soli: Da la Repubblica del 27 dicembre 2017. Sullo Ius soli
Enzo Di Fazio
24 Dicembre 2017 at 16:24
C’erano tutti i sospetti che non c’era nessuna voglia di dare al paese questa legge.
Da due anni e mezzo, spesso oggetto di pregiudizi e schemi ideologici, la sinistra ha avuto sempre timore di affrontarla in maniera compiuta vuoi per calcoli elettorali vuoi per mancanza di assunzione di responsabilità. Passata, alla fine, lo scorso ottobre alla Camera, dove il PD ha una buona maggioranza, era rimasta parcheggiata al Senato fin quando non è stato deciso di metterla in calendario per essere discussa dopo l’approvazione della legge di bilancio.
Motivo di opportunità e di necessità politica in quanto non si poteva rischiare una crisi di governo senza aver prima approvato la legge di stabilità.
Quindi ci poteva anche stare la calendarizzazione.
Ciò che meraviglia è che un grosso numero di senatori della sinistra che – come dice Michele Serra – quella legge almeno in teoria dovrebbero averla a cuore, abbia deciso, disertando l’aula, di non discuterla. Così sommando tutti gli assenti non si è raggiunto il numero legale per validare l’aula.
Il problema dei migranti sta disgregando il mondo e non c’è partito o movimento politico che non ne faccia strumento dei propri comportamenti. O cavalcando l’onda della paura per ottenere consensi come fa tutta la destra (e non solo quella di casa) o disattendendo le richieste che vengono dalla società civile per miopia politica come fa parte della sinistra.
La questione è ineludibile e non si definisce con il protezionismo e i respingimenti. E un modo per risolvere i problemi è quello di affrontarli e non eluderli.
Sullo ius soli, come sul fenomeno dei migranti si dicono tante cose e spesso errate.
Forse è il caso di ricordare cosa avrebbe comportato l’approvazione di questa legge per evitare di vederla come una minaccia e cadere nell’errata credenza che con una legge simile tutti i migranti possono diventare cittadini del nostro paese.
Trovo utile riportare al riguardo un passaggio di una nota esplicativa pubblicata su Il Post di ieri
“… La legge avrebbe allargato i criteri per ottenere la cittadinanza italiana e avrebbe riguardato soprattutto i bambini nati in Italia da genitori stranieri o arrivati in Italia da piccoli: non era un vero e proprio ius soli, che prevede che chi nasce nel territorio di un certo stato ottenga automaticamente la cittadinanza, ma uno ius soli ad alcune condizioni: la prima prevedeva che un bambino nato in Italia diventasse automaticamente italiano se almeno uno dei due genitori si trovava legalmente in Italia da almeno 5 anni. Se il genitore in possesso di permesso di soggiorno non proveniva dall’Unione Europea, doveva ottemperare ad altri tre parametri: avere un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale, disporre di un alloggio che rispondesse ai requisiti di idoneità previsti dalla legge, superare un test di conoscenza della lingua italiana.
L’altra condizione per ottenere la cittadinanza era il cosiddetto ius culturae, e passava attraverso il sistema scolastico italiano. Avrebbero potuto chiedere la cittadinanza italiana i minori stranieri nati in Italia o arrivati entro i 12 anni che avessero frequentato le scuole italiane per almeno cinque anni e superato almeno un ciclo scolastico (cioè le scuole elementari o medie). I ragazzi nati all’estero ma arrivati in Italia fra i 12 e i 18 anni avrebbero potuto ottenere la cittadinanza dopo aver abitato in Italia per almeno sei anni e avere superato un ciclo scolastico.”
Il 9 gennaio la legge tornerà in aula, ma con queste premesse, è molto difficile che venga approvata prima dell’imminente scioglimento delle camere.
Sandro Russo
28 Dicembre 2017 at 20:22
Ius soli. Tempo scaduto
Per chi vuole approfondire, riporto tre articoli da la Repubblica di ieri 27 dicembre, importanti per i diversi aspetti della legge, ormai rimandata ad un futuro quanto mai nebuloso.
Precisamente:
– le esatte situazioni cui si applica (“Nuova cittadinanza, ecco i diritti negati senza la riforma” – articolo di Giovanna Casadio);
– il panorama politico in cui il misfatto è stato compiuto (editoriale “La fuga di fronte ai diritti” di Tommaso Cerno)
– il prezzo pagato dalla “sinistra”, in termini di aggregazione e motivazioni ideali, ai piccoli calcoli di bottega (ne “L’amaca di Michele Serra”).
I tre articoli sono riuniti in un unico file .pdf annesso all’articolo di base.