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A un giorno come oggi è legato un incontro importante.
Mi ero innamorata dei libri di Rosetta Loy. Capita, come in tutti gli innamoramenti: accade un fatto, non sai di preciso quale, e senti all’improvviso che la persona che ti sta parlando/scrivendo ha qualcosa che la lega profondamente a te. Avevo letto tutti i suoi libri, anche quelli ormai fuori catalogo, avevo setacciato le biblioteche per leggere persino i suoi più antichi. E, intanto che finivo un romanzo dopo l’altro, non facevo che incitare gli amici: “Leggetela. E’ magnifica”.
Alcuni mi guardavano stupiti: avevano letto i suoi scritti, era brava, sì, ma – a loro avviso – non tanto da giustificare il mio ardore. Comunque, siccome ho amiche meravigliose, due di loro mi organizzarono un incontro con lei a Saxa Rubra, nella bellissima villa in cui abita.
L’imbarazzo iniziale – dovuto anche a un nostro errore sull’orario d’arrivo (ci aspettava alle 11.00 ed erano soltanto le 10.00) – fu mitigato dal suo garbo, dalla disinvoltura di Silvia che avviò una conversazione piacevole sul tempo e il traffico e il giardino e bla bla bla, poi, siccome non aprivo bocca, schiettamente: “Su, Tea, cosa le volevi dire?” mi domandò.
“Che mi sono innamorata di lei”. Ecco schiettezza per schiettezza.
Da quel momento fui un fiume che travolge: le recitai a memoria passi interi dei suoi romanzi, le parlai di alcuni suoi personaggi come di persone care con cui continuavo a discorrere, le dissi che avevo amato moltissimo “Nero è l’albero dei ricordi, azzurra l’aria”, le parlai de “Le strade di polvere“, “La parola ebreo”, “L’estate di Letuche”, “Ahi, paloma”, e ancora, ancora, mentre lei mi guardava e sorrideva e gli occhi le lucevano e le mani, strette strette una nell’altra, dicevano così la sua emozione.
Ci salutammo con un abbraccio lungo, forte, un bacio da lontano sulla punta delle dita.
Era il 16 dicembre del 2009.
Sul mio taccuino scrissi: “Atto d’amore per la Loy, per questa donna che ha saputo darmi parole che nessuno mai.”
Nota della Redazione
La Fondazione “Il Campiello” ha assegnato per il 2017 il riconoscimento alla carriera a Rosetta Loy. La finale della 55a edizione del Premio Campiello si è tenuta sabato 9 settembre al Gran Teatro La Fenice di Venezia.
Una breve intervista a Rosetta Loy a questo link:
http://www.letteratura.rai.it/articoli/a-rosetta-loy-il-premio-fondazione-campiello-2017/2611/default.aspx
Tano Pirrone
16 Dicembre 2017 at 22:00
Grazie Tea, hai ricreato con levitá e chiarezza lo stato di perduta partecipazione che qualche volta, fortunatamente, si ha nei confronti di fonti o di opere che appartengono al rito misterico che chiamiamo arte.
Emanuela Siciliani
17 Dicembre 2017 at 07:51
Ciao Tea,
toccante il tuo racconto dell’incontro con l’amata Rosetta Loy! Anche io la lessi all’epoca – la solita fortunatissima catena di S. Antonio – e mi piacque molto la sua scrittura. Inutile vi dica che non ricordo ne’ cosa lessi di lei ne’ ovviamente le storie… solo che ne rimasi entusiasta!
Tea Ranno
18 Dicembre 2017 at 13:38
E’ un mistero, Tano, è vero. Ci sono libri che si combinano alchemicamente con noi, perciò scatta quel qualcosa che ci unisce al sentire, al pensare di chi li ha scritti: pensiero ed emozione insieme, empatia e visione. E soprattutto gratitudine, perché alla fine, quando esci più ricca da un libro, è soprattutto gratitudine che provi (per me è così).
Emanuela, ricordo che ne parlammo. Fu a Fregene, alla biblioteca Pallotta, durante una delle presentazioni organizzate in giardino. Credo che accennammo a “Le strade di polvere”.