proposto da Enzo Di Fazio
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Ho appena finito di leggere un libro pubblicato qualche anno fa, nel 2014 per la precisione, ma attualissimo.
Il titolo ricorda la bella canzone di Lucio Dalla e, non a caso, il libro inizia proprio con un ricordo del cantante. L’autore, Nicolò Carnimeo, si trova alle Tremiti seduto su una scogliera mentre cala Matano che ha di fronte assume, all’imbrunire, quel colore indaco violetto che la distingue dagli altri angoli del Mediterraneo. E mentre è avvolto dalla frescura e dall’umido dei pini il pensiero va a Lucio Dalla la cui casa è lì a pochi passi e ai versi che, scritti di fronte a quel mare, gli rimbombano nella testa.
Con la forza di un ricatto l’uomo diventò qualcuno, resuscitò anche i morti, spalancò prigioni… Innalzò per un attimo il povero ad un ruolo difficile da mantenere, poi lo lascio cadere, a piangere a urlare, solo in mezzo al mare. Come è profondo il mare.
Il libro ha, però, anche un sottotitolo curioso ed allarmante insieme: “la plastica, il mercurio, il tritolo e il pesce che mangiamo”.
Nicolò Carnimeo è un giovane ricercatore-giornalista e grande viaggiatore che insegna diritto della navigazione e dei trasporti all’Università di Bari.
Nel libro si racconta del mare, della sua fragilità e della grande capacità di affascinare attraverso i comportamenti delle sue creature, siano esse cernie, capodogli, tartarughe o fastidiose meduse. Ma si parla anche di inquinamento e di plastica, l’indistruttibile plastica che a volte appare concentrata in masse di dimensioni enormi tanto da assomigliare a delle isole galleggianti che vagano per gli oceani, altre volte sprofonda negli abissi incagliandosi tra gli scogli e diventando perfino tane per i pesci.
E’ un libro avvincente perché è racconto e denuncia insieme. E’ poetico e scientifico allo stesso tempo. E’ stimolante e induce a riflettere.
Ci sono pagine che fanno sgranare gli occhi come quelle in cui si descrive il fenomeno dei cosiddetti coriandoli di plancton.
Scrive Carnimeo: Il plancton è formato da esseri minuscoli, ma la sua forza è sempre stata l’enorme quantità, tanto da riuscire a saziare anche le balene. Il problema è che i pesci e le altre creature marine non riescono più a distinguere questi microrganismi dalla plastica. Sono talmente simili che a volte è difficile persino in laboratorio. Così la plastica e gli altri inquinanti che essa porta con sé entrano man mano nella catena alimentare, raggiungendo quantità significative nei predatori più grandi (i tonni, i pesci spada, gli squali) e arrivando all’uomo che ne è al vertice con un processo che gli addetti ai lavori chiamano “accumulo biologico”.
Il problema grosso è che mentre i pezzetti di plastica di una certa grandezza si possono ancora individuare ad occhio nudo vi sono microrganismi talmente piccoli che, inglobati nei tessuti dei pesci, si possono vedere solo al microscopio. Sono microparticelle che arrivano dagli scarichi industriali o cittadini come, ad esempio, i frammenti di poliestere che si staccano dai tessuti nei lavaggi in lavatrice, i microgranuli dei cosmetici, sovente più piccoli di cento micron, così minuscoli da non poter essere trattenuti dai filtri degli impianti di depurazione e finire in mare.
Racconta Carnimeo che nei tessuti di una sardina lunga quanto un dito analizzata a microscopio sono stati contati ben ottantaquattro pezzi di plastica!
E’ che il mare in apparenza sembra essere sempre lo stesso ed è visto talmente grande da sembrare capace di assorbire ogni cosa.
Il libro, che, peraltro, si avvale di una bella prefazione di Predag Matvejevic, l’autore di “Breviario Mediterraneo” scomparso nel febbraio di quest’anno, è ricco di citazioni, collocate agli inizi di ogni capitolo, di scienziati, biologi, ricercatori.
Ne riporto una, quella di Rachel Carson (*), una biologa statunitense che già oltre mezzo secolo fa guardava con preoccupazione ai mutamenti del mondo.
Così scriveva Carson: Il mare per la sua immensa estensione e apparente lontananza è stato da sempre percepito come il modo migliore e più rapido per chi deve sbarazzarsi di qualcosa, senza conseguenze apparenti. In realtà gli inquinanti entrano a far parte di un delicatissimo equilibrio nel quale ogni elemento dipende dall’altro. Credo fermamente che in queste generazioni dovremo scendere a patti con la natura: l’intera umanità si trova di fronte a una sfida mai verificatasi prima, e in questa sfida dobbiamo provare la nostra maturità e la nostra capacità di controllare non la natura, ma noi stessi.
Nel libro si parla anche del Mediterraneo, dell’inquinamento da cui non sfugge e di come va modificandosi per effetto dei cambiamenti climatici e della conseguente presenza di specie aliene provenienti da altri mari.
Spesso, durante la lettura, ho pensato al prof. Adriano Madonna e alle cose che ha scritto sul nostro sito e che va trattando da anni nei suoi incontri divulgativi.
Straziante il racconto della lenta agonia di sette giovani capodogli spiaggiati sul Gargano, nei cui tessuti, muscoli e cervello sono state rinvenute, quando è stata fatta l’autopsia, tracce di vari pesticidi e metalli pesanti come piombo, arsenico, cadmio e, soprattutto, mercurio.
Ma – come dicevo – il libro è anche un racconto e contiene pagine di straordinaria poeticità.
Cito, al riguardo, alcune righe di un capitolo dedicato all’armonia del mare perchè le ho trovate molto vicine al mio modo di pensare.
Ho riflettuto spesso sull’armonia che ci lega al mare, la capacità di trarre benessere alla sola vista della sua distesa azzurra. Ho sempre pensato che possedere una finestra sul mare sia uno dei valori della vita, un obiettivo da raggiungere. Non è solo una questione di prospettiva: avere di fronte l’immensità dell’acqua aiuta l’animo a sentirsi meno solo, segna il tempo del nostro orologio biologico. Guardo il mare ogni giorno, più volte, mi ci ritrovo, condivido con esso i pensieri, a volte immagino che sia solo mio e mi sento l’uomo più ricco del mondo…
Come è profondo il mare è un libro per chi ha a cuore il mare ma soprattutto per chi non sa quali rischi corre per via delle cattive abitudini dell’essere umano. E’ un libro da leggere anche tra i banchi di scuola.
A chiusura dell’articolo una breve intervista, della durata di poco più di 3 minuti, fatta da Il Messaggero all’autore del libro
“Come è profondo il mare”: intervista a Nicolò Carnimeo
Note
– Curiosità: se cliccate sulla foto di copertina l’immagine si ingrandisce e mare e barca si muovono.
(*) Rachel Carson (1907-1964). Autrice di molti libri tra cui almeno uno ‘di culto’: “Primavera silenziosa” del 1962, un testo fondamentale per il movimento ambientalista contemporaneo, che portò alla messa al bando del DDT e quindi di altri insetticidi); inoltre una trilogia sul mare: Under the Sea-Wind (1941); A profile of the Sea (1951); The Edge of the Sea (1955).