di Rosanna Conte
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L’atmosfera dell’infanzia lascia in tutti noi un’impronta indelebile e, quando è libera da traumi, man mano che l’età avanza diventa fonte di sentimenti e stati d’animo che si caricano di nostalgia.
Sul nostro sito troviamo tante belle pagine improntate ai ricordi dell’infanzia e adolescenza trascorse a Ponza; pensiamo a quelle di Franco De Luca, Pasquale Scarpati, Silveria Aroma, solo per fare qualche nome, ma nessuno dei redattori, escludendo la giovane Martina, è stato esente dal viaggio nel tempo fatto con l’anima.
Nell’intimo, ognuno di noi, conosce i sapori, gli odori, i suoni di quel periodo e non sempre riusciamo a trovare le parole per comunicarli agli altri, ma dagli scritti dei nostri autori balzano con immediatezza le immagini di una Ponza pre-sviluppo turistico, quella che vide l’ultima emigrazione di isolani dirigersi verso l’America.
La vita si svolgeva senza scossoni ai cambi di stagione. D’estate come d’inverno l’orologio scandiva le semplici attività quotidiane ed erano il sole o la pioggia, il vento o l’afa a dare il tempo, il luogo e il modo ai bambini di organizzare i propri giochi.
Le strade di Ponza, allora, erano caratterizzate dalla presenza di voci e rumori che si sovrapponevano ad un leggero brusìo di fondo che oggi sarebbe scambiato per silenzio.
I suoni percepiti erano tutti riconoscibili.
Il rumore della Santa Rosa che rientrava, quello della corriera di Fricano che partiva per le Forna, il bando di Minicuccio, il carrettino dei gelati di mast’ Arturo, i chicchirichì dei galli che si mandavano richiami dai diversi pollai, i rumori dei passi degli asini che andavano o tornavano dalla Guardia, dal Fieno o semplicemente dalla Dragonara, le voci basse delle mamme durante la controra per richiamare i figli, il rumore delle macchine per cucire a pedali, o del fuso della conocchia delle donne anziane che filavano, lo scalpiccìo degli zoccoli sul rovente selciato di chi tornava da mare nelle calde ore meridiane.
Era possibile imbattersi, allora, anche in personalità importanti, ma certamente non da tutti riconoscibili. L’ingresso della televisione nelle case attraversa gli anni cinquanta ed anche i primi anni sessanta e, ben lontani dai gossip attuali, i ponzesi non avrebbero riconosciuto volti e personaggi dello spettacolo e della politica che avrebbero potuto incrociare per strada.
Rimanevano tutti furastieri.
Mi viene in mente un episodio accaduto nei primissimi anni cinquanta a Teodora Mazzella, Dora, moglie di Giulio Matrone che di cognome portava Conte.
Era una di quelle mattinate estive in cui nelle case ponzesi si spandeva l’odore di cucinato insieme al delicato rumore del sobollire della pentola. Dora allora abitava sulla Parata, al piano terra di quella palazzina, villa Pina, che era stata edificio scolastico durante il fascismo e che da poco era stata comprata dal notaio De Martino.
Certamente stava sbrigando i lavori di casa, che per le donne ponzesi non avevano mai interruzione, quando sentì bussare alla porta.
Andò ad aprire e si trovò davanti un giovanotto sconosciuto, con i pantaloni laceri e sporchi di vernice.
Mentre lo guardava con aria interrogativa e un pizzico di diffidenza, il giovanotto con molta sicurezza le chiese se Giulio Matrone stesse in casa.
Dora rispose di no e, spinta dalla curiosità ma forse di più dall’innato senso di cortesia, ritenendo di poter comunque essere utile a far incontrare il giovanotto col marito, chiese chi fosse per poter riferire a Giulio, al suo rientro, chi l’aveva cercato.
Immaginate il sentirsi rispondere: “Sono il principe Ranieri!”
Guardandolo tutto, dalla testa ai piedi, a Dora venne spontaneo rispondere con una mezza risata: Eh, si tu si nu principe, i’ songh’ na contessa!
Il giovinotto, senza nulla replicare andò via.
Immaginate come restò quando, raccontato il fatto al marito, si sentì rispondere che quello era veramente il principe Ranieri di Monaco. Il motore del suo yacht aveva fatto avaria e aveva cercato qualcuno che potesse aiutarlo. Gli avevano detto che Giulio Matrone l’avrebbe indirizzato nella maniera giusta.
Dora avrebbe voluto ingoiarsi la lingua, ma fino a un certo punto, perché sentiva di avere le sue ragioni.
Del resto aveva sempre espresso il suo pensiero con immediatezza e semplicità, era sempre stata una donna che parlava in faccia e non le mandava a dire se era necessario. (A cinque anni, stanca di sentire il parroco dire tutto il male possibile di una tal Teodora – l’imperatrice bizantina, moglie di Giustiniano, che aveva perseguitato San Silverio – aveva protestato dicendo che lei non era colpevole di nulla perché non aveva fatto niente e quindi doveva smetterla di nominarla).
Figurarsi se il principe non si meritava la sua incredulità, visto come si era presentato!
Qualche tempo dopo, a casa di Dora arrivò un servizio da sei di posate Novalux arg.1000 come ringraziamento a Giulio e certamente come scusa alla sua giovane moglie.
Inutile dire che Dora intese quel servizio di posate come un dono personale e l’ha tenuto molto caro e custodito per anni, usandolo solo in occasioni particolari.
Oggi, quel mondo di semplicità e immediatezza, dove un re può incontrare una semplice signora bussando alla sua casa, non c’è più.
Esistono vip circondati da guardie del corpo e isolani che conoscono tutti e sanno tutto di tutti.
Anche le voci e i rumori in estate sono diventati tanti e confusi al punto che non li distiguiamo più e spesso selezioniamo quello più forte invece che quello più interessante o significativo.
Nel periodo invernale è ancora possibile ritrovare la musicalità di fondo che la natura ci regala.
Pur se con qualche disturbo legato alla modernità, torniamo di nuovo a sentire le foglie che cadono, la risacca del mare sulla battigia, l’uccello che cinguetta, il fruscio delle sue ali, il lieve ticchettìo della pioggia sul selciato, il passo del vicino che rientra…
Forse è per questo che preferisco Ponza d’inverno.