Ai Duri, formazione canora nata negli anni ’60 e poi, con alterne vicende, operante fino al 2014, piacevano le canzoni dove si potessero intrecciare le voci sicché ognuno entrava nel “pezzo” e lo rendeva suo.
Nino era deputato a scegliere il brano, a smontarlo in modo da inserire gli interventi del gruppo, e rimontarlo.
Dal repertorio classico sudamericano Nino scelse, fra i tanti, Moliendo café. Un brano tradizionale, di facile approccio, suscettibile di buoni risultati. Ma, mi raccomando, nessun paragone, please.
Aniello Coppa alla fisarmonica, Mario Iozzi al sassofono, Tonino Esposito, Antonio De Luca ed io al coro. Nino alla pianola.
Lo spagnolo lo adattammo a noi, il minimo per apparire credibili. Nino aveva assegnato i compiti ad ognuno. E infatti a ben sentire ciascuno è individuabile.
Tonino si lamenta: “Ma io sul palco sembro un sopramobile, non faccio niente”. In effetti Tonino avrebbe potuto suonare il contrabasso ma questo è incluso nella pianola. “ Va beh … portalo e fai finta di suonarlo”.
Allora pure Antonio interviene: “E io ? Cosa suono?”
“Tu – ripara Nino – porta il tamburello, così non stai con le mani in mano. Ma, mi raccomando, non suonarlo…”.
“Ce vo’ ’a mano ’i Ddio p’accuntentà tutte quante”.
Proviamo e registriamo. La canzone è qui sotto.
In effetti c’è voluta una grande dose di pazienza e di determinazione per raccoglierci tutti. Chi aveva da fare col pontile, chi aveva la consegna della moglie e guai a non eseguirla, chi doveva ritirarsi presto. Però… però è stato un periodo fortunato e divertente, il cui ricordo allieta ora il nostro tempo vuoto. Senza Nino.
Ascolta qui dal file mp3