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Ho avuto un colloquio con un giovane che mi chiedeva se in questo momento si poteva pretendere un minimo di rinnovamento nelle liste elettorali.
Gli ho risposto: “Un minimo di rinnovamento non si ottiene contrattandolo ma imponendolo e in questo momento non mi sembra possibile per due motivi:
– la posta in gioco è troppo alta per cui il sentimento che prevale è la paura e nessuno è disposto a rischiare ad avventurarsi in esperimenti senza storia;
– concretamente non vedo giovani di spessore che possono imporre un cambiamento.
Questa domanda mi ha quindi ispirato un ragionamento sulla fiducia.
I ponzesi hanno avuto una infanzia, come comunità, abbastanza travagliata sempre circondati da “coatti, briganti, papponi e lacchè” e per difendere la loro proprietà hanno dovuto crescere in fretta; imparare l’arte della diffidenza è stata una “necessità” che si è strutturata come “virtù”.
C’era una pubblicità qualche anno fa che diceva: “La fiducia è una cosa seria e va data alle cose serie” e i ponzesi cercano sempre di affidarsi in mani esperte, collaudate.
Ma per sapere quali sono le cose/persone serie dobbiamo chiederci quali sono i motivi principali per cui diamo la nostra fiducia:
– Quella persona ha le nostre stesse regole di vita e si comporta come ci comporteremmo noi. Vediamo quindi comportamenti che ci piacciono e notiamo coerenza nel tempo.
– Abbiamo visto che ha ottenuto dei risultati che ci portano a credere che quella persona ha le capacità che cerchiamo. Quindi ci aspettiamo che la persona possa darci le cose di cui abbiamo bisogno.
Per confermare la mia fiducia valuto nel tempo se ha fatto tutto quello che mi aspettavo, cioè se si è comportato lealmente, ha mantenuto le promesse, è stato affidabile, ha rischiato per me!
Quindi ci fidiamo perché valutiamo le cose fatte e i comportamenti, valutiamo il passato. Siamo diffidenti quando il comportamento di una persona non ci ha dato certezze, addirittura siamo ostili quando quei comportamenti ci hanno arrecato dei danni che non possono essere risarciti con nuove promesse.
Possiamo fare una prima conclusione: non ci fidiamo più di una persona conosciuta nel tempo a cui abbiamo dato fiducia perché ci ha fatto soffrire o temiamo che ci faccia soffrire. Abbiamo paura!
Questo discorso sulla fiducia si amplifica quando c’è in ballo una posta in gioco altissima.
Se una persona di cui ti fidi, un amico, ti chiede 20 euro tu glie le dai, ma se ti chiedesse tutto quello che possiedi? E’ sempre un prestito, è sempre la stessa persona ma qui la posta in gioco è altissima e tu, con mille scuse diresti: “Non posso, scusami!”.
Quindi possiamo diffidare anche delle persone di cui ci fidiamo, dipende dal rischio: maggiore è la posta in gioco maggiore è la nostra paura quindi la nostra diffidenza.
“Fidarsi è bene non fidarsi è meglio!”
Il sentimento di paura si amplifica proporzionalmente alla posta in gioco e indirizza le nostre scelte.
I ponzesi per scegliere si affidano alla loro storica esperienza, valutano le persone per i loro risultati: “quella è una persona di cui ci si può fidare perché è stata capace di tirar su un impero e mi ha dato sempre buoni consigli. Non importa come sia riuscito a farlo: importa il risultato”.
Quindi il ponzese si sceglie gli uomini di fiducia ma li studia a tavolino, li valuta, li pesa in base al passato analizzando il suo comportamento, le capacità dimostrate per cui decide che è meritevole o no di fiducia.
Ma attenzione: le persone che hanno dimostrato capacità misurabili nelle cose concrete sono meritevoli non di fiducia illimitata ma solo temporanea (delega parziale) condizionata ai risultati da ottenere: “Le chiacchiere stanno a zero, i maccheroni riempiono la pancia”.
In politica potrebbe chiamarsi “contratto elettorale” non quello pubblico ma quello negoziato a livello privato quello “porta a porta”.
Al ragazzo che mi chiedeva del rinnovamento della vita politica e sociale dell’isola ho detto:
“Caro ragazzo soprattutto in questo momento storico, ‘la fiducia diventa una cosa serissima, e la si da alle cose serissime’; le cose serie sono quelle che vedi realizzate, non sono i sogni, le intenzioni, i progetti. Queste cose realizzate devono crescere, moltiplicarsi, devono essere difese per cui la gente si fida di chi può garantire continuità.
Le cose serie in questa isola adulta non sono le emozioni, i sentimenti, i desideri, le speranze, gli ideali, i progetti. Tutti cercano la felicità personale che tendono a realizzare cercando di ottenere cose concrete: denaro, proprietà, oggetti, case, concessioni, lavoro non importa come, non importa il mezzo ma questo è il fine”.
E lui mi ha chiesto: Prof e gli ideali?
Bruscamente ho risposto: – Come dice un mio amico che oggi occupa il potere: “A vent’anni si deve seguire il cuore (gli ideali) a quaranta la testa (le cose concrete)”. Purtroppo questa è un’isola di adulti in cui i giovani sono una minoranza, e per di più silenziosa!