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Sul tavolo una sporta piena di scarola. Le foglie larghe ma tenere digradano dal verde pisello ad un verdino appena accennato, pallido, quasi bianco; al tatto regalano quella speciale croccantezza che soltanto le foglie provenienti dall’orto di casa portano in dono. È un giardino coltivato da un lupo di mare, con una storia di navigazione lunga decenni, quello da cui provengono i verdi della mia cucina: broccoletti, scarole (la liscia e la riccia) e, sua maestà, la rucola.
Come la preparo stasera?
Dall’altra stanza una voce: abbiamo Marcy a cena!
Bene, mi risolvo per il risotto.
Scarola, pesto di nocciole e riso semi-integrale.
Per una sera il nostro tavolo è tutto al femminile.
Si parla di viaggi, di episodi tragicomici, di amori, di gratitudine; quella semplice da riconoscere alla vita, ai genitori che abbiamo avuto, alle storie vissute, al solo fatto di poter scegliere ogni giorno il nostro percorso.
Noi che – in definitiva non vediamo le cose per come sono ma per come siamo.
Salta fuori una vecchia canzone di Fossati, un autore che mi è particolarmente caro, un poeta nei cui testi mi capita di specchiarmi spesso.
L’attenzione – per qualche istante – si sposta sul brano che ricordo da lungi e che racconta al mio orecchio un senso della vita espresso nel movimento temporale, quello degli amori incontrati – e persi – da ricordare con affetto e senza rancore, racconta questo nostro essere naviganti…
Da YouTube il video di “Naviganti” di Ivano Fossati, dall’album Dal vivo volume I – Buontempo uscito nel 1993; brano presente anche nella colonna sonora del film “Il toro” di Carlo Mazzacurati (1994).
Il video è notevole, oltre che per la canzone (parole e musica), per le bellissime immagini del pittore e illustratore surrealista polacco Jacek Yerka.
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Naviganti
Siamo stati naviganti
con l’acqua alla gola
e in tutto questo bell’andare
quello che ci consola
è che siamo stati lontani
e siamo stati anche bene
e siamo stati vicini
e siamo stati insieme.
Siamo stati contadini noi due
senza conoscere la terra
e piccoli soldati
senza amare la guerra,
ci hanno mandati lontano
senza spiegarci bene
e siamo stati male,
ma siamo ancora insieme.
Grandi corridori di corse in salita
che alzavano la testa dal manubrio
per vedere se fosse finita,
allenati alla corsa
allenati alla gara
e preparati a cadere
e a tutto quello che s’impara,
innamorati della sera
innamorati della luna
conoscitori della notte
senza averne paura,
innamorati di quel fiore
che non vuole mai dire:
ecco, è tutto finito
e bisogna partire.
Ma ora è il momento
di mettersi a dormire
lasciando scivolare il libro che
ci ha aiutati a capire
che basta un filo di vento
per venirci a guidare
perché siamo naviganti
senza navigare
mai.
Foto in alto, dell’Autrice: “L’orto di casa e il supervisore”