di Rosanna Conte
L’8 marzo di quest’anno è all’insegna dello sciopero generale e globale delle donne.
Non è una rivisitazione della Lisistrata di Aristofane, ma una vera e propria azione di protesta ad ampio raggio contro il sessismo imperante in tutti i campi, organizzata secondo le regole che vigono in una società democratica.
L’idea è stata lanciata dalle attiviste argentine di Niunamenos con lo slogan Se le nostre vite non valgono allora non produciamo e, all’indomani della grande manifestazione a Roma del 26 novembre scorso contro la violenza sulle donne, anche i vari gruppi di femministe italiane, uniti nella piattaforma Non una di meno, hanno guardato all’8 marzo come data significativa per uno sciopero generale.
Perché uno sciopero?
Con la rete internazionale dei movimenti femministi stanno scendendo in piazza milioni di donne, uomini, trans, gay, lesbiche, intersessuati, nere/i, migranti, subalterne/i, disoccupate/i, povere/i e precarie/i, e si stanno costruendo spazi di riconoscimento, legittimità e possibilità per tutte/i coloro che vogliono opporsi a un dominio maschile, capitalistico e violento all’interno delle proprie vite. Lo sciopero va ad inceppare i meccanismi di produzione e riproduzione sociale del sistema neoliberista che con l’egemonia maschile e la divisione sessuale del lavoro perpetua la violenza di genere, ma produce anche emarginazione, impoverimento, precarizzazione, aldilà delle divisioni di genere.
Perciò l’8 marzo sarà una giornata di lotta globale in cui tutte le forme di dominio, oppressione e subalternità troveranno spazio di esistenza, riconoscimento e possibilità attorno al concetto della libera progettazione di se stessi che appartiene alla cultura femminista.
Questa giornata rientra a pieno titolo nel percorso che, col lavoro di approfondimento e confronto di tantissime associazioni, mira alla nascita di una nuova agenda femminista internazionale anti-razzista, anti-imperialista, anti-eterosessista, anti-neoliberista.
Le associazioni della piattaforma italiana già da tempo hanno posto in evidenza la necessità di rivedere, nel nostro paese, il Piano Straordinario Nazionale Anti-Violenza approvato nel 2015.
La sua inefficacia è stata ribadita molte volte e la condanna dell’Italia da parte della Corte europea dei diritti umani dipochi giorni or sono non fa che confermare la necessità di creare un piano realmente spendibile. Il giorno dopo la manifestazione del 26 novembre, si è lavorato attorno a tavoli di approfondimento su diverse tematiche per avviare un percorso comune teso a raggiungere il più rapidamente possibile questo obiettivo.
Quotidianamente si assiste alla condanna a parole della violenza sulle donne, ma nei fatti la si tollera, e si tratta il femminicido come una delle emergenze del nostro presente, invece che un problema di carattere strutturale, legato al modello culturale patriarcale perpetuato nella società odierna.
I media continuano a veicolare un immaginario femminile stereotipato che oscilla fra vittimismo e spettacolo, molto distante dalle vite reali delle donne, e la politica riduce tutto a dibattiti e a trovate pubblicitarie, strumentalizzando il problema della violenza di genere senza una concreta volontà di contrastarlo. E in tutto questo la libertà delle donne è sempre più sotto attacco.
Il nuovo Piano anti-Violenza, accanto alle azioni operative di difesa, prevenzione e formazione, dovrà combattere ostacoli molto ingombranti come questi.
Mercoledì, 8 marzo, le manifestazioni organizzate in tutta Italia vedranno sfilare le donne vestite di nero con un accessorio – sciarpa, cappello, cintura, nastro che sia – di color fucsia, e i loro slogan saranno: Non una di meno, nessuna da sola – Se toccano una, toccano tutte.
Google map delle manifestazioni in Italia (cliccare sull’immagine per ingrandire)
Simbolo dell’unità delle donne nella lotta è la matrioska: tante donne, nella loro grande pluralità, che occupano uno spazio ristretto ma ricco di contenuti, costituiscono una forza enorme per affermare la propria autodeterminazione!