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Carlo di Borbone fu prima Carlo e poi re.
E’ quanto dire per un re che, giovanissimo, diede un’impronta vigorosa ad un regno che era arretrato e impoverito quando l’aveva conquistato portandolo, nell’arco di venticinque anni, all’avanguardia.
Nato il 20 gennaio 1716, a quindici anni aveva ereditato il ducato di Parma, a diciotto, inserendosi nella guerra di successione polacca, battè gli austriaci che possedevano Napoli e la Sicilia e si impossessò del nuovo regno, dando la misura di capacità politico-militari che appartenevano ai grandi re.
Elisabetta Farnese
Alla sua formazione forse non fu estranea la grande ambizione della madre, Elisabetta Farnese, che desiderava vedere collocati ai massimi vertici delle dinastie europee i figli nati dal suo matrimonio, in seconde nozze, con Filippo V di Spagna, ma certamente fu fondamentale la determinazione di Carlo che aveva sangue Farnese proveniente nientemeno che da Alessandro Farnese divenuto papa col nome di Paolo III nel 1534.
Paolo III dipinto da Tiziano
Era stato questo papa a creare i titoli e le ricchezze della casata e, ancor prima di salire al soglio pontificio, aveva collezionato antichità e dato committenze a grandi artisti del suo tempo. Col suo potere, poi, aveva sistemato i figli avuti prima di prendere gli ordini sacri.
Alessandro Farnese aveva frequentato da giovane la splendida corte del grande Lorenzo il Magnifico, dove poté formare il suo gusto artistico e apprendere la grande valenza culturale e sociale del mecenatismo.
Ecco, Carlo di Borbone aveva ereditato in maniera spiccata dal suo avo l’amore per l’arte e, per tutta la sua vita, oltre alle guerre necessarie e alla politica, si interessò ad essa promuovendola e divulgandola.
Non bisogna meravigliarsi, quindi, della mostra che gli ha dedicato il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, MANN, in occasione dei trecento anni della sua nascita.
Non vasta , ma intensa, i cartelloni aprono proprio con la frase “Carlo di Borbone fu prima Carlo e poi re” a voler sottolineare quanto fosse insita in lui la passione per l’arte e proseguono su quanto fece per essa.
Il trasferimento a Napoli delle due grandi collezioni farnese, quella di Parma e quella romana, e il continuo rinvenimento di opere antiche provenienti dagli scavi di Ercolano e Stabia, richiesero la costruzione di ambienti degni di ospitarli e per progettarli e costruirli chiamò a Napoli
architetti provenienti da diverse parti d’Italia. Furono edificate, così, la reggia di Capodimonte e il museo annesso alla reggia di Portici.
Il suo impegno in questo campo fu enorme, perché Carlo non solo amava circondarsi di produzioni preziose ma riteneva che la cultura, come la riorganizzazione amministrativa, la produzione manifatturiera, l’organizzazione dell’esercito e della flotta, i commerci, la lotta contro la giurisdizione feudale e così via, avrebbe contribuito a trarre il suo regno dalla marginalità in cui si trovava e a porlo tra gli attori della politica internazionale.
Aveva ben capito che l’arte e la cultura producono ricchezza ed oggi licenzierebbe in tronco tutti i ministri italiani che hanno tagliato le spese in questo campo, dalla scuola ai musei, alle sovrintendenze e a tutte le attività connesse.
Cosa fece in particolare re Carlo?
Dopo aver istituito nella sua reggia di Portici il museo per raccogliervi tutto quanto veniva estratto dal sottosuolo vesuviano – oggi presente nel MANN- chiamò i migliori artigiani, restauratori e disegnatori di allora a lavorarci.
MANN – Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Per far veicolare tra gli studiosi le nuove conoscenze sul mondo antico mediante la stampa, attrezzò dei laboratori per fare le matrici di rame con le quali fissare le immagini delle opere sui libri. Nel 1755 affidò il compito della produzione dei testi alla Regale Accademia Ercolanese che pubblicò prima di tutto i disegni dei dipinti murali che erano una vera rarità.
Ovviamente era questo un modo di farsi la pubblicità e richiamare nel nuovo regno viaggiatori, studiosi, amatori dell’arte antica, incrementando le casse pubbliche e acquistando prestigio.
Ma non finisce qui, altrimenti non avremmo avuto la mostra Carlo di Borbone e la diffusione delle Antichità che è stata definita una mostra una e trina.
Quando Carlo divenne Carlo III re di Spagna, nel 1759, avvertì la mancanza delle opere antiche che continuavano ad emergere dagli scavi e a Madrid si fece mandare i loro calchi e i rami per farle riprodurre. E se questo da un lato poteva soddisfare la sua esigenza estetica, dall’altro l’impianto di una scuola dove i giovani potessero imparare le arti copiando dai capolavori antichi dimostrava che aveva a cuore la vita artistica e culturale del suo regno.
E l’attuale mostra è in collegamento con la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, a Madrid, dove sono esposti i disegni, le incisioni in rame ed i calchi di gesso che re Carlo aveva fatto pervenire nella capitale spagnola.
E non solo.
L’impero spagnolo allora si estendeva anche nelle Americhe, e per rafforzarvi la presenza imperiale Carlo III mise in atto diverse iniziative dalle riforme di stampo illuministico che ne consolidassero l’amministrazione alle campagne militari per conquistare le zone verso nord
Non fu, quindi, un’azione estemporanea quella di inviare a Città del Messico copie dei calchi che aveva a Madrid per la scuola d’arte intitolata a San Carlos.
Generazioni di allievi li hanno disegnati e, visto che quei calchi non ci sono più, è questo il contributo che l’Accademia messicana dà alla mostra Carlo di Borbone e la diffusione delle Antichità.
Ecco la mostra una e trina che si ritrova anche nella presenza dei monitor che ci fanno vedere cosa accade negli altri due siti espositivi.
Questo aspetto del governo di Carlo di Borbone ebbe ricadute in diversi ambiti, dal più frivolo al più impegnato.
Se lady Hamilton, la bella moglie dell’ambasciatore inglese a Napoli, un’avventuriera venuta dal nulla, ma molto influente alla corte di Ferdinando IV, lanciò la moda degli abiti drappeggiati e nuove tendenze nella danza, potè farlo perché aveva potuto ammirare i dipinti delle antiche divinità femminili che volteggiavano nell’aria e le statue femminili emerse da Ercolano e Stabia diffuse per volere di Carlo di Borbone.
Lady Hamilton dipinta come baccante da Johann Heinrich Wilhelm Tischbein
Emma Hamilton (1765-1815): dipinti in veste di baccante da Elisabeth Vigée le Brun
E’ dalle scoperte napoletane che si guarda con occhio nuovo al mondo antico, intensificando il recupero di resti archeologici e la loro cura. L’Italia del ‘700 divenne meta del Gran Tour per giovani artisti che arrivavano con borse di studio e per i nobili intellettuali tra i quali era obbligatorio aver visto almeno una volta le bellezze e le ricchezze artistiche della nostra penisola.
Non si può negare, infine, che le opere d’arte antiche che circolarono in Europa nelle divulgazioni stampate dalla Regale Accademia Ercolanese influirono non poco sul gusto artistico che dominò nella seconda metà del ‘700 e inizio dell’800 in Europa dando vita all’arte neoclassica con artisti come Antonio Canova, J-Louis David, G. Battista Piranesi.-