di Giuseppe Mazzella
Giuseppe sta completando il volume “Ponza Controvento”, di cui quella che segue è la parte introduttiva (sarà pubblicata in due puntate). Ha cominciato a scriverlo nell’estate del 2012 e segue la storia dell’isola di questi ultimi anni.
La Redazione
Introduzione (prima parte)
C’è invidia da parte degli abitanti dei paesi della costa nei confronti di Ponza. L’isola, lontana e poco conosciuta, dove pochi di loro sono stati, e dove tanti turisti vanno. Troppi. A frotte e accaldati li vedono assalire i traghetti da Formia, Gaeta, Terracina, Circeo, Anzio. Dove corrono? Non sanno che l’isola è stata luogo di condannati e confinati? Per secoli si sono consumate vendette atroci, è stata covo di pirati, luogo di abbandono e di pena. Non è un caso che il pittore svizzero Arnold Böcklin si sia ispirato alle sue cupe grotte per realizzare il famoso dipinto “Die Toteninsel”, l’Isola dei morti (leggi qui).
Sarà bella, certo, lo dicono in tanti, ma è anche luogo di misteri non sempre limpidi. E di peccati. Forse è proprio questo che attrae uomini e donne che, all’apparire della primavera e fino a tardo autunno, vi accorrono in preda ad una vera frenesia.
Del resto lo stesso vescovo Milingo, famoso esorcista passato alla cronaca per un matrimonio improbabile con divorzi, abiure e riconciliazioni, in un suo viaggio a Ponza negli anni novanta, mentre vi arrivava in traghetto, già all’altezza dell’isola di Zannone colse nei suoi cieli una sarabanda di diavoli. Sono le antiche “magie di Circe” rispondono in coro alcuni storici locali, oppure i “segni” delle “opere di Calibano” della Tempesta di Shakespeare, che per questa commedia tutti sanno essersi ispirato alla nostra isola. Scrittori e poeti per la verità quasi sempre hanno dipinto Ponza con colori a fosche tinte che hanno finito però per accrescerne il fascino.
C’è poi, invece, chi ne ha esaltato la natura vulcanica e la varietà e i colori delle rocce, a cominciare da Déodat de Dolomieu che, alla fine del Settecento, ne restò folgorato, ritenendola la più bella isola d’Europa. Una varietà che si ripete oggi anche tra la gente che la popola, molti di quegli eredi pionieri che la colonizzarono per volontà dei Borbone nel 1734.
Vi arrivarono in circa cinquanta famiglie, che provenivano da Campagnano, un piccolo paese agricolo di Ischia (leggi qui). Contadini e braccianti che ebbero per la prima volta nella vita la soddisfazione di possedere un pezzo di terra. Certo tutto era da bonificare, liberando i terreni da boschi secolari, terrazzare e mettere a dimora piante e vitigni. Riuscirono, a costo di alcune generazioni, a vincere la sfida anche se a fronte di fatiche dure e disperate. Da allora le due isole, Ischia e Ponza, sono sempre state regolarmente collegate, ma da circa venti anni lo sono solo nei mesi estivi e non sempre.
A segnare ulteriormente questo distacco, Ponza è stata rapidamente colonizzata dai romani che vi hanno comprato casa e in tanti anche aperto attività commerciali. Fino alla elezione recente di un sindaco romano, anche se nato in Svizzera, scelto nelle ultime competizioni amministrative del 2012, il giornalista Piero Vigorelli.
Dopo oltre quarant’anni di frequentazione come villeggiante, Vigorelli ha voluto sfidare gli isolani in casa loro, improntando la campagna elettorale nel segno della legalità e della trasparenza, contrapponendosi alla amministrazione precedente finita malconcia nelle maglie della giustizia. Benché con soli 14 voti di scarto, ha vinto e sta amministrando, a suo dire, con “una visione nuova”, promettendo successo e benessere per tutti. E, come sempre accade in tutte le piccole comunità, alle sue proposte di cambiamento la popolazione si è divisa tra favorevoli e contrari, anche se tutti uniti nella preoccupazione di un futuro che appare sempre più incerto.
Molti, però sono oggi anche quelli che, provenienti da lontani paesi europei, l’hanno eletta a loro buen ritiro per lunghi mesi o addirittura per tutto l’anno. Artisti, scienziati, facoltosi commercianti, pensionati, hanno trovato nelle sue atmosfere fuori dal tempo un’attrazione fatale e una dimensione in cui vivere serenamente. Si sono costruiti casa o hanno acquistato e riattata una vecchia dimora di pescatori. Lungo, poi, è l’elenco di quanti negli ultimi decenni sono stati stregati dalla sua bellezza. Pittori come Sambonet, Carbonati, Magnoni, Vanarelli (leggi qui e qui), poeti come Montale, scrittori come Moravia, Morante e Ettore Settanni, caprese, che lasciò l’isola natìa per vivere Ponza, solo per citare alcuni, hanno eletto l’isola come luogo del cuore.
Molti, poi, i registi che l’hanno scelta per i loro film. Sulla famosa spiaggia di Chiaia di Luna Fellini girò alcune scene del “Satiricon”. Anzi i cineasti sono stati quelli che hanno saputo apprezzare e meglio valorizzare gli incredibili scenari che l’isola offre, facendola conoscere in tutto il mondo. Da Folco Quilici a Giorgio Stegani, autore del primo film di una Ornella Muti appena quindicenne, “Il sole sulla pelle”, a Bruno Vailati che oltre alla “Battaglia di Maratona” e ad altre pellicole di successo, vi registrò stupendi lungometraggi sull’allora nascente pesca subacquea, a Mauro Bolognini che nel 1963 vi ambientò interamente “La corruzione” con Rosanna Schiaffino, ai tantissimi altri fino alla serie Rai in sei puntate, girata questa primavera con Vanessa Incontrada (numerosi articoli sul sito; digitare – un’altra vita – nel riquadro “Cerca nel sito”).
Ponza, solo dopo il confino politico del ventennio fascista, ha finalmente trovato la sua strada e il suo futuro nel turismo. Un ventennio che ha segnato profondamente la sua gente e la vita degli ospiti obbligati, personaggi importanti della politica nazionale come Pertini, Nenni, Amendola, e lo stesso Mussolini, qui tenuto prigioniero per una decina di giorni dopo l’ultima seduta del Gran Consiglio del 25 luglio 1943. Nell’anno in cui ricorre il 75° anniversario della fine del confino, è triste però ricordare che nessuno di quegli illustri personaggi abbia mai mostrato nel corso degli anni un segno di benevolenza o di interesse nei confronti di Ponza e dei suoi abitanti. Anzi quasi nessuno di loro vi è più tornato. Si dirà perché l’isola era luogo di pena e memoria di brutte esperienze. Ciononostante Carlo Levi, tanto per fare un esempio illustre, che è vissuto in un contesto simile e forse ancora più disperato, ha innalzato un monumento letterario alla sua terra di confino. Tra i tanti costretti al soggiorno obbligato forse solo Amendola ha ricordato con affetto il calore umano e il carattere degli isolani nel suo libro “Un’isola”. Forse la colpa di tutto questo distacco è dei ponzesi e del loro carattere spigoloso. Chissà!
Moltissimi di quelli che hanno scoperto Ponza all’inizio degli anni cinquanta, un’isola incantata, tutta silenzio e pace, vi sono poi tornati per tutta la vita a villeggiare. Ora, ormai avanti nell’età, si affaticano a raggiungerla, mentre i giovani che oggi la frequentano, e che non l’hanno mai conosciuta nella dimensione prima del boom turistico, sono attratti piuttosto da una vacanza mordi e fuggi e dalle grandi feste sulla spiaggia a base di alcolici e sballo, che ripropongono le confuse baraonde dei locali di Roma.
In quegli anni ormai lontani rarissime erano le barche e tra queste però immancabile quella di Gianni Agnelli, la famosa Agneta, un elegantissimo 25 metri costruito nel 1950 su disegno di Knud Reimers, che stazionava indisturbata e solitaria nel porto.
Oggi, nei due mesi di tourbillon estivo, centinaia di imbarcazioni la circondano e ingolfano ogni angolo. E’ l’estate luccicante ponzese, con i suoi lustrini e i suoi vip che si trasferiscono in massa dalla Capitale.
A passeggiare sul Corso Pisacane sembra di stare a piazza del Popolo o al Pantheon. Solo che qui non si sfoggiano pellicce o capi firmati, ma mise più sobrie e scollate su costumi ancora umidi e odorosi di mare. Anche in questo sta la suggestione di Ponza: passeggiare, vivere l’isola senza avere il fastidio di paparazzi, o essere assaliti da orde di fans. I ponzesi, timidi e disincantati, guardano tutto con occhi di spillo, ma passano in silenzio e vanno via. Una certa familiarità si instaura solo tra barcaioli e ospiti quando, nelle lunghe e assolate ore del periplo, cadono alcune barriere. E la simpatia che si instaura naturalmente sfocia spesso in amicizia, che nei mesi invernali è alimentata da doni di pesce che l’isolano si prodiga a portare nelle città degli amici.
E’ noto, infatti, che i “ponzesi sono amanti dei forestieri”, a sottolineare ancora una volta la litigiosità e la preferenza per chi non è dell’isola. Come è accaduto di recente anche per il “sindaco forestiero”.
Ponza controvento (1) – Continua