Io dico che a Ponza i turisti arrivano a ondate, cioè arrivano tutti insieme come una grande onda anomala che non riusciamo del tutto ad arginare.
Se il tempo volge al sereno, i turisti arrivano tutti insieme nei ponti del 2 giugno e di San Pietro e Paolo, e poi dal 6/10 agosto fino al 28 agosto.
Invadono ogni cosa: ogni stanza di albergo dal sottoscala al sottotetto. Tutte le case private, i residence, gli affittacamere, le grotte, tutto è occupato all’inverosimile e anche i letti dei privati si affittano. Non c’è un buco libero! Arrivano via mare, con le navi, gli aliscafi, le barche private e invadono ogni cosa.
Sono ondate incontrollate, enormi, incontenibili e il lavoro (per arginarle) diventa frenetico, caotico, non razionale. Tutte le strutture, i servizi, i nervi, sono messi a dura prova.
Quando si ritirano queste “ondate” che cosa rimane sull’isola? Portafogli certo più pieni ma anche tanto stress sociale, ambientale, culturale.
Qualcuno potrebbe dire: “meno male di che cosa ti lamenti?”.
Io non mi lamento cerco di riflettere sulle conseguenze di questo fenomeno nel lungo tempo.
Infatti passati questi 40 giorni di “panico turistico”, rimangono tanti giorni di bassissima stagione in quanto a permanenza turistica sull’isola: 20 giorni a giugno, 20 giorni a luglio, 7 giorni ad agosto, 26 giorni a settembre, per non parlare di aprile, maggio, ottobre e novembre in cui si potrebbe ancora fare turismo ma di turisti neanche l’ombra.
Questi lunghi periodi di bassa stagione, se per Ponza-centro diventano pesanti in termini di mancato incasso, per le Forna sono pesantissimi.
Ondate di turisti, è un vocabolo che suggestivamente fa pensare a le ondate tipo tsunami a seguito di un terremoto.
La parola stessa suggerisce che una piccola isola dalle ondate si debba difendere con barriere, scogliere, dighe, deve in qualche modo arginare l’assalto dell’onda.
Al contrario i flussi turistici, sono fisiologici, governati dalla ragione, dal bisogno che accomuna turisti e operatori economici in azioni di dare-avere a misura di isola come società, ambiente e territorio.
I flussi turistici non sono ondate, per cui si possono controllare, gestire, programmare. Nei flussi al contrario delle ondate, non troviamo più l’immagine che li si debba strozzare, impedire, bloccare.
I flussi, producono ricchezza diffusa, portano nuova energia, nuova vita, nuove risorse, per cui vanno accolti, favoriti perché vengono a rinforzare le fibre di una comunità isolana come la nostra, che vuole continuare a vivere su quest’isola e ci tiene alle sue risorse ambientali/economiche.
Infatti i flussi turistici si possono diluire nel tempo: un numero costante di turisti, ma per un periodo di tempo più lungo produce solo ricchezza e non lascia scorie da smaltire.
Ma come fare a creare flussi turistici continui e costanti nel tempo magari allungando la stagione turistica? E su questo dobbiamo pensare, metterci a lavoro, produrre idee e organizzazione!
Al contrario nella nostra isola tutto lavora per sfruttare “le ondate” di turisti.
La compagnia di navigazione Laziomar incrementa le corse solo nel periodo di alta stagione scaricando di tutto anche nel mese di agosto.
Tutti gli operatori economici si attrezzano per sfruttare le ondate turistiche accumulando le riserve in termini di strutture.
Per esempio più barche – il numero delle quali aumenta di anno in anno – che creano problemi per gli inesistenti spazi a mare e problemi per il deposito invernale in termini di spazi e di degrado all’arredo urbano.
Più automobili, motorini da noleggio, più autobus: che non sappiamo dove parcheggiare.
Più posti letto: che in mancanza di una possibilità di espansione residenziale, visto le leggi restrittive in materia edilizia, si possono creare ridistribuendo gli spazi interni alle abitazioni già esistenti con una diminuzione della offerta qualitativa dell’ambiente casa.
La nostra operazione economica turistica è quantitativa. La concorrenza commerciale interna è basata più sulla quantità che sulla diversificazione del prodotto per cui sulla qualità: infatti chi ha più cose da affittare, noleggiare nei periodi delle ondate, fa gli affari e nel periodo di bassa stagione – abbattendo i prezzi dei propri prodotti – impone al mercato di adeguarsi.
I più importanti operatori economici possono concedersi il lusso di avere una grossa gamma di offerta turistica commerciale soprattutto attrezzata a far fronte alle ondate turistiche.
Questa domanda turistica chiede cose da consumare in poco tempo.
Noto per esempio un incremento di paninoteche e pizzerie che sta a fotografare questa situazione e, attenti… chi gestisce la paninoteca può avere in possesso un albergo o un residence. Questo che vi fa pensare? Che la ricchezza turismo non viene distribuita ma si accumula in poche mani. Le discoteche, altro esempio, si fanno all’interno di alberghi. Guardate chi si inventa le cooperative: sono individui già in possesso di altre attività.
E’ uno sfruttamento di risorse strutturali e ambientali che crea ricchezza per i più attrezzati; i piccoli imprenditori che hanno poche strutture da vendere, da queste ondate non possono beneficiare più di tanto per cui rimangono ad assistere all’arricchimento altrui.
Ma anche questo è nella logica dello sfruttamento intensivo delle ondate turistiche: i meno adeguati, i più deboli soccomberanno.
Si rompe così l’equilibrio economico sociale tra isolani e tra questi e l’ambiente naturale dell’isola.
Possiamo inventarci qualsiasi innovativa ordinanza sul traffico ma quando siamo alle prese con queste ondate turistiche, i problemi di spazi e di mobilità già precari per i residenti diventano insostenibili, per cui l’unica soluzione diventa la repressione: aumento dei vigili, multe, arrabbiature, cattiva immagine, pubblicità negativa.
E’ di questi giorni la mancanza di benzina e di acqua che oltre ai problemi organizzativi denota appunto l’impossibilità di servire queste ondate turistiche.
Anche l’ambiente naturale, a seguito di queste ondate subisce uno stress molto pericoloso.
In metà dell’isola di Ponza non c’è il depuratore funzionante, a Palmarola è inesistente e questa è di per se una cosa grave ma anche se l’avessimo dappertutto e funzionante, il surplus di persone che arriva con queste “ondate” produce una quantità eccedente di liquami impossibile da smaltire, così pure la raccolta dei rifiuti solidi urbani (RSU) subisce impennate difficili da arginare anche ampliando l’organico per la raccolta.
Per non parlare dell’enorme stress che subisce il mare e tutta la flora e la fauna marina sottoposta ad un enorme movimento di navi, natanti e barche da diporto che con le loro eliche, i loro motori, con il loro “sversamento” di gasolio, di liquami e le loro “ancore che zappano i fondali” non possono che sconvolgere l’intero ecosistema marino.
Le isole minori non possono sopportare alla lunga le grandi ondate di turisti, cederanno gli equilibri biologi, ambientali e sociali e i benefici economici di tutto questo sfruttamento intensivo rimarrà nelle tasche solo di pochi imprenditori per cui abbiamo bisogno di programmare flussi turistici a misura di isola.